Come nasce l’idea di una fondazione che aiuti i giovani ad entrare nel mondo del lavoro?
Da una passione educativa, condivisa con alcuni amici, volta ad aiutare i ragazzi tra i 14 e i 18 anni a sentirsi parte della costruzione del futuro, anche se magari hanno degli insuccessi scolastici alle spalle o semplicemente non sentono adeguato quel tipo di percorso. Ragazzi che si sentono stretti nella definizione che si dà di loro (in gergo drop-out), che tende a marginalizzarli e a farli sentire cittadini di serie B. Invece sono persone come tutte le altre, anzi spesso più sensibili, perchè nella loro vita è aperta una ferita, una domanda che nasce dalle tante situazioni, soprattutto familiari, che si trovano a vivere, un peso enorme per un adolescente. La risposta è un luogo fatto per loro, una compagnia umana che vuol loro bene, desiderosa di educarli e di accompagnarli in questi anni.

Quando ha iniziato la sua attività la Piazza dei Mestieri?
Il 20 settembre 2004, in una ex conceria di 7.000 mq ristrutturata, hanno avuto inizio 14 corsi di formazione, annuali, biennali e triennali, per circa 280 ragazzi della durata di 1.200 ore ciascuno afferenti ai diversi mestieri. I ragazzi frequentano la scuola tutti i giorni feriali dalle ore 8.30 alle 16.30, svolgendo attività didattica in aula e attività di pratica in laboratorio. Al termine delle lezioni la Piazza dei Mestieri diventa il luogo in cui passare anche un po’ del proprio tempo libero, partecipando ad attività psicomotorie (dai corsi di danza moderna a quelli di kick boxing) o usufruendo della sala lettura o di altri spazi ricreativi. E’ attivo il circolo ricreativo e ristorativo interno alla struttura che offre i propri servizi ai soci, con una sala ristorante che dispone di circa 100 coperti. Si effettuano corsi di degustazione con il Club di Papillon; si svolgono iniziative musicali come quella organizzata per raccogliere fondi a favore delle popolazioni colpite dallo Tsunami, che ha visto la partecipazione delle principali band cittadine e di oltre 700 persone. Tutte le mattine è aperto il Bar che sforna i prodotti fatti dai nostri ragazzi (venduti anche allo Shop della Piazza), alle 18.30 si comincia con l’happy hour e alle 21.00 apre il Pub.
Il 26 ottobre poi c’è stata l’inaugurazione ufficiale con la presenza di oltre 800 persone (imprenditori, politici, amministratori pubblici, professionisti) a cui sono intervenuti i Ministri Maroni e Moratti, il cardinale Poletto, il presidente della Regione Piemonte Ghigo, il Sindaco della Città Chiamparino, i rappresentanti delle principali Fondazioni Bancarie, il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Vittadini.

Quanti ragazzi si rivolgono a voi ogni anno? E come vengono a conoscenza della possibilità di essere seguiti dalla vostra struttura?
I percorsi formativi di lunga durata (da 1 a 3 anni) coinvolgono circa 300 ragazzi, poi ci sono progetti speciali di accoglienza e di orientamento, percorsi brevi di laboratorio, formazione continua per giovani già occupati, reinserimenti nelle attività produttive della piazza di ragazzi che hanno perso il lavoro. E infine le già citate attività culturali, sportive e ricreative. Le nostre stime sono che almeno 4.000 giovani incontrino questa esperienza nel primo anno pieno di apertura, il 2005.
Le modalità con cui entrano in contatto con la Piazza sono diverse: dal classico passa parola, alla segnalazione da parte dei servizi sociali o delle scuole, agli annunci sui giornali.

In questo numero di Tafter cerchiamo di far luce sulle “nuove professioni”. Quali sono, secondo voi, le opportunità innovative e i campi aperti per i giovani che si affacciano nel mondo del lavoro?
I campi sono molteplici, ma noi abbiamo deciso di puntare con questa iniziativa sui settori tradizionali del territorio (a Torino, gelateria, cioccolateria, ristorazione, grafica e stampa, elettrico, design, produzione della birra). I nostri ragazzi arrivano per oltre il 70% da insuccessi scolastici e abbandoni; dei 300 giovani il 98% finisce il percorso educativo e circa il 90% trova un lavoro. Questi dati dicono che esiste un mercato e una domanda reali in questi campi. Io poi credo che il vero problema non sia l’artificiosa differenziazione tra settori innovativi e settori tradizionali, ma la capacità di gestire in modo innovativo e creativo il lavoro in qualunque settore.

Cosa ne pensate dell’attuale sistema scolastico italiano? I giovani vengono in qualche modo aiutati nell’orientamento professionale oppure no? Collaborate con la scuola pubblica?
L’attuale sistema scolastico presenta punti di grande debolezza; basti pensare che i diplomati in età compresa tra i 25 e i 34 anni sono il 57% della popolazione, contro il 74% della media OCSE, l’88% degli USA e il 94% del Giappone. I tassi di dispersione scolastica sono rilevanti e si stimano al 27% contro una media europea del 19%. La conseguenza più evidente è che la disoccupazione giovanile (15-24 anni) è la più alta in Europa ed è pari al 27,2% per i maschi (media UE 14,95) e del 35,15% per le donne (media UE 17,6%). L’orientamento a scuola si fa, ma sconta il pregiudizio che esistono percorsi di serie A che sono i licei, e tutto il resto sta in serie B; purtroppo questo equivoco è presente in modo rilevante anche nel dibattito sul percorso di riforma in atto. Noi comunque collaboriamo con il sistema scolastico, sia a livello di singole scuole, sia con la direzione regionale del MIUR.

C’è una buona disponibilità da parte delle aziende ad accogliere giovani nella fase di costruzione della propria professionalità?
Per quanto ci riguarda assolutamente sì; sono oltre 400 le imprese che hanno rapporti stabili con noi e
che si prestano volentieri a gestire insieme stage e tirocini; e non solo, tante offrono anche le loro competenze specifiche per arricchire i percorsi professionali e con alcune come L’Oreal c’è un rapporto stretto sino al punto di investire insieme in progetti comuni.

Tafter si occupa in modo particolare delle professioni culturali. Queste ultime attraggono i giovani? Ed esistono concrete possibilità in questo campo?

Sicuramente l’invecchiamento progressivo della popolazione, l’allungarsi della speranza di vita, il desiderio, in ogni età, di avere un tempo per gustare della bellezza, aprono prospettive alla dimensione culturale del lavoro, specialmente nel campo dei servizi alla persona. L’importante è dimensionare bene questo bacino, senza cadere nell’illusione che esso possa sostituire il tessuto industriale del nostro paese. Ovviamente poi occorre distinguere tra città come Roma e Firenze che hanno potenzialità oggettive diverse da Milano o Torino.

Riferimenti:
www.piazzadeimestieri.it