Artisti giocherelloni, bambini artisti per gioco, gioco dell’arte, l’arte del gioco. Chi più ne ha più ne metta. Basta elencare i titoli dei più recenti convegni sul tema per rendersi conto che quello tra arte contemporanea e gioco sembra essere diventato un binomio indissolubile. Eppure questo rappresenta un rischio, oltre che di inflazione linguistica, anche di confusione. Si possono infatti confondere settori, ambiti e specificità .
Non ci sono dubbi che molti artisti abbiano giocato con i linguaggi artistici, con gli accademismi, con i grandi maestri e non ultimo con il pubblico. Il problema è stato quando si è iniziato a porsi la domanda: come far giocare il pubblico con gli artisti?
Ecco allora che spesso si è scelta la strada del coinvolgimento ludico sia per i più piccoli che per gli adulti più reticenti, sorvolando sul contenuto concettuale e artistico dell’opera.
La didattica dell’arte contemporanea (ci riferiamo alle varie metodologie ed esperienze di comunicazione e spinta alla partecipazione del pubblico di mostre e collezioni permanenti di arte degli ultimi due secoli) attinge dal gioco tutto ciò che ha di “pensiero creativo, alternativo alla realtà razionale, ma soprattutto di stupore” per citare Marco Dallari.
A pensarci bene, nell’esperienza della visita al museo, c’è innanzitutto il gioco del luogo misterioso e dell’incanto. Spesso infatti, specie per i bimbi più piccoli, si tratta della prima volta in un luogo che non è casa, scuola, circo o cinema. E poi c’è una ragazza o un ragazzo che ci accoglie, magari ci fa mettere seduti in cerchio e ci racconta una storia. Un pò come le maestre dell’asilo. Non è un attore perché non si sta seduti lontano dal palco, nè una maestra perché non è seduta in cattedra.
E poi c’è il gioco più bello, quello del percorso-viaggio tra le opere d’arte: presenze a volte grandi, enormi, a volte parlanti, o molto colorate; appese al muro o in mezzo ad una stanza. Peccato solo che qui il gioco si fermi a ad osservarle e non si possano toccare! E allora giochiamo ad inventarci una storia su chi le ha ideate, chi la concretizzate, da dove vengono e dove se ne andranno.
Ma in un museo d’arte contemporanea c’è anche un vero e proprio luogo per giocare. Si chiama laboratorio didattico. Ci sono tappeti o cuscini, scatole, fili forbici e colle. Qui finalmente ci si sporca le mani e soprattutto si gioca a mettersi in gioco. Gli spunti, i racconti, le opere degli artisti visti nelle sale possono essere il detonatore della fantasia, arricchire il baule di immagini, sensazioni, creatività .
Ecco che il gioco si può fare anche un po’ più duro, a volte introspettivo a volte puramente tecnico-pratico, ma in ogni caso ci pone come attori in prima persona di un processo. Anzi del processo per eccellenza, quello artistico. Molto meglio di fare gli spettatori in teatro o al cinema. O no?
Insomma il gioco nella didattica dell’arte è uno strumento di analisi e conoscenza della contemporaneità che ci circonda, nella sua natura fatta di travestimenti e mimetizzazioni in altri occhi e altre orecchie. In un lavoro, insomma, che ci rimanga dentro al di là del divertimento passeggero e momentaneo.

Riferimenti:
www.exibart.com/smista.asp/IDCAtegoria/70

www.museoomero.it
www.etra-arte.it