Il medium è il messaggio, diceva Marshall McLuhan. Quando il medium -il mezzo con cui un’informazione viene trasmessa- è sovraffollato, il destinatario non può che ricevere un messaggio confuso, nebuloso, spesso incomprensibile. Scrive Marco Baliani: “Quello che sta accadendo con la nostra televisione è che si sta appiattendo sulla quotidianità  della cronaca, sta trasformando il percorso della finzione formativa in finzione informativa, questa è la catastrofe che sta accadendo oggi nel nostro mondo, una catastrofe percettiva. E’ una condizione di abbrutimento rispetto al mondo. Non immagini più altri mondi possibili, il mondo è solo questo. E’ una forma di sonno percettivo.” [1]
Il mondo in cui viviamo ha sicuramente bisogno di potersi fermare di fronte a qualcuno che -contro tutti- racconta una storia. Ha bisogno di fermarsi davanti a qualcuno che sa farci da guida, perché siamo sommersi da così tante informazioni, immagini, comunicazioni che non ci accorgiamo più dei luoghi dove risiede la vita.
Questa è la potenza del racconto orale: il sapere viene cucito col filo della vita vera, col filo delle storie. Alla grande quantità  di informazioni, esso infatti privilegia una storia tra mille, la fa rivivere e la rende universale.
E’ una bolla spazio-temporale, dove chi ascolta ha la stessa importanza di chi trasmette. E non si tratta di spettacolarizzazione, ma di sospensione, e creazione di ascolto. Quello che si chiede al pubblico è infatti un alto livello di ascolto. Il narratore guarda il suo pubblico negli occhi, altrimenti esso sarà  solo un pubblico omologato.
Raccontare allora vuol dire emozionare, scambiare, imparare a ricordare, con precisione, con un inizio e una fine. Senza fretta, mettendosi comodi, trovando il luogo adatto, e facendone un posto accogliente. Si tratta allora di un reading, di un festival, di una serata intorno a un piccolo palco e un attore. Si tratta, come nell’attività  che HoldenArt svolge da più di due anni, di una visita guidata in un parco, in un museo, in un castello, condotta attraverso il filo della narrazione. HoldenArt propone percorsi narrativi come modi di guardare e scoprire punti di vista nuovi sui luoghi e sulle storie che percorre. Attraverso questa narrazione si amplifica una visuale, si isola un dettaglio, si dà  totalmente spazio all’attenzione e all’ascolto del visitatore. Spesso il racconto si svolge insieme a lui, nasce dalle sue storie e dalle sue esigenze, e grazie a queste arriva alla risoluzione. Il visitatore porta con sé un mondo: un mondo a volte lontano, come nel caso delle visite guidate create insieme a gruppi di migranti che vivono a Torino, in uno scambio paritario che produce conoscenza sia per chi alla fine ascolta la storia, sia per chi la racconta. Ed è su questo scambio che si fonda il successo di un reading, di un festival, di una visita guidata a un museo.

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Lea Iandiorio è nata in Inghilterra ma ha vissuto per 20 anni tra la provincia di Avellino e Londra. Ha frequentato il primo biennio del Master Holden nel 1994. Dopo il Master ha tradotto libri dall’inglese, scritto articoli su riviste e nel 1996 ha fondato una rivista di letteratura, Ex libris che è stata distribuita in tutta Italia fino al 2001. Dal 1998 al 1999 è stata consulente del Comune di Avellino come responsabile di progetti culturali. Dall’estate del 1999 lavora presso la Scuola Holden, di cui è direttore.

[1] Marco Baliani, in Il corpo mutante della narrazione. A cura di Nosari, Panigada. Donizetti, Teatro

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