Un segno dei tempi che cambiano. Recentemente l’Agenzia del Demanio ha dichiarato di volere convertire 172 fari costieri, attualmente in uso alla Marina Militare, in altrettanti alberghi e ristoranti. Nell’immaginario collettivo, i fari marini rappresentano, prima ancora che uno strumento per orientare la navigazione notturna, un luogo magico. Isolato dal resto del mondo, unico baluardo contro la forza del mare. Negli ultimi anni, molti di questi fari costruiti a scopi di difesa, hanno perso la loro funzione militare difensiva e spesso sono stati automatizzati, se non addirittura dismessi. Così si è andata perdendo non solo la figura del guardiano del faro, oggi praticamente inesistente, ma anche la funzione originaria del faro stesso.
Tra i 172 monitorati dall’Agenzia del Demanio, ne sono stati selezionati 88 per i quali è previsto un progetto pilota di valorizzazione e sviluppo, nell’ottica di un “sistema a rete”, nel quale ciascun bene vede moltiplicarsi le sue caratteristiche e potenzialità , proprio in relazione alle connessioni logiche esistenti ed alle sinergie con altri beni. La formula pensata dal Demanio per recuperare queste strutture sarà quella della gestione affidata a privati attraverso bandi di gara; i fari non saranno messi in gara singolarmente ma in lotti, suddivisi in 5 categorie di riqualificazione che vanno dal benessere al gusto, alla ricerca, al mare ed al viaggiare. Questi fari, che hanno una superficie che va dai 150 ai 600mq, non saranno quindi venduti ma dati in concessione per lo sfruttamento economico, e potranno diventare così piccoli alberghi del mare ma anche luoghi di ricerca, di sperimentazione, acquari virtuali e centri espositivi con l’obiettivo di avvicinare le persone alla conoscenza del mare e dei suoi abitanti.
Dal punto di vista della localizzazione geografica, 9 fari si trovano nel nord Italia, 13 nel centro e 66 al Sud, di cui 27 in Sicilia e 13 in Sardegna. Il lavoro di monitoraggio e di selezione ha portato allo studio di valorizzazione del patrimonio nazionale, primo esperimento del genere nel nostro Paese. La fase successiva sarà ora quella di ottenere l’autorizzazione dalla Marina Militare per il rilascio delle strutture, e successivamente siglare gli accordi con i comuni e gli enti locali, nonché con le Soprintendenze ed il Ministero dell’Ambiente nel caso di vincoli, per definire le nuove destinazioni d’uso. Intanto, nel progetto del demanio, i fari interessati sono già stati divisi nelle cinque categorie di riqualificazione. Così per lo sviluppo di aree dedicate al benessere troviamo ad esempio il faro dell’isola di Giannutri in provincia di Grosseto, per le strutture dedicate al gusto il faro di Talamone sempre in Maremma; per quanto riguarda la ricerca e la sensibilizzazione alla conoscenza del mare, il faro di Razzoli sull’isola della Maddalena in Sardegna e quello di Capraia sulle Tremiti; infine per il tema del viaggiare, il faro di Fiumara a Fiumicino, attualmente in stato di completo degrado.
Le tipologie scelte sono tante: accanto a strutture incantevoli, molte sono in condizioni di abbandono. Da questo punto di vista il “progetto porti” dovrebbe consentire di recuperare delle strutture antichissime, parte della nostra storia che altrimenti, una volta cadute in disuso, verrebbero totalmente abbandonate. Da un altro punto di vista però, il rischio è quello di trasformare i fari in “autogrill del mare”, quindi solo in punti ristoro di passaggio, meta di un turismo non proprio sostenibile ma piuttosto “mordi e fuggi”. Un ruolo importante lo giocheranno gli amministratori locali e gli stakeholder i quali rappresentano uno dei fattori critici di successo del progetto, nella misura in cui il loro accordo sarà alla base del buon funzionamento della gestione dei fari. I fari sono monumenti antichi, molti risalgono ad epoche lontane, i più recenti sono stati costruiti nei primi anni del 1900 ed hanno quindi già più di cento anni, ma, sopratutto i fari non verranno più costruiti, non ce ne saranno mai dei nuovi, sono quindi il ricordo di un’epoca passata che non tornerà più. Proprio per questo devono essere tutelati, conservati ma anche valorizzati come parte integrante del nostro patrimonio culturale e della nostra storia.

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