Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Intervista a Emilio Cabasino
Tra tutte le possibili declinazioni del concetto di “senso” abbiamo individuato anche quello di “senso di colpa”. Il nostro Paese, a suo giudizio, dovrebbe sentirsi in colpa per come gestisce il suo patrimonio culturale?
Credo di no, esprimendo in questo modo un’opinione probabilmente un po’ in controtendenza, perché è ormai diventato quasi un luogo comune esprimersi negativamente a tale proposito. Ricordiamoci che il nostro Paase è stato visto per molto tempo come un modello per quanto riguarda la legislazione di tutela, nonché per le tecniche e le scuole di restauro e non dimentichiamoci che nelle nostre università si sono formati e si continuano a formare professionisti altamente specializzati nei differenti settori: arti (archeologia, storia dell’arte, architettura), archivi e biblioteche. Teniamo presente che la quantità , la qualità e la capillare diffusione dei beni su tutto il territorio nazionale pone problemi di conservazione ignoti ad altri paesi e che nel secondo dopoguerra si è passati da una società prevalentemente agricola ad una di carattere industriale e dei servizi, con un benessere diffuso a fasce di popolazione prima escluse e che, quindi, sono stati pagati alti prezzi (in termini di perdita di memoria storica e di beni culturali e ambientali) in nome del “progresso”. Forse quelle dei nostri tempi possono essere individuate come colpevoli negligenze, in quanto oggi più che mai abbiamo mezzi e strumenti per capire quanto e come queste ricchezze possono contribuire al nostro benessere non solo immateriale ed è doveroso comportarsi responsabilmente nei loro confronti.
In quali ambiti si possono individuare le mancanze più gravi (nella tutela, nel restauro, nel marketing)?
La mancanza più grave che individuo attualmente è nell’assenza di attenzione ad una diffusa educazione alla comune responsabilità nei confronti dei nostri beni culturali e ambientali. La storia dell’arte e la storia delle civiltà da cui traiamo origine dovrebbe essere appresa (divertendosi) fin dalla più tenera età : solo in questo modo possiamo, pensare di realizzare azioni di tutela realmente efficaci. Solo se tutti i cittadini che, nella loro attività possono essere amministratori, politici, imprenditori, semplici appassionati si sentiranno proprietari e responsabili della propria memoria storica avremo un “sistema” efficace di conservazione e valorizzazione.
Potrebbe indicarci, invece, quello che secondo lei è un buon esempio di gestione del patrimonio? Un caso felice che potrebbe funzionare da modello per tutti?
Un esempio che conosco da una visita operata qualche anno fa e dalla bibliografia ad esso dedicato è quello dalla Val di Cornia, in Toscana, in cui in un’area “depressa”, ma che presentava un ambiente naturale e antropizzato con frequentazione dalla preistoria ai giorni nostri legata alle risorse minerarie, si è saputo (grazie ad ingenti investimenti di fondi comunitari e ad accordi tra comuni dell’area e tra enti locali ed enti statali) costruire un sistema di offerta al pubblico che riscuote successo e offre opportunità di lavoro e sviluppo prima impensabili. Non sono d’accordo, però, sulla possibilità di individuare un “modello” per tutti nel nostro paese, perché le realtà degli oltre 8.000 comuni, delle oltre 100 province e delle 20 regioni del nostro paese sono talmente varie che, caso per caso, vanno individuate le modalità più efficaci per la costruzione di nuove offerte legate ai beni culturali.
Lei si occupa da anni del mondo del lavoro legato ai beni culturali. Qual’è il panorama attuale delle professioni in questo settore?
Su questo argomento non posso che rimandare al volume che ho appena pubblicato, in quanto si tratta di un tema complesso, articolato e in continua evoluzione. In estrema sintesi si può dire che i mestieri tradizionali si sono certamente arricchiti di nuove prospettive, più legate ad esigenze di mercato prima inespresse o non considerate come rilevanti ed è sempre più necessario un lavoro di gruppo che vede affiancate professionalità differenti, sia di carattere tecnico-scientifico, sia legate alle specializzazioni del marketing, della comunicazione e della progettazione integrata. I nodi cruciali e critici risiedono nella difficoltà di incontro tra domanda e offerta di lavoro, nello scarso riconoscimento delle professioni dei beni culturali sotto il profilo del salario e della continuità degli impieghi. Anche per questo ho lavorato alla proposta di una tassonomia delle professioni di questo settore, strumento propedeutico alla creazione di un’Agenzia per il lavoro nei beni culturali.
Il fattore emozionale e sentimentale, da sempre legato alla fruizione della cultura e dell’arte, può essere potenziato e stimolato per avvicinare la popolazione ai beni culturali e territoriali? In che modo, secondo lei?
E’ questo un tema che ho in parte toccato in una delle risposte precedenti. Innanzitutto preferisco parlare di “cittadini” piuttosto che di “popolazione”. In secondo luogo il fattore emotivo è sì importante, ma accompagnato anche dalla possibilità per ciascun individuo, se lo vuole, di acquisire gli strumenti per superare il momento emotivo e acquisire una coscienza “storica” più forte e meglio documentata. Io introdurrei come condizione, soprattutto, quella del divertimento: credo che sia evidente a tutti che le cose che ci rimangono più e più piacevolmente a mente sono quelle che abbiamo imparato divertendoci.
ECCOM – www.eccom.it
Eccom – Centro Europeo per l’Organizzazione e il Management Culturale è stato costituito nel 1995 da un gruppo di professionisti con l’intento di promuovere un approccio interdisciplinare alla gestione delle imprese e delle organizzazioni che operano nel settore culturale. Costituito da economisti, archeologi, storici dell’arte, esperti in comunicazione e in didattica, Eccom svolge analisi e ricerche per conto di istituzioni pubbliche e private, ed elabora progetti sulla gestione e l’organizzazione delle attività e delle istituzioni culturali. Inoltre, alla luce delle trasformazioni istituzionali che toccano tutti gli aspetti del governo e della gestione delle attività culturali, Eccom affianca le amministrazioni pubbliche nel ridisegno organizzativo delle imprese e delle istituzioni culturali locali.
Emilio Cabasino è professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Tutela e valorizzazione dei beni storico-artistici dell’Università della Tuscia (Viterbo). Dal 1995, è co-fondatore del Centro Europeo per l’Organizzazione ed il Management Culturale (ECCOM), un’organizzazione noprofit che svolge attività di consulenza, ricerca e formazione nel campo del management culturale. La sua ultima pubblicazione è I mestieri del patrimonio. Professioni e mercato del lavoro nei beni culturali in Italia, Edizioni Franco Angeli.