Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Gentili e-lettori, sono stato chiamato a proporre il mio contributo sul tema del numero attuale di Tafter, dedicato ai giovani e agli anziani. Occupandomi di musei, beni culturali e cultura potrò esprimermi proprio per quanto riguarda questi settori.
Intanto consentitemi due premesse. La prima riguarda la mia età , malgrado sia molto vicino ai 38 anni, sia per aspetto fisico che per spirito giovanile (sindrome ”“aggravata”“ di Peter Pan) vengo considerato tra i giovani, e comunque secondo i regolamenti di Confindustria e del suo gruppo giovani, fino a 40 anni tale etichetta mi spetta di diritto.
La seconda premessa è sulla divisione secca tra giovani ed anziani. Dividerei ogni classe in almeno altre due. Dal lato giovani considererei anche i “giovani-adulti” coloro nella fascia 35/45 che, come me, si sentono e/o sono visti come giovani. Anche la classe anziani, da sola, mi sembra troppa riduttiva. Ho genitori, amici e conosco molti professionisti che hanno tra i 65 ed i 75 anni, che hanno più energie e sono più attivi di molti giovani. Qualche anno fa la definizione di anziano sarebbe stata accettabile”¦ora andate ad dire ad uno di loro che è da considerarsi anziano!
Torniamo ai musei, anche qui possiamo distinguerli tra giovani ed anziani riferendosi per anno di fondazione, per tipo di collezione, per modalità di esposizione delle collezioni, per i servizi di assistenza ai visitatori, per le modalità di gestione e di comunicazione. Il problema principale però, in particolar modo in Italia, è proprio l’anzianità del 99% dei musei. A dire il vero più che di anzianità dovremmo parlare di noiosità , del non saper attrarre l’attenzione dei visitatori, di avere un fattore educativo vicino allo zero. E questo è dovuto, come vedremo in seguito, alle persone che gestiscono i musei in Italia che sono anziani -in tutto- anche quando non lo sono dal punto di vista dell’età .
Una volta ho chiesto ad un guru americano del marketing dei musei la differenza tra i musei americani e i musei europei ed in particolare quelli italiani. Mi ha risposto che nei musei degli Stati Uniti se espongono un vaso, ti spiegano esattamente a cosa serviva quel vaso, da chi era stato presumibilmente usato, come lo avevano costruito. Per lo stesso vaso, in un museo italiano, è prevista (quando c’è) solo una misera targhetta (solo in italiano) con il presunto anno di costruzione. L’esempio è proprio lampante, va molto oltre il concetto di “esperienza” del quale si parla a proposito dei musei americani.
Il problema, per ricollegarmi al tema di questo mese, è che nei musei italiani ci sono troppe (brave) persone che ormai hanno la loro età o che hanno una formazione (normalmente di carattere umanistico) troppo antiquata, inoltre hanno poca confidenza sia con le nuove tecnologie che con le moderne metodologie di comunicazione.
C’è quindi bisogno di un cambio generazionale nei musei, e purtroppo ciò sarà difficile da ottenere in tempi brevi. E allora? Che si fa? Semplice, si fa la “rivoluzione”, dall’esterno. Si cerca di far capire a tale figure monumentali (non nel senso di grandezza ma di immobilismo) che devono svegliarsi, ringiovanirsi, affacciarsi alla finestra e capire dove va il mondo ma, soprattutto, devono dar spazio ed ascolto ai giovani. Questi signori devono finirla di pensare ai musei, ai monumenti, ai beni culturali, come loro proprietà, sulle quali possono decidere il bello ed il cattivo tempo, porre veti e vincoli. Persone vecchie, altro che anziane, che non riescono a trovare stimoli (tanto loro hanno già il bel posto fisso e sanno che nessuno li butterà fuori) e, peggio, a non motivare i loro “sottomessi” cioè i custodi, i curatori e altri dipendenti. Vecchi impegnati magari più ad essere accondiscendenti con gli assessori o i dirigenti di turno che a riscontrare le reali esigenze del pubblico e dei turisti. Sia ben chiaro, ci sono le ovvie eccezioni, ma vi assicuro, sono molto poche.
A questo punto penserete che ci sia un esercito di giovani, in gamba, pronti a togliere le ragnatele dalle persone e dai musei. E in teoria questi giovani ci sono. Credo che ognuno di voi conosca un giovane iscritto o neolaureato a qualche corso di conservazione sui Beni Culturali, economia dei BB.CC., marketing, comunicazione, gestione, multimedia per i Beni Culturali. Insomma sembra che ormai tutti si vogliano occupare di beni culturali, di musei e di turismo. E’ partita la nuova caccia all’oro. Però? C’è un però…i professori di questi corsi, universitari e non, certamente stentano nello stare al passo col mondo moderno, ed insegnano, quasi sempre, vecchiume.
In uscita da questi corsi troviamo quindi una serie di giovani spesso ben motivati, assolutamente consci dell’inadeguatezza dei lori studi e dell’assoluta mancanza di esperienza. Una buona parte capisce che è l’ora di mettersi in discussione, magari ripartendo da zero partecipando a stage vari. E sono quelli che avranno, alla fine, più successo, che realmente sapranno interpretare il mondo del lavoro. Altri invece fanno tutti i timidi chiedendo aiuto a destra e sinistra per arrivare alle loro agognate tesi (spesso sconclusionate) e poi, col il sigillo della laurea, si sentono già arrivati, già esperti, già consulenti. Molti di questi ovviamente aspettano il famigerato posto fisso al comune, al museo, alla regione. E questi, purtroppo saranno i giovani-vecchi che potremmo ritrovarci.
Certo il posto fisso piace a tutti, dà tranquillità anche ai più “rivoluzionari” ma bisogna stare attenti ad aspettarlo ad oltranza o a porselo come obiettivo primario ed unico. Anche nel privato, forse di più, i giovani, se in gamba, possono costruirsi un futuro certo. Specializzandosi magari in una nicchia settoriale, cercandone di essere i più bravi, partecipando a congressi (all’estero di giovani italiani se ne vedono pochissimi, quando si vedono) e concorsi di idee.
Il vedere tanti giovani (e giovani-adulti) in gamba, non considerati dall’establishment (i vecchi insomma!) dei musei e dei Beni Culturali mi indispettisce parecchio. Siccome sono uno che agisce anziché lamentarsi, oltre ad aiutare tutti quelli che posso con le loro tesi, sto cercando anche di creare occasioni di autoimprenditorialità attraverso la creazione di una rete in franchising di servizi museali. E chi non fosse interessato a scommettere così tanto su se stesso da fare l’imprenditore, potrà trovare, come mi auguro, lavoro presso i colleghi che invece hanno voglia e capacità di fare gli imprenditori.
Ma non è tutto, ricordate che poco più sopra ho parlato di “rivoluzione”? Bene, per farla (e la intendo ovviamente come azioni di lobby, conferenze, borse di studio) bisogna fare gruppo. E come disse Steve Jobs (cofondatore di Apple Computer) “il miglior modo di predire il futuro è inventarlo!”. Se il gruppo non c’è lo si crea, a livello internazionale. Detto, fatto! In meno di un mese ho lanciato la proposta di creare il gruppo internazionale dei giovani professionisti dei musei. Il gruppo comunque non sarà limitato da specifiche di età, anzi confidiamo molto nell’aiuto che i senior (quelli svegli però) potranno dare ai membri. Il gruppo, così formato, cercherà di operare in diretta sinergia con le più grandi associazioni dei musei, a livello continentale e/o nazionale. Quali l’ICOM (Il consiglio internazionale dei musei, l’organo che riunisce i professionisti dei musei ed i musei stessi), l’Associazione Americana dei musei così come quella australiana, canadese etc.
Per collaborare alla stesura di un documento che descriva gli obiettivi e definisca le linee strategiche del Gruppo, si è formato, spontaneamente, una compagine di lavoro ormai composta dal oltre 30 giovani colleghi provenienti da tutti i continenti.
L’aspetto più importante è stato rilevare come la proposta per la formazione del gruppo giovani sembra esser stata fatta al momento giusto, centinaia sono state infatti le email di adesione all’iniziativa, e le stesse associazioni internazionali si sono accorte che al loro intermo si stava a fare la muffa e che quindi c’era e c’è bisogno di una ventata di ottimismo e di una spinta di energia.
ICOM
L’ICOM (International Council of Museums) è l’organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti museali impegnata a preservare, ad assicurare la continuità e a comunicare il valore del patrimonio culturale e naturale mondiale, attuale e futuro, materiale e immateriale. Riunendo più di 19.000 aderenti presenti nei 5 continenti, l’ICOM costituisce una rete internazionale di comunicazione e di confronto per i professionisti museali di tutte le discipline e tutte le specialità. Essi partecipano alle attività dell’Associazione, che si svolgono a livello locale e internazionale, attraverso convegni, pubblicazioni, momenti di formazione, gemellaggi e la promozione dei musei.
Approfondimenti:
http://icom.museum
www.icom-italia.org
www.museumland.com
www.culturmed.info
www.abis.it
www.musei-it.net
Mario Bucolo corre verso i 38 anni, definire cosa fa diventa difficile dopo 24 anni di lavoro. Forse imprenditore, forse experience designer, forse editore, comunque fondatore di ABIS MultiCom e di Museumland il Portale mondiale sui musei e sui beni culturali. Ora è anche promotore del gruppo internazionale giovani professionisti dei musei. La sua home page è www.mariobucolo.it