Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Una recente ricerca della Fondazione IBM mette in dito nella piaga riguardo l’arretratezza della proposta nostrana e confronta cinque dei principali musei italiani (la Galleria Borghese di Roma, la Galleria degli Uffizi di Firenze, il Museo Archeologico di Napoli, il Museo Egizio di Torino e la Pinacoteca di Brera di Milano) con altrettante “istituzioni” straniere (il British Museum di Londra, il Metropolitan di New York, il Louvre di Parigi, il Prado di Madrid e il Museum of Cycladic Art di Atene).
Va per la maggiore ”“ e gli esperimenti in Italia sono ancora nulli ”“ l’esperienza hand-on: toccare con le mani. Si pensi solo al Museo Peer 12 vicino al Porto di Halifax nel Canada del Nord che aiuta i visitatori a capire cosa provavano gli emigranti. Visitarlo è un’esperienza nel vero senso della parola: ci si siede nella vecchia sala d’aspetto e si percepiscono le loro voci, sussurrate dagli altoparlanti. Si possono esplorare virtualmente le navi. I bambini ricevono anche un passaporto che viene timbrato durante la visita. L’esperienza è ancor più suggestiva se si pensa che l’esposizione è allestita sul Molo 12 che tempo fa accoglieva gli emigranti.
Ancora più strabiliante comunque, appare il diffondersi dei videogiochi quali strumenti di esplorazione. Ne avevamo già parlato per la storia dell’Antica Roma e avevamo anche accennato al progetto del gameboy che ricostruisce i ruderi di Villa Adriana. Già le ultime ricerche nel settore del turismo e dei beni culturali infatti, avevano dimostrato quanto le guide in formato audiovisuale siano di gran lunga preferite al vecchio cartaceo. Ora Eduweb s’interroga sulle possibilità “educative” dei learning game.
E quasi fosse una moda, dopo l’antica Roma, ora anche la Mesopotamia non ha più segreti”¦ virtualmente parlando. Parliamo del progetto Discover Babylon© a cura della Federation of American Scientists Learning Technologies Project, dell’UCLA’s Cuneiform Digital Library Initiative, dell’Escape Hatch Entertainment, e del Walters Art Museum. Usando dei sofisticati videogiochi di strategia è possibile muoversi in ambienti dell’epoca ricostruiti virtualmente e scoprire i cambiamenti e i misteri che hanno accompagnato lo sviluppo della società mesopotamica a livello economico, sociale e commerciale. Il videogame infatti è diviso in tre fasi: il Periodo di Uruk (3300-3000 a.C.), il periodo di Ur III (2100-2000 a.C.) e il periodo dei Neo-Assiri. On line se ne può gustare un trailer, in cui è evidente che il game incorpora anche artefatti trovati nella Walters Art Gallery a Baltimore e vecchi testi a caratteri cuneiformi. I giocatori ovviamente hanno degli obiettivi da raggiungere commisurati allo “stadio evolutivo” della popolazione. Oggi dunque, è sulla possibilità di impare giocando che si decide l’attrattività di una collezione o di un bene culturale.
Approfondimenti:
www.discoverbabylon.org