Sempre più spesso si parla di turismo sostenibile. Un turismo che va contro le masse, il consumismo portato all’eccesso e la distruzione dell’identità  stessa di un luogo o di un territorio.
Questo tema è ancora più importante se si parla non dei grandi attrattori culturali, delle città  d’arte, dei paesaggi che da sempre rappresentano l’Italia all’estero, ma piuttosto di tutti gli altri luoghi, poco conosciuto o dimenticati: piccoli borghi di pregio, zone isolate e poco sviluppate, dove le comunità  sempre più vanno a sparire.
Da questi territori è partita l’idea di un turismo di comunità , leggero, che non riguardi solo il turista, consapevole e attento, ma anche la popolazione che lo abita. Il concetto è quello dell’albergo diffuso, e riguarda tutte quelle aree lasciate ai margini della crescita economica. L’idea è quella di sviluppare un turismo responsabile, attento ai principi di giustizia sociale ed economica, al rispetto dell’ambiente e della cultura.
La Sardegna è stata la prima regione a darne una definizione precisa nella legge regionale riguardante il turismo; si parla di una “struttura ricettiva ubicata nei centri storici dei Comuni, caratterizzata da unicità  del servizio di ricevimento e di servizi comuni, per unità  abitative in locali separati distanti non oltre 200 metri dall’edificio centrale”. In pratica, non tutti i luoghi hanno i requisiti per essere definiti alberghi diffusi; molti sono i requisiti che vengono richiesti, come ad esempio la presenza di un contesto culturale di pregio, di edifici e strutture di rilevanza storica e artistica; la disponibilità  di alcuni edifici non abitati all’interno del paese, adatti ad una ristrutturazione a fini turistici tale da prevedere camere, servizi comuni, un eventuale ristorante, uffici, magazzini, cucine. Ma soprattutto, per non rimanere dei semplici bed and breakfast, gli alberghi diffusi devono trasmettere un concetto di rapporto stretto che il visitatore deve creare con la comunità  locale per riscoprirne l’identità .
In Italia, sul modello delle pousadas portoghesi e dei paradores spagnoli, vi sono oggi numerose realtà  che si avvicinano al concetto dell’albergo diffuso, soprattutto in Sardegna e nel centro Sud, anche se allo stato attuale solo 35 realtà  si possono definire secondo questi requisiti, in quanto rappresentano un progetto di sviluppo che riguarda tutto il territorio, perché inserisce le strutture ricettive all’interno di un centro abitato promuovendolo. Non è la stesso concetto del paese albergo dove invece si tratta di un borgo disabitato che viene recuperato senza prendere in considerazione lo sviluppo del territorio e la partecipazione attiva della popolazione.
Gli esempi più riusciti sono proprio quelli in cui l’investimento iniziale è partito dagli abitanti; come ad Iglesias, dove a causa della chiusura delle miniere del Sulcis, le mogli dei minatori si sono reinventate un lavoro per contrastare l’emigrazione e la disoccupazione, a suon di agricoltura biologica, ospitalità  e artigianato. E l’idea comincia a piacere anche ai grandi investitori stranieri; è il caso della catena alberghiera Four Season, che in collaborazione con gli investitori locali sta puntando su un borgo dell’Umbria. Insomma: non servirà più andare in Africa per essere un viaggiatore responsabile, basterà riscoprire la nostra storia e le nostre tradizioni.

www.albergodiffuso.com