L’aspetto più tecnico si può riassumere così: queste tecnologie permettono ai dati di diventare indipendenti dal sito in cui sono stati creati, facilitandone la diffusione e il riuso. Il web 2.0 è la naturale evoluzione del web 1.0, anche se molti osservatori amano identificare differenze nette. Credo invece che l’innovazione sia un continuum.
Effettivamente, le applicazioni riconducibili al web 2.0 aprono spazi nuovi per l’uso dei dati permettendo, innovative modalità  di valorizzazione del Patrimonio Culturale. Un esempio significativo è rappresentato dal progetto “Virtual Rome” che il CNR e Seat Pagine Gialle stanno portando avanti, con la finalità  di inserire una sezione dedicata alla realtà  virtuale e all’archeologia all’interno dello spazio web di PagineGialle.it Visual (www.visual.paginegialle.it).
Ciò che si sta sviluppando è un sistema di fruizione web-based open source per contenuti tridimensionali interattivi dedicati alla rappresentazione del paesaggio archeologico del centro di Roma antica. Si inizierà  integrando all’interno di tale sistema la ricostruzione del paesaggio archeologico dell’Appia e della Flaminia.
Sarà  quindi possibile, letteralmente, “passeggiare” nella Roma antica visitandone i monumenti più famosi, attraverso filmati, panorami virtuali tridimensionali e metadati.
Esiste un secondo concetto di web 2.0, per il quale i contenuti sono inseriti direttamente dagli utenti. Pensiamo a Map my London ”“ Londoner’s memories (www.mapmylondon.com/memories). Gli utenti di questo sito possono inserire i loro pensieri e le loro emozioni su una mappa georeferenziata della città  di Londra. Il servizio dimostra che il modo in cui la storia di una città  è raccontata può essere rivoluzionato dall’intervento degli utenti e che il loro contributo è fondamentale per la valorizzazione del territorio. Esiste un ampio spazio per la produzione di contenuti nuovi, permettendo l’accesso a contenuti di archivio. Gli archivi della Piaggio, Olivetti, Ansaldo, ad esempio, hanno al loro interno enormi quantità  di materiale iconografico di qualità  la cui rivalorizzazione rappresenta una grande opportunità  sia perché offre spunti su nuovi prodotti, sia perché implicitamente incrementa la fedeltà  alla marca. “Desacralizzare” gli archivi – utilizzare elementi dell’archivio fuori dal contesto in cui erano stati pensati – rappresenta un passo fondamentale per riuscire a creare un nuovo modo di raccontare. Non è la semplice digitalizzazione degli archivi che li salverà  dall’oblio. La narrazione (in contrasto con l’approccio alla storia che richiede di conservare tutto, oggi, realisticamente, non più applicabile) seleziona i fatti che sopravviveranno davvero. Come ha infatti osservato Gaston Bachelard, «si conserva solo ciò che é stato drammatizzato dal linguaggio».
Un esempio di montaggio con frammenti di archivio pensati originariamente per altri scopi è Neft (Oil) di Murad Ibragimbekov, vincitore a Venezia nel 2003 del Leone d’argento per il miglior cortometraggio. Racconta la storia del petrolio in Azerbaijan ed è interamente costruito con spezzoni di cinegiornali dell’epoca. Ma forse il simbolo di questo processo è Blob, assemblaggio giornaliero di spezzoni di programmi del giorno precedente. Questo processo incomincia ad avere seguito presso i giovani. Su siti come YouTube, molti dei filmati che sono pubblicati sono montati con spezzoni e abbelliti da una colonna sonora che ne dà  il ritmo, anche visivo. Sarà  sempre più importante la (ri)composizione dei frammenti digitali ”“ soprattutto quelli che provengono dagli archivi (storici, politici, culturali, televisivi…) in unità  di senso narrabili e comprensibili alle future generazioni. Il cinema ha dimostrato una capacità  strutturale – che Aldo Di Russo chiama illusione diegetica – di dare senso/continuità (grazie al montaggio) ai frammenti/fotogrammi. Il digitale aumenta questa sfida in quanto il processo stesso di digitalizzazione genera frammenti isolati (le singole, foto, le singole pagine di un documento).
Il web 2.0 stimola meccanismi partecipativi (come “Second life“) che potrebbero essere utilizzati per la personalizzazione dei luoghi.
Utilizzando una visualizzazione della struttura di gioco simile a quella di SimCity si potrebbero creare applicazioni che permettano la ricostruzione della dimensione archeologica romana. Gli utenti, rivestendo il ruolo di “sindaco” di una città, potrebbero personalizzare il colore dei palazzi, capire come depurare l’acqua, come portarla ai piani alti, come far pagare le tasse. Un tale strumento permetterebbe, obbligando i giocatori ad acquisire una determinata mentalità, la comprensione di alcuni aspetti della storia della civiltà romana.