Negli ultimi anni, le istituzioni culturali hanno tentato sempre più spesso di managerializzarsi utilizzando strumenti di gestione sempre meno culturali e sempre più legati al mondo classico del business profit. Questo fenomeno si è innescato a causa di una carenza di fondi pubblici e alla conseguente necessità di ottimizzare le risorse a disposizione e recuperare nuovi finanziamenti dal settore privato.
Tra le pratiche manageriali, il masterplan rappresenta lo strumento più frequentemente utilizzato in una gestione in campo culturale. Masterplan è un termine anglosassone che significa, letteralmente, “piano generale”. Usato inizialmente per progetti urbanistici e architettonici, il termine si è successivamente esteso al campo del management. Proprio per la sua connotazione generale, è difficile definire esattamente cos’è un masterplan. A livello teorico, si tratta di un documento che esplicita una linea strategica secondo la quale verranno effettuate azioni programmatiche per l’ottenimento di un particolare risultato. Si può fare un masterplan per chiarire meglio una politica di marketing, oppure per fare il punto su una struttura intera. Non esiste un’unica forma per creare un masterplan: la sua caratteristica principale è la possibilità di adattarsi a diverse esigenze di management. Lo scopo a cui deve giungere un masterplan è una definizione di linee guida strategiche, ma il metodo con cui si possono trovare queste linee guida è vario e dipende, in grossa misura, dall’oggetto e dallo scopo dell’analisi.
Più banalmente, il masterplan non è altro che un “punto della situazione”. Si analizza il contesto in cui si opera, la struttura in cui si lavora e le cose che si fanno all’interno della struttura, per capire quali possono essere gli obiettivi e quali sono i metodi e i mezzi per raggiungerli.
L’applicazione più comune nel comparto culturale è legata alla creazione di spazi ex novo o alla loro riqualificazione. In questo contesto, Lucio Argano, esperto nel campo della consulenza alla cultura, ha individuato una sorta di struttura-tipo, applicabile in modo differente a seconda dei casi. Innanzitutto, si parte da un’analisi puntuale dello stato di fatto e dei fattori critici della situazione attuale (ambiente, concorrenza, domanda, offerta, barriere normative, opportunità e vincoli, desiderata degli stakeholders). Questa prima analisi viene completata con lo studio degli asset fisici e della rete infrastrutturale della struttura oggetto dello studio. Successivamente, si definiscono missione, identità e linee artistiche per poter giungere alla delineazione di un sistema d’offerta complessivo, arricchito da obiettivi primari, strategie, politiche, azioni e strumenti per una struttura.
Lo schema non è fisso, ma cambia in relazione allo scopo preciso per cui si sta creando il masterplan. Inoltre bisogna precisare che, come tutti i documenti manageriali, il loro senso e scopo si basa sull’individuazione di problemi/minacce e sulla ricerca di soluzioni/opportunità . Se non riescono a fare né l’una né l’altra cosa, il prodotto sarà un mero esercizio di stile.

Riferimenti:

Intervista a Lucio Argano di Alessandro Bollo