Battezzato “i-muse – Interactive Museum“, la videoguida è giunta ora alla fase di test di usabilità presso il Museo didattico della Seta di Como. L’obiettivo del gruppo è stato quello di realizzare la migliore combinazione possibile di hardware e software finalizzata alla creazione di un prodotto-servizio che superi i tradizionali sistemi di audioguida in quanto a fruibilità dei contenuti ed ergonomia di utilizzo.
Il sistema è composto da dispositivi palmari con schermo ad alta risoluzione, cuffie stereo senza fili e piccole antenne con tecnologia Rfid installate sui palmari. La tecnologia Rfid è stata scelta per la selezione automatica dei contenuti legati agli oggetti esposti nelle sale del museo. Una piccola etichetta Rfid di tipo passivo è stata inserita su ciascun porta-didascalie accanto agli oggetti e il visitatore è libero di accedere al contenuto legato all’oggetto che gli interessa, semplicemente avvicinando il palmare all’icona visibile sul porta-didascalie. La tecnologia Rfid viene utilizzata anche per la localizzazione indiretta del visitatore all’interno dello spazio espositivo tramite un efficace sistema di mappe.
Grande attenzione è stata dedicata allo sviluppo del software che governa il sistema: la scelta di un approccio ludico e facilmente fruibile della videoguida abbatte in pochi minuti la barriera iniziale di diffidenza nei confronti dell’alto livello della tecnologia utilizzata, che viene “nascosta” dall’interfaccia simile a quella di un videogioco.
Infine, il team comasco ha prodotto dei contenuti multimediali ad alto impatto sensoriale adattati all’impostazione didattica del percorso all’interno del museo, che illustra tutte le fasi della lavorazione della seta attraverso macchine e strumenti utilizzati dalle ditte tessili comasche fino al secolo scorso.
I test di usabilità in corso presso il museo si svolgono con una metodologia ben precisa. La persona invitata viene accolta all’interno del museo e presso la biglietteria le viene consegnata la videoguida i-muse, proprio come avviene quando la si noleggia normalmente. Non vengono fornite ulteriori informazioni sulla guida, in quanto queste sono contenute nel tutorial introduttivo che spiega direttamente al visitatore le funzioni dell’interfaccia. Si cerca, quando necessario, di mettere a proprio agio la persona che non ha dimestichezza con la tecnologia rassicurandola sulla sua facilità di utilizzo.
Si osservano poi, senza influenzare in alcun modo la persona, le reazioni alle istruzioni del tutorial, gli spostamenti all’interno del percorso espositivo, l’interazione con l’interfaccia utente e il cosiddetto rapporto “occhi su/occhi giù” che determina la combinazione tra la fruizione dei contenuti multimediali della guida e l’osservazione degli oggetti reali ad essi correlati. Si osservano con attenzione i punti critici del percorso, quali la selezione del primo contenuto tramite l’avvicinamento del palmare all’etichetta Rfid posta sul primo porta-didascalie e il passaggio da una sala all’altra.
Alla fine della visita, la persona viene lasciata parlare liberamente di come si è trovata con la guida, dopodiché le vengono fatte delle domande specifiche alle quali non avesse già risposto autonomamente. Dopo il colloquio, la persona viene invitata a compilare un questionario di 22 domande sui diversi aspetti della guida e della visita al museo, per poter descrivere la persona secondo alcune ulteriori variabili. I riscontri positivi ottenuti finora hanno messo in evidenza che, quando alla fine del test la persona commenta esclusivamente i contenuti, l’obiettivo di realizzare un software e una interfaccia utente “trasparenti” è stato raggiunto.
L’attenzione rivolta al visitatore si rispecchia anche nella modalità scelta per comunicare lo svolgimento dei test: una galleria online di foto scattate durante i test e aggiornata quasi quotidianamente.
L’attenzione rivolta al sistema i-muse ha avuto ripercussioni positive sulla visibilità del Museo didattico della Seta, elemento che contribuisce ulteriormente alla valorizzazione di una collezione di macchine che rappresentano la storia di una città come Como, da sempre legata alla lavorazione della seta.