Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Ultimamente celo a stento certe insofferenze; forse sono troppo critica e dovrei cercare di evitare tanta risolutezza, ma davvero non posso trattenermi dal dare corpo a certi pensieri. Con «GNUN DEM», il video documentario di IMPOSSIBLE SITES, sto girando musei, festival e simposi da artista. Talvolta finisco, insieme ai miei compagni di cammino, in situazioni che sento poco adatte al nostro progetto o, forse, all’Arte Pubblica in generale; questa sensazione la avverto più forte negli incontri con certi intellettuali che gravitano intorno a questo specifico ambito, che creano piattaforme artistiche più o meno volanti.
Vedo generalmente apprezzato il nostro lavoro, ma raramente lo sento compreso, forzatamente accostato ad interventi che poco hanno a che fare con l’impegno che noi dedichiamo alla risoluzione di alcune problematiche. La volontà di creare relazioni sembra venire sprecata nel tentativo di costruire rapporti interpersonali, professionali, tra artisti, piuttosto che dedicati alla collettività , al territorio o agli abitanti (a dispetto di quanto sta alla base di Public, Community e Plural Art). Giorno dopo giorno mi accorgo di quanto sembri anacronistico introdurre un progetto, semplice e criticabile ma seriamente impegnato in ambito sociale, in un mondo in cui pare che le signore davvero apprezzino le mozzarelle dalle fette perfette e gli intellettuali possano semplicemente pronunciare la parola ”˜intercultura’ per sentirsi a posto con la coscienza. Io, e non sono sola, proseguo nella ricerca di metodi comunicativi che mettano in connessione me con i diretti interessati, l’artista con coloro che le realtà dure le vivono davvero e che difficilmente possano permettersi di pensare alla propria insalata e scorgervi dentro porzioni di formaggio non esattamente circolari; attualmente sto tentando di comprendere quale sia la effettiva condizione di alcune minoranze, nel nostro paese, e come i cittadini italiani ne vivano le presenza.
Mi occupo degli interstizi, di quelle realtà che raramente vengono sondate; mi trovo ad attraversare Luoghi Impossibili, ad incontrare coloro che li abitano o che li portano con sè.
Sempre più fortemente mi convinco che il primo passo per vincere determinate difficoltà consista nel condividerle, nel renderle accessibili a molti, a chi voglia occuparsene o preoccuparsene, descrivendole con quella oggettività che molta stampa locale disdegna. Mentre il lavoro pensato per il Senegal va avanti, qui ora, con un progetto nato per Pisa, costruisco un’altra rete di relazioni, questa volta inizialmente virtuale, una nuova ragnatela di collaborazioni. Mi avvicino nuovamente alla diversità , questa volta legata al colore della pelle, alle origini; anche questa volta cerco di mostrarne le potenzialità , per giungere ad un’altra azione artistica collettiva e responsabile. A presto?