Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Nei paesi sviluppati l’accesso ai media è considerato un segno e un simbolo di libertà e democrazia. La libera produzione ed il libero accesso all’informazione vengono sanciti nelle costituzioni, e il mantenere i media indipendenti ed il più possibile pluralistici dovrebbe costituire una priorità per i governi. Nel sistema italiano, particolarmente rigido data la storica difficoltà di sviluppo di operatori alternativi al duopolio RAI-Mediaset, negli ultimi anni è emersa una televisione radicalmente nuova: la televisione di strada, che si pone come modello aperto, libero, che rompe gli schemi di separazione rigida tra produzione e consumo che caratterizzano l’industria televisiva tradizionale.
Le “televisioni di strada” o “televisioni di quartiere” sono tali per la loro portata molto ridotta, appunto una strada o alcune strade di un quartiere. Dal punto di vista tecnico le televisioni di strada sfruttano i cavi ottici e utilizzano i cosiddetti “coni d’ombra”, che sono macchie nere presenti nei canali (o frequenze) televisivi, provocate dalla ridotta portata ottica del segnale. Questi coni d’ombra possono essere utilizzati per trasmettere, senza per questo sovrapporsi al segnale delle emittenti assegnatarie delle frequenze stesse. La scelta di sfruttare i buchi neri delle frequenze determina il ricorso ad attrezzature di trasmissione poco potenti e poco costose, oltre che facilmente reperibili, determinando un abbattimento delle barriere economiche e tecniche normalmente associate alla trasmissione televisiva.
Una tappa importante nel panorama della comunicazione televisiva italiana è rappresentato da Orfeo Tv, che nasce nel 2002 a Bologna. Fin dalle origini, i fondatori, volti conosciuti nel panorama culturale bolognese e nazionale per il contributo dato alla diffusione delle radio libere, con la creazione a metà degli anni ’70 di Radio Alice, hanno posto le basi per realizzare un progetto molto ambizioso. L’intenzione esplicita dei promotori è stata quella di creare una
rete di televisioni di strada, di quartiere, di paese, di fabbrica (Reboli, 2003). É stato così creato il consorzio Telestreet affinché diventasse un punto di riferimento per condividere con altri le conoscenze acquisite e le soluzioni escogitate per risolvere i vari problemi: offrire un supporto tecnico e legale per aprire una
televisione di strada, scambiare materiale video, discutere con altri le idee e le motivazioni delle televisioni di strada, o, più semplicemente, pubblicizzare la propria piccola emittente.
Secondo uno degli ideatori di Orfeo Tv, Stefano Bonaga, le tv di strada “sono illegali ma costituzionali”. In effetti, nel nostro Paese la legge Mammì non consente di realizzare attività televisive a chi è privo di una concessione governativa e punisce anche il semplice possesso di attrezzatura per la trasmissione, con la detenzione da sei mesi a un anno; il rilascio delle autorizzazioni è complicato però dalla mancata attuazione del Piano Nazionale di assegnazione delle frequenze analogiche (1998) e da quello di assegnazione delle frequenze digitali (2003), che non hanno trovato fino ad oggi attuazione.
Le tv di strada, quindi, continuano ad essere illegali, nonostante quanto sancito da una sentenza del 10 luglio 1974 della Corte Costituzionale, che ha ribadito l’incostituzionalità del monopolio dell’etere, e da una delibera del Parlamento Europeo del 1995, che invita gli stati membri ad adottare misure per supportare gli “Open Channel” ed i cittadini che intendano effettuare trasmissioni, al fine di agevolare l’accesso diretto e la partecipazione di questi ultimi ai media audiovisivi. In alcuni paesi, gli open channel o community television sono realtà diffuse, tv che gli enti locali (come ad esempio i Länder in Germania con gli öffene Kanale; Mühlenfeld 2002) organizzano a partire dalla società civile e dalle realtà sociali del territorio (volontariato, associazioni, studenti) e che nascono dalla consapevolezza che il bisogno di comunicare è necessario per i cittadini, quanto lo sono quelli dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione (AA.VV., 2004).
Altro caso interessante è stato quello di Peccioli Tv. Per la prima volta in Italia un’Amministrazione Comunale aveva dato avvio alla sperimentazione di una televisione comunitaria ad accesso pubblico in grado di promuovere la partecipazione sociale e civica, integrando sistemi di trasmissione via etere e via internet. Il progetto voleva coinvolgere la popolazione anziana ed il volontariato giovanile.
Un altro aspetto interessante delle tv di strada è il cambiamento che propone rispetto all’interfaccia produttore/consumatore tradizionale. Con la nascita dell’Auditel (1984) le rilevazioni degli ascolti sono diventate l’indicatore principale sia per le emittenti televisive, che in base ad esso scelgono le strategie legate alle programmazioni, sia per le concessionarie pubblicitarie, che attraverso questo indicatore scelgono i programmi che meglio consentono di vendere i loro prodotti. L’avvento della televisione commerciale ha apportato alcuni cambiamenti sostanziali nelle logiche di gestione e di organizzazione delle emittenti televisive.
La televisione commerciale e la pay-tv tenta di adattare l’offerta alle esigenze espresse dai consumatori nei diversi segmenti e momenti della giornata senza tuttavia modificare la configurazione dell’interfaccia tra produttori e consumatori.
Il digitale terrestre sembra promuovere la sperimentazione di nuovi generi e nuovi format televisivi che implicano un’interazione crescente dello spettatore (Jensen, 2005). Tuttavia tutti questi modelli condividono una caratteristica: l’interazione dello spettatore avviene all’interno di spazi delimitati a priori dal broadcaster nell’ambito della distribuzione e dell’accesso ai contenuti video. In nessun caso è consentito allo spettatore di trasformarsi in un produttore di contenuti video.
Che cosa si può imparare dunque dall’esperienza di Orfeo TV e Telestreet?
Una prima considerazione riguarda il significato delle innovazioni tecnologiche introdotte dalle imprese (Ingram e Silverman 2002), che in casi come questi può segnalare una necessità di cambiamento istituzionale del sistema o del settore. Orfeo TV e Telestreet sottolineano la necessità di trovare “spazi” per la trasmissione di contenuti, che nei media tradizionali sono contenuti a causa della scarsità delle frequenze e degli elevati costi di tecnologia, che – per una trasmissione di tipo broadcasting tradizionale – rappresentano forti barriere all’entrata. Gli attori “marginali” come Orfeo e Telestreet si configurano dunque come importanti agenti di innovazione, soprattutto di tipo downgrading (cambiamenti tecnologici che aumentano il grado di accessibilità alla tecnologia e contribuiscono a creare degli interstizi dove operare), mentre gli attori consolidati sono più interessati alle innovazioni upgrading, che consentono di espandere la propria attività mantenendo inalterata la propria forza anche nel nuovo quadro tecnologico. Gli attori marginali possono fare questo anche perché possono sperimentare a costi più bassi rispetto agli attori più potenti: pur avendo meno possibilità di influenzare gli attori istituzionali e quindi di legittimare un’innovazione, hanno meno probabilità di essere sanzionati dal sistema consolidato (Leblebici et al., 1991).
Inoltre, nel caso delle televisioni di strada è possibile assistere ad un cambiamento radicale degli spettatori che diventano produttori di quanto consumano, un concetto sintetizzato da Bruns (2006) con prod-usage. Chi produce è allo stesso tempo utente e fruitore ed esercita questi molteplici ruoli a seconda del contesto, del grado di interesse e delle opportunità.
Un fenomeno che a buon diritto può essere messo a confronto con altri casi più noti di video comunicazione sorti spontaneamente (ad esempio le webtv come nessuno.tv, o siti di video-sharing come YouTube) e che offre lo spunto per una serie di riflessioni più generali sul potenziale di sviluppo di queste nuove iniziative così eterogenee ma accomunate dall’originalità dei modelli rispetto alla filiera produttiva tradizionale e al sistema del valore ad essa associata.
Bibliografia
AA.VV. 2004. Media literacy meets open channels, May 2006 from http://www.okb.de/doku/englisch/media-literacy-kosice-2004.pdf
Bruns A., 2006. Toward produsage. Futures for User-Led Content Production, in F. Sudweeks, H. Hrachovec, and C. Ess (editors) Proceedings cultural attitudes towards communication and technology, pp. 275-284.
Ingram P.,Silverman B. 2002. Introduction: The new institutionalism in strategic management, in Advances in Strategic Management (a cura di) Ingram P. e Silverman B., vol. 19, pag. 1-30
Jensen J. 2005. Interactive television: new genres, new format, new content, Proceedings of the second Australasian conference on Interactive entertainment 2005, Sydney, Australia, pp. 89 – 96.
Leblebici H., Salancik, G., Copay A., King T. 1991. Institutional change and the transformation of interorganizational fields: An Organizational History of the U.S. Radio Broadcasting Industry.
Mühlenfeld, H. 2002. “Mass Communication as Participation: Web-Radio in Germany: Legal Hazards and its Contribution to an Alternative Way of Mass Communication”, European Journal of Communication, vol. 17, 1, p. 103-113.
Narduzzo A., Odorici V. 2007. Openness in video-communication and the new forms of “open television”, WP.