L’arte contemporanea per esistere ha bisogno del mercato. Come messo in evidenza da Alessandro Dal Lago e Serena Giordano, nel loro libro “Mercanti d’aura”, l’essenza di tale modalità espressiva può essere compresa solo all’interno del circuito dei promotori, curatori, critici, esecutori, fruitori e luoghi di esibizione.
Proprio questi ultimi, in quanto emblema della modernità nella loro veste architettonica e concettuale, rappresentano il perno attorno a cui ruotano le riflessioni di Adriana Polveroni, raccolte all’interno della sua recente pubblicazione, dal titolo “This is contemporary!” ”“ che riprende la famosa espressione “This is contemporary, so contemporary!”, ripetuta dai performer di Tino Sehgal, durante la Biennale di Venezia del 2005.
Catapultati nell’era della spettacolarizzazione della cultura e risucchiati dal vortice dell’iperconsumo, i musei, non più percepiti come luoghi polverosi e vetusti, deputati alla sola conservazione delle opere d’arte, sono diventati le “nuove cattedrali” del XXI secolo, capaci di sedurre e affascinare non tanto per il loro contenuto, quanto piuttosto per la bellezza del contenitore, dell’involucro esterno che essi stessi rappresentano.
Dire Bilbao oggi, equivale a dire Guggenheim Museum. Se questo, da un lato, mette in evidenza l’enorme richiamo mediatico esercitato dal progetto e dalla struttura architettonica in sé, dall’altro testimonia la non trascurabile capacità che operazioni di questo tipo hanno nel rilanciare un territorio, e nel rendere turisticamente attrattive e culturalmente attive, zone tradizionalmente viste come marginali e dotate di un bassissimo appeal. Centri polifunzionali, in grado di offrire una pluralità di servizi, i musei nati e pensati per l’arte contemporanea, si presentano diversi dai loro predecessori storici anche nella forma e nelle dimensioni, in quanto spazi destinati ad accogliere opere che si fanno sempre più grandi, che utilizzano e mixano diversi linguaggi, che travalicano i confini fisici delle pareti architettoniche, per espandersi e proseguire all’esterno, nei giardini, nelle strade, nelle piazze delle città in cui i musei sono ubicati. Le strutture si fanno meno rigide, più duttili e malleabili, in grado di ospitare spazi che siano flessibili, modulabili, facilmente adattabili alle esigenze degli artisti.
Come mette in evidenza Adriana Polveroni, la vera chiave di lettura di tale trasformazione è nella relazione che lega arte e museo. Se l’arte contemporanea per sua stessa natura si presenta come un linguaggio aperto alle innumerevoli contaminazioni che provengo da altri linguaggi e dal mondo esterno, assumendo identità plurime e mai univocamente definite, il museo, in quanto vettore di quella stessa arte, non può che essere a sua volta multiplo, polivalente, dotato di diverse anime e personalità .
Resta salva, all’interno di questo scenario in continuo divenire, la funzione del museo quale luogo di formazione del sapere, all’interno del quale acquistano una rinnovata importanza le iniziative legate alla didattica, attraverso cui il museo prova a fare i conti con il mercato, attuando “pratiche, opportunità professionali, articolazioni di saperi che diano basi più solide a quell’economia della creatività di cui [esso ] è uno dei perni”.
Conclude il libro un’interessante carrellata di interviste ad alcuni responsabili dei più noti musei e spazi espositivi dedicati all’arte contemporanea in Italia, che offre un’istantanea del panorama nazionale, e mette in evidenza luci ed ombre di un processo di trasformazione non ancora concluso.

This is contemporary!
Come cambiano i musei d’arte contemporanea
Adriana Polveroni
FrancoAngeli 2007 euro 19
ISBN 978-88-464-9042-1