la tutela del paesaggio

Nel nostro Paese l’esigenza di una soluzione giuridica sul paesaggio era vivamente sentita addirittura negli anni antecedenti la prima guerra mondiale, ma solo nel 1939 ci fu una prima espressione legislativa di alto profilo, con la legge 1497 del 1939, tutt’oggi solida base base della normativa italiana in materia.
Negli anni successivi la visione di ciò che si deve fare per tutelare il paesaggio si è andata via via modificando: prima la singola opera d’arte ed il singolo paesaggio venivano considerati individualmente beni di interesse nazionale, poi il monumento è apparso inseparabile da quello che lo circonda, che va considerato nella stessa ottica, come un’unica problematica. Tale elemento di contesto è stato alla base dell’innovazione normativa che si è avuta nel 1984, al termine di una una genesi piuttosto lunga.
Galasso racconta in questo volume la sua esperienza come Sottosegretario per i Beni culturali e Ambientali, durante la quale ha constatato lo scempio e i danni enormi apportati al patrimonio nazionale dai vari tipi di attività edilizie. Mancavano l’attività di tutela ed una efficace organizzazione volta a prevenire i danni, anziché inseguirli per punirne i colpevoli. Galasso si persuase che fosse necessario superare il piano dell’intervento specifico per passare ad un vincolo più organico e generale. Si configurò l’ipotesi di un piano paesistico nazionale, che suddividesse per tipologie e morfologia il paesaggio e assoggettasse al vincolo paesistico una serie di ampie fasce e di particolari zone del territorio nazionale: coste, rive delle acque interne, montagne oltre determinate quote, vulcani, boschi, zone umide, usi civici, etc.. Attraverso questi passaggi fu possibile il Decreto Ministeriale del 21 settembre 1984. Ci furono contestazioni soprattutto da parte delle Regioni, che si ritenevano espropriate di una loro competenza, e di ampi settori dell’edilizia e del turismo, che, come Galasso ricorda nella seconda parte del suo saggio, erano interessati a vedere il patrimonio paesaggistico solo come una merce da vendere. Il ministero però tenne duro e riuscì a far trasformare il decreto ministeriale in decreto legge, sull’onda soprattutto di un’opinione pubblica largamente favorevole. Il decreto legge, emanato il 27 giugno 1985, fu convertito nella legge 431 dell’8 agosto 1985.
Galasso fa delle lunghe digressioni per descrivere le ansie e le tensioni di quel periodo, segnato come detto, da un’opinione pubblica che appoggiava l’azione governativa in questa materia, ma anche da divisioni in Parlamento tra maggioranza e opposizione, ed anche all’interno della stessa maggioranza, con numerosi parlamentari che si facevano portavoce delle istanze di coloro che della legge non volevano sentir parlare, perchè troppo generica o troppo restrittiva. Si aprì un contenzioso istituzionale, risolto soltanto dalla Corte Costituzionale che riconobbe nelle norme contenute nella legge delle “norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica”.
Galasso riflette poi sull’effettiva efficacia avuta dalla legge, ribattendo con le sue argomentazioni a coloro che parlano senza mezzi termini di “fallimento” della stessa, e provando anche ad inquadrare possibili sviluppi futuri che portino a “rilanciare” la 431, per non vedere più deturpato il territorio italiano.

La tutela del paesaggio in Italia
Giuseppe Galasso
Editoriale Scientifica 2007 euro 12,5
ISBN 978-88-95152-68-4