Quali mezzi di programmazione intermedia, il limite maggiore degli Accordi di Programma Quadro(APQ) sembra essere quello di non operare direttamente nel territorio e di necessitare la previsione di accordi di programma semplici per la loro esecuzione. Criterio necessario per tutti gli interventi in APQ è quello di presentare un elevato grado di coerenza programmatica, tanto esterna (rispetto alla programmazione nazionale settoriale, regionale ordinaria e comunitaria) quanto interna (rispetto alle precedenti programmazioni in APQ a completamento di azioni già avviate).
Limitandoci al settore culturale, essi presentano un’articolazione suddivisa in tre livelli, corrispondenti ai settori d’intervento o linee strategiche, agli specifici progetti operativi o “interventi” e alla parte normativa dell’accordo. Tra la seconda e la terza fase si inseriscono le attività di consulenza strategica e di supporto fornite da organismi istituzionali volti a garantire il corretto monitoraggio delle iniziative in fase di sviluppo. All’interno del composito processo di programmazione negoziata spiccano anche le Università e il loro ruolo di assistenza fornito dai docenti in fase di progettazione. In questo contesto appare interessante investigare l’aspetto tecnico della progettualità , volto a fornire il proprio supporto in fase di progettazione.
La criticità maggiore riscontrata dagli attori, in primis i docenti che prestano la loro esperienza all’attività di consulenza e progettazione, è quella di dover attuare con difficoltà gli indirizzi di base dell’intesa istituzionale di programma tra governo e regione. Unita a questa vi è anche la debolezza di fondo degli enti locali a definire in modo chiaro il progetto da attuare con i mezzi a disposizione, proprio come un architetto che esegue un progetto di cui ha poco riscontro dalla controparte. Tale difficoltà è legata ad una rigidità che è tipica del settore pubblico, limitante anche per i consulenti stessi, che a fatica riescono a sfruttare gli strumenti contrattuali di cui dispongono. Spesso accade che le procedure di evidenza pubblica selezionino enti di vaste dimensioni, che difficilmente forniscono un servizio adeguato e proporzionato al progetto in questione.
Per quanto concerne il finanziamento, si utilizza spesso il termine convergenza delle risorse (ordinarie, aggiuntive, comunitarie e private). Il rischio maggiore è rappresentato dalla funzione stessa che essi rappresentano: in altre parole, l’impressione comune è che gli APQ siano utilizzati più come mezzi di spesa (per la loro possibilità di far convergere verso un unico obiettivo differenti forme di finanziamento), che orientati verso una vera e propria concertazione finalizzata alla realizzare progetti di sviluppo; a favore di questa concezione pende la considerevole presenza di contraenti pubblici e la scarsa presenza di enti locali, assieme ai privati. Accade spesso, inoltre, che ad una cifra destinata ex post, le regioni si trovino a dover adeguare in itinere le risorse alle necessità emerse nei singoli progetti, perfezionando gli interventi in corso di investimento.
Dal 2002 si è assistito all’introduzione dei primi elementi di auto-valutazione degli APQ, che prevedono la definizione di criteri di selezione degli interventi che le amministrazioni sono tenute a seguire e un meccanismo di premi e sanzioni per incentivare il rispetto di una serie di vincoli procedurali. Questi ultimi sono finalizzati a premiare i comportamenti virtuosi in relazione al rispetto della tempistica della spesa e delle scadenze procedurali, nonché a favorire la realizzazione dei progetti nei tempi previsti. Tali elementi sembrano spingere l’ingresso dei privati, attori decisivi e portatori di logiche e regole d’impresa, che impongono verifica dei risultati, adempimento di obblighi e rispetto dei tempi, divenendo motore e catalizzatore, almeno teoricamente, del complessivo processo di concertazione.
Riferendoci al caso specifico della regione Lazio merita una nota di approfondimento l’APQ6 “Ricerca, innovazione tecnologica, reti telematiche”, oggetto di recenti integrazioni (Novembre 2007) volte alla realizzazione di un Distretto Tecnologico della Cultura (DTC).
L’importanza della promozione della ricerca e sviluppo delle innovazioni è nota ed è al centro della strategia europea presente e futura. Tale accordo realizza un programma straordinario di interventi in materia di sviluppo delle strutture culturali, attribuendo priorità alla creazione di “poli di attrazione culturale regionale”. Questa misura è volta soprattutto ad aggregare insieme le imprese maggiormente orientate all’innovazione intorno a progetti applicativi specifici nel settore dei beni ed attività culturali. Oggetto dell’accordo sono i “Grandi poli di attrazione culturale”: il Parco Archeologico di Vulci, l’Abbazia di Fossanova, Tivoli o il Polo Tiburtino, già individuati con il III Atto integrativo, più ulteriori due sui quali concentrare gli interventi : l’ Area collegata alla “Via del Sale” nel tratto Reatino e l’Itinerario delle mura Poligonali del Frusinate.
Espressione di una dimensione concertativa sicuramente più limitata di quella concepita in origine dal legislatore, gli APQ si presentano come un importante strumento giuridico che ha contribuito, almeno in parte, alla diffusione di una cultura del confronto e della partecipazione dei diversi attori. Resta tuttavia un margine di potenzialità ancora da sfruttare, volto al coinvolgimento effettivo dei privati, le piccole medie imprese, nel ruolo di partecipanti attivi dei progetti. Se si dà un rapido sguardo ai risultati attesi, la creazione di un DTC possiede tutte le caratteristiche per realizzare questi ambiziosi obiettivi.

Riferimenti:
Un ringraziamento particolare al Prof. F. Palumbo- Università La Sapienza (Roma) per la sua preziosa testimonianza.
A. Rotilio, F. Alfano, S. Raschella “ I fondi strutturali e le politiche del territorio”- Halley Editrice
L. Zanetti, “Gli accordi di programma quadro in materia di beni e attività culturali” e “Sistemi locali e investimenti culturali” (www.aedon.it);
www.dps.tesoro.it/