I musei, in particolare nell’ultimo decennio, sono stati direttamente coinvolti nel processo di trasformazione che ha caratterizzato lo sviluppo della nostra società in seguito alla diffusione di nuovi mezzi di comunicazione e di conoscenza come quelli offerti da internet. Tuttavia, pare certamente audace sostenere che essi siano oggetto di un mutamento radicale che potrebbe comprometterne il carattere e gli elementi sostanziali.
La provocazione è stata lanciata a Venezia, in occasione della Conferenza “Communicating the museum”, ad opera di Robert Jones (Wolff Olins di Londra)  il quale, durante il suo discorso sul branding, ha auspicato la trasformazione dello scenario museale attuale in direzione di una differente considerazione e visione del museo: da cattedrale a bazar.
Questa affermazione non ha certamente lasciato indifferente il vasto pubblico di professionisti museali provenienti da vari paesi europei ed extrauropei. Infatti, nonostante sia pienamente condivisibile l’idea che il museo debba aprirsi ad un pubblico più vasto e coinvolgere e attrarre fasce di popolazione sempre più ampie e diversificate, la prospettiva di una sua trasformazione in bazar non può che suscitare perplessità. Il termine persiano “bazar” indica, infatti, un mercato permanente, quindi un’area a vocazione squisitamente commerciale, in netto contrasto con la vocazione culturale e sociale del museo. Inoltre, nell’immaginario collettivo, “bazar” evoca una situazione di grande confusione e disordine certamente non auspicabile all’interno di una struttura museale. Per di più, il passaggio da “cattedrale” a “bazar” secondo Jones, dovrebbe comportare anche la perdita del carattere istituzionale del museo, a vantaggio di una concezione innovativa e “aperta” delle collezioni, in contraddizione con tutti i valori fondamentali del museo condivisi a livello mondiale ed espressi dall’ICOM nella sua nota definizione: “Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo (…)”.
Se l’idea di Jones non può essere condivisa per i termini utilizzati e per i contenuti appena esposti, va tuttavia sottolineato che il rapporto tra pubblico e museo è profondamente mutato, in particolare nell’ultimo decennio. Secondo quanto emerso durante la conferenza di Venezia, il museo sta assumendo sempre più l’aspetto di “piattaforma” interattiva, all’interno della quale ognuno può esprimere la propria opinione ed apportare il proprio personale contributo. Negli ultimi anni, infatti, grazie alla diffusione di internet e allo sviluppo di nuove modalità di comunicazione che consentono scambi di informazione pressoché istantanei e senza limiti di spazio, è divenuto possibile portare a conoscenza di un pubblico smisurato le proprie idee ed esperienze. Anche il museo è stato coinvolto direttamente e con modalità diversificate nelle attività della rete, in particolare attraverso due piattaforme: Youtube e Flickr.
Youtube offre la possibilità di inserire gratuitamente sul sito un video concernente il museo o le sue attività e di darne diffusione su scala mondiale, occasione già colta da alcuni musei come il Guggenheim di Bilbao che ha realizzato un filmato per mostrare parte delle sue collezioni in modo accattivante e adeguato allo spirito del museo stesso. L’attenzione nei confronti dei video può essere, in seguito, amplificata, ad opera degli stessi utenti che hanno l’opportunità di scrivere commenti e di inserire ulteriori filmati, personali, sullo stesso argomento: racconti di viaggio, esperienze e soprattutto parodie per esprimere la propria creatività e il proprio pensiero e condividerli con il resto del mondo.
Nel 2004, la nascita di Flickr, applicazione online per la gestione e la condivisione di immagini, ha rappresentato per i musei una ulteriore vetrina dove raccontare, attraverso le fotografie, la storia del museo e delle sue collezioni in modo innovativo e dinamico. L’interesse per Flickr sta diventando sempre più profondo e diffuso poiché si iniziano a percepire le numerose potenzialità che offre: alcuni musei hanno lanciato concorsi fotografici pubblici concernenti le raccolte, i cui risultati hanno dato vita a vere e proprie esposizioni, e più recentemente si sta considerando l’opportunità di mettere in rete le collezioni per diffonderne la conoscenza, condividerne i contenuti e suscitare la curiosità di una visita al sito ufficiale del museo che, come mostrano le statistiche, beneficia ampiamente della presenza su Flickr (fino a 30.000 nuovi contatti al giorno).
Dunque, il museo/piattaforma è l’ultima frontiera nell’ambito della comunicazione ma va sottolineato che la rete virtuale deve rimanere soltanto una emanazione del museo, che consente maggiore visibilità e una diffusione certamente più ampia della conoscenza delle collezioni ma che non può sostituirsi alla visita reale, al contatto diretto con le opere e con i luoghi per i quali sono state realizzate o nei quali sono conservate. Il museo, dunque, come istituzione che acquisisce le opere, le conserva e le espone ai fini di studio, educazione e diletto, la piattaforma come strumento di comunicazione privilegiato e di condivisione di idee, di esperienze e di valori di cui il museo è portatore e ognuno di noi interprete.