comunicazione pmi

Quello della comunicazione d’impresa è un tema “caldo”. Non solo nella realtà operativa delle imprese, ma anche all’interno del dibattito accademico. La produzione scientifica di matrice anglosassone, ma anche di stampo prettamente italiano, si è prodigata nel coniare termini ed acronimi sempre più articolati per definire il sistema di attività e strumenti di comunicazione adottati dalle imprese. Particolare attenzione è stata rivolta al tema della comunicazione integrata, intesa come sistema coordinato di strumenti con cui si esprime la corporate identity.
I principali limiti dell’adozione di un sistema integrato di comunicazione aziendale consistono prevalentemente nella quasi totale assenza di concretezza nella realtà operativa delle imprese.
Nel tentativo di comprendere i confini e i toni dello “scollamento” tra teoria e pratica operativa, molti autori si sono cimentati in definizioni del termine “integrato” attribuendo connotazioni specifiche nelle diverse esposizioni teoriche. Nell’articolazione di questo progetto di ricerca si è scelto di accogliere l’accezione del termine “integrazione” come capacità di dimostrare connessioni fra i differenti media utilizzati (Cornelissen, 2000). Tali connessioni possono manifestarsi sia in fase di pianificazione che di esecuzione. Esercitare un’attività di comunicazione integrata significa, da un punto di vista operativo, essere in grado di gestire un numero variabile di attività e strumenti attivati parallelamente e, strategicamente, riuscendo dunque ad orchestrare tale utilizzo in coerenza con un disegno, di più ampio respiro e di orizzonte temporale più lungo, pianificato in funzione delle specifiche caratteristiche ed esigenze dell’impresa.
A partire da questa interpretazione del concetto di comunicazione integrata, gli interrogativi di ricerca derivano dalla volontà di trasferire il concetto “labile” di comunicazione integrata, plasmato prevalentemente su un modello ideale di impresa multinazionale tipico della letteratura anglosassone, sulle piccole e medie imprese che compongono il tessuto economico italiano. I quesiti che scaturiscono da questa “traslazione” sono essenzialmente due:
– le piccole-medie imprese italiane sono oggi in grado di attuare piani di comunicazione integrati?
– quali fattori, interni ed esterni, definiscono l’adozione e la combinazione del mix comunicativo?

Prendendo le mosse dalla volontà di cogliere lo “stato dell’arte” della comunicazione adottata dalle imprese locali, per capire quanto prescrizioni teoriche (una comunicazione progettata strategicamente, multi-strumento, coerente nel tempo, chiara e completa) e realtà operativa quotidiana (“agita e comunicata” dalle piccole e medie imprese) possano dialogare fra loro, è stato intrapreso lo studio curato dall’università di Modena e Reggio Emilia, che ritrae le pratiche adottate da 210 piccole-medie imprese manifatturiere delle Province di Modena e Reggio Emilia.

La ricerca è stata articolata in due fasi: una qualitativa ed una quantitativa. Le 210 imprese rispondenti (pari al 9,63% dell’intera popolazione di imprese manifatturiere della Provincia di Modena e Reggio Emilia) sono state analizzate e classificate in funzione della omogeneità nell’adozione degli strumenti di comunicazione. Questo tipo di segmentazione per omogeneità è stata sviluppata attraverso l’uso congiunto di analisi fattoriale e di clusterizzazione. L’analisi fattoriale ha permesso di individuare la strutturazione delle attività di comunicazione adottate dall’impresa, sintetizzando i comportamenti intrapresi. I fattori determinati sono quattro: la comunicazione sul punto vendita; le pubbliche relazioni e la pubblicità; la comunicazione b2b; la comunicazione interattiva. I quattro cluster di imprese individuati si differenziano, oltre che per il diverso grado di utilizzo di ogni tipologia di strumento, soprattutto in funzione delle combinazioni degli strumenti adottati: focalizzate sull’interattività, focalizzati sul b2b, utilizzano tutti gli strumenti, inattivi rispetto alla comunicazione.
I primi due gruppi appaiono concentrati sull’utilizzo di uno specifico strumento di comunicazione. Le imprese focalizzate sull’interattività (26,7% del campione) si caratterizzano per l’elevata adozione di strumenti quali il sito web e il direct marketing, mentre quelle incentrate sulla comunicazione b2b (37,4% del campione) ricorrono maggiormente a strumenti come cataloghi e fiere. Il terzo cluster evidenzia l’esistenza di un nucleo di imprese (19,2% del campione) capaci di adottare una combinazione di strumenti – interattivi, b2b, sul punto vendita – ad eccezione della sola pubblicità e PR. Le imprese appartenenti all’ultimo cluster (16,7% del campione) presentano un ricorso ridotto a qualsiasi tipologia di strumento di comunicazione. Avendo riscontrato l’adozione di profili di comportamento sensibilmente diversi fra loro, si è deciso di analizzare i fattori motivazionali che definiscono la strategia comunicativa delle imprese del campione. L’analisi, che ha portato all’individuazione di 6 macro-fattori principali, non ha però evidenziato un pattern chiaramente definito di elementi motivazionali in grado di spiegare le differenze nell’adozione degli strumenti comunicativi. Ciò che è emerso, invece, è come le imprese più attive in comunicazione differiscono significativamente da quelle che decidono di focalizzarsi su un unico ramo di comunicazione (BtoB o interattiva), quindi ancor di più da quelle che sono inattive.
Non sono invece stimoli significativi ad un maggior ricorso alla comunicazione altri elementi frequentemente citati dalla letteratura come determinanti dell’azione di marketing, tra i quali: settore specifico di appartenenza, fase del ciclo di vita del prodotto principale, classe dimensionale dell’impresa (per fatturato complessivo, pur sempre rientrante entro la media dimensione), ritmo di sviluppo del mercato o passaggio generazionale.§I risultati dimostrano una diffusione delle attività di comunicazione sufficientemente estesa da permettere considerazioni generali e descrizione di precisi profili di
comportamento tra le PMI considerate.
Complessivamente si può affermare che gli strumenti di comunicazione BtoB costituiscono l’ossatura fondamentale delle attività di comunicazione intraprese da queste imprese. Al dialogo non esclusivo con altre imprese, esteso quindi anche a consumatori finali, hanno contribuito le nuove tecnologie, ne è testimonianza la diffusione di strumenti multimediali ed interattivi. Il punto vendita si mostra come
supporto emergente di comunicazione, mentre pubblicità e pubbliche relazioni rimangono le modalità meno prescelte per raggiungere i propri interlocutori.
Addentrandosi nell’analisi dei risultati, si scoprono sfumature piuttosto interessanti.
Dal punto di vista operativo, infatti, le imprese manifatturiere del territorio si dimostrano capaci di scelte precise: accanto a frazioni, più o meno equivalenti, che decidono di escludere, o viceversa di intraprendere completamente, l’utilizzo di tutte le opportunità di comunicazione verso l’esterno, spiccano imprese – complessivamente più della metà – che decidono di focalizzare i propri investimenti verso un’unica area d’azione (comunicazione business-to-business o comunicazione interattiva), in funzione delle caratteristiche specifiche dell’interlocutore e del tentativo di “saltare” il processo di intermediazione.
La capacità di molte imprese di selezionare coerentemente un unico ramo di attività di comunicazione, e di alcune altre di saperne gestire contemporaneamente diversi, lascerebbe pensare ad una diffusa adozione d piani di comunicazione integrati.
Analizzando però la connessione fra azione concreta e disegno strategico, appare un diffuso “scollamento”. Le imprese del territorio, infatti, pur riconoscendo l’esistenza di fattori motivazionali di diversa natura- diffusione della notorietà dell’impresa nel medio-lungo periodo, valorizzazione dei propri prodotti, raccolta di feed-back, conseguimento di risultati reddituali positivi; adattamento a richieste e
pratiche altrui, superamento di momenti di crisi- e condividendone ciascuna in diversa misura, non manifestano profili di azione corrispondenti. Ad informare il processo di scelta delle attività di comunicazione da adottare non sembrano quindi essere gli obiettivi a cui si tende, ma piuttosto altri elementi esogeni.

Che sfuggono alle categorizzazioni teoriche comunemente adottate (fattori macro-economici esterni, caratteristiche del settore, caratteristiche interne all’impresa,…), espressione di uno stimolo che supera i confini definitori: l’impresa intensifica la propria attività dicomunicazione quando sente di dover gestire il dialogo con interlocutori sempre più numerosi e variegati. E’ infatti più l’esigenza di rapportarsi con competitor nuovi entranti, provenienti da altri settori, o con mercati geograficamente distanti, o con interlocutori di canale più evoluti a spingere le imprese a dotarsi di un portafoglio di strumenti di comunicazione più ampio, quindi più duttile e completo. In ciò si manifesta la capacità delle imprese di studiare una soluzione personale al tema della comunicazione, che non si limiti all’emulazione di concorrenti o di altri attori appartenenti al contesto di riferimento. Rimane tuttavia la difficoltà manifesta nel tradurre concretamente attraverso il proprio communication mix, obiettivi strategici individuati e riconosciuti come propri. In questo ambito di integrazione tra disegno strategico ed azione operativa
il percorso delle piccole-medie imprese si prospetta ancora lungo.

Bibliografia
(sono elencati i riferimenti essenziali, selezionati tra quelli citati nel testo)
COLLESEI, U. E RAVÀ, V. 2007. La comunicazione d’azienda: strumenti per la gestione.
ISEDI CORNELISSEN, J. 2000. ‘Integration’ in Communication Management: Conceptual and
Methodological Considerations. In Journal of Marketing Management, N.ro 16
DEIGHTON, J. 1996, Features of good integration: two cases and some generalizations. In THORSON, E., MOORE J. Integrated communications: synergy af persuasive voices. Mahawah. N.Y.
KELLER, K. L. 2001. Mastering the Marketing Communications Mix: Micro and Macro Perspective on Integrated Marketing Communications Programs. In Journal of
Marketing Management, N.ro 17
STUART H., KERR G., 1999, Marketing communication and corporate identity: are they integrated?. In Journal of Marketing Communications, N.ro 5
VARALDO, R. DALLI, D. RESCINDITI, R. 2006. Marketing-non-marketing all’italiana: virtù, limiti e prospettive, Atti del Convegno Internazionale “Le tendenze del marketing in Europa”. Venezia. Gennaio2006

Nota: La versione integrale di questo articolo è pubblicata in www.ticonzero.info