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“Quale relazione c’è tra la creatività e la produzione culturale?”. Questo l’interrogativo posto dal V Rapporto annuale di Federculture, presentato il 15 luglio scorso al Teatro Argentina di Roma. Tante le risposte possibili, anche se non tutte positive e rassicuranti.
I dati messi in evidenza dal Rapporto fotografano un paese che stenta ancora a comprendere il valore insito nei beni e nelle attività legate all’arte e alla cultura. Tutti i maggiori quotidiani nazionali, da Repubblica a Il Sole24Ore, al Messaggero hanno messo in evidenza l’anomalia, tutta italiana, di una nazione che pur vantando un rilevante patrimonio culturale – secondo l’edizione 2007 del Country Brand Index, l’Italia si classifica al primo posto a livello mondiale per il patrimonio artistico e culturale e al secondo posto, dopo l’Egitto, per il patrimonio storico – non riesce ad occupare posizioni di primo piano nella competizione internazionale.
In Europa, l’Italia risulta essere al 17° posto per la quota di PIL destinata ad investimenti in Ricerca e Sviluppo; al 23° posto per la quota destinata alla spesa in ICT e al 24° posto per la quota destinata alla formazione delle risorse umane. E gli ulteriori tagli già annunciati per il settore dei Beni culturali non fanno di certo sperare in un miglioramento, che sia riscontrabile già nel breve periodo. Ai 45 milioni di euro sottratti al ripristino dei paesaggi degradati con l’approvazione del Dl che ha abolito il pagamento dell’Ici per la prima casa, si sommano le misure restrittive previste dal DL 112/2008 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), che privano il settore dei Beni culturali di 228 milioni di euro nel 2009, di 240 milioni del 2010 e di 423 milioni nel 2011, facendo scendere oltre l’attuale soglia dello 0,28% la quota del Bilancio nazionale destinata alla tutela dei beni culturali e paesaggistici.
Viene da chiedersi se qualcosa di buono sopravvive all’interno di uno scenario che ha fatto scattare l’allarme e messo in allerta quanti lavorano e si occupano, a vario titolo, di cultura e valorizzazione del territorio.
Forse sapere che nel nostro paese i consumi culturali delle famiglie sono aumentati nel corso dell’ultimo anno, che la creatività è riuscita ad eccellere almeno nel settore del design e che siamo il secondo paese esportatore di prodotti creativi a livello mondiale dopo la Cina, può aiutare a riequilibrare i pesi di un’Italia in bilico tra declino e progresso.