berchidda“Dentro gli spazi di un’architettura collettiva”. Questo il titolo dell’articolo scritto da Paolo Fresu per la rivista “The Time in Jazz”, dedicata interamente all’omonimo festival jazz che da 21 anni ha sede a Berchidda.
L’edizione “Arkitekturae”, dice Fresu, vuole essere una consacrazione delle “Architetture sociali” o “viventi”, sorte di “epicentri creativi capaci di suggerire altrettante architetture percepite attraverso i sensi ma mancanti di una struttura tradizionale dove la pietra d’angolo sono le genti e le mura di contenimento sono l’energia collettiva”. L’ultima tappa del festival si pone, quindi, come volano di valori sociali importanti, in cui la struttura emozionale intessuta dagli artisti si coniuga con quella degli organizzatori e dei fruitori, che quest’anno hanno raggiunto le 40.000 unità, nei giorni di massima affluenza.
D’altro canto scegliere un tema come l’architettura per l’ultima edizione di Time in Jazz significa conformare l’evento musicale, in continua crescita, con il must degli eventi contemporanei italiani e internazionali, in un anno in cui a Torino – Capitale Mondiale del Design – si svolge il Congresso Mondiale degli Architetti. Time in Jazz si conforma e si conferma, dunque, come un evento prestigioso, e a distanza di più d’un ventennio dalla prima edizione, il perno fondamentale è e rimane una programmazione musicale originale e di qualità.
Eppure attraverso la lente del turista-consumatore di cultura si può cogliere un altro aspetto determinante quanto il primo: il festival di Berchidda offre uno spazio d’aggregazione molto singolare per l’“Isola”. I concerti diurni, le sedi espositive del Progetto Arti Visive (PAV), le piazze del paese, la piscina interna ad uno dei due campeggi, il Museo del Vino e le altre location designate, si rivelano essere dei mondi corollari in cui un giovane pubblico alternativo si incontra, condivide degli spazi e si affianca al consumatore di musica colta in un armonico contesto.
Il capitale culturale – ovvero  “lo stock di valore culturale incorporato in un bene o in un servizio” – di una manifestazione nata in sordina nel settembre del 1988, è cresciuto in maniera direttamente proporzionale al suo pubblico e alla sua notorietà.
Eppure all’interno di questo contesto emergono le seguenti domande: 1)in che misura Time in Jazz ha promosso lo sviluppo economico del paese? 2) in che misura Time in Jazz, come bene simbolico, ha innescato negli abitanti di Berchidda dei nuovi processi di costruzione della propria identità? 3)come può crescere ulteriormente Time in Jazz?
Iniziamo col tracciare un quadro delle esternalità positive indotte da Time in Jazz nel corso di questi anni. Una serie di interviste condotte durante l’edizione 2008 ci riporta al punto di vista dei locali – commercianti e albergatori di Berchidda – degli organizzatori e degli artisti che fanno parte di questo tessuto connettivo, con l’obiettivo di estrarre i punti di forza e le criticità della manifestazione. Tutti i commercianti intervistati sono concordi nell’affermare che l’economia del paese sia maturata soprattutto a partire dal 2000: sono nati due campeggi ad hoc per accogliere i visitatori, l’introito dei bar e dei ristoranti si moltiplica in misura vertiginosa, nascono delle piccole trattorie o pizzerie improvvisate lungo le stradine del centro storico, i turisti che risiedono nelle lussuose ville della Costa Smeralda approdano nell’entroterra per concedersi qualche serata musicale alloggiando negli Hotel o negli agriturismi locali. Il paese è invaso da un esercito di giovani in vacanza, e spesso gli stessi abitanti – che per tradizione ospitano molti degli artisti che si esibiscono – offrono delle stanze a buon prezzo nelle proprie case. In realtà è l’economia dell’intero territorio ad avvalersi in positivo dell’evento. 10 comuni oltre quello di Berchidda sono coinvolti come sponsor o partner, alcune performance si svolgono in altri paesi – come Olbia e Pattada – e la ricca costa della Gallura porge una lauta fetta dei suoi vacanzieri al meno fortunato entroterra. Un’economia liquida dunque ma non priva di elementi farraginosi. I servizi predisposti all’evento hanno la durata stessa del festival e per tutto il resto dell’anno restano chiusi. In edizioni passate, di grosso afflusso turistico, le strutture ricettive sono risultate insufficienti, dice una delle organizzatrici, ma d’altronde, aggiunge, “perché potenziare delle strutture inutilizzate durante un intero anno dopo il festival?”.
Ci troviamo di fronte alla prima considerazione che restituisce parzialmente il senso della domanda iniziale: in che misura l’economia di Berchidda si è sviluppata in funzione del festival? La risposta si esplica in termini positivi, perché gli organizzatori sono finora riusciti a trovare soluzioni diverse a seconda dei problemi che si sono presentati, promuovendo campagne come quella della raccolta differenziata – avviata da quest’anno col comune di Berchidda – o predisponendo strutture adatte in momenti eccezionali. Sul fronte economico le entrate sono comunque limitate ad una settimana e a questo va aggiunto che il budget, sponsorizzato in maniera rilevante anche dai privati, non soddisfa tutti i bisogni e i progetti dell’organizzazione.
Sul piano immateriale la situazione cambia: l’Associazione che si occupa del festival è attiva durante tutto l’anno, sia per gestire il network di Time in Jazz, che per occuparsi di altre interessanti iniziative. Con l’Associazione sono attivi i 100/150 volontari che permettono ogni anno la riuscita del festival e che collaborano in maniera appassionata a partire dall’età di 15 o 16 anni. Una seconda esternalità positiva è determinata quindi da un notevole aumento del cosiddetto bene relazionale, ciò che “può essere prodotto soltanto assieme, non è escludibile per nessuno che ne faccia parte, non è frazionabile e neppure è concepibile come somma di beni individuali” (Donati 1991). Il bene relazionale che scaturisce come esternalità positiva dal lavoro necessario al fine di un evento come Time in Jazz mira al cuore della dimensione comunicativo-affettiva dell’interazione sociale del paese: i commercianti e tutti coloro che hanno a che fare col festival sono coinvolti dall’Associazione. Questo secondo effetto è rilevabile soprattutto ad un livello diacronico ed è relativo alle generazioni future, ovvero ai giovani ventenni di Berchidda, che sono nati e che da sempre convivono col festival. In questi termini Time in Jazz rappresenta per loro un patrimonio i cui benefici potranno essere individuabili in termini quantitativi e qualitativi solo in seguito.
La risposta alla seconda domanda si adagia nei reticoli di queste ultime considerazioni: il paese sta lentamente attivando un processo di costruzione identitaria con il suo evento principe, ma la loro percezione rispetto a questo fenomeno è ancora limitata. Alla domanda diretta se il festival rappresenti l’identità del paese gli intervistati rispondono, infatti, in maniera sostanzialmente negativa. Secondo l’organizzatrice sono invece le nuove generazioni a giocare un ruolo chiave in questo senso. I giovani del Time in Jazz sono curiosi, cooperativi e accoglienti e insieme ad un aumento del suddetto bene relazionale mettono in movimento un aumento del capitale sociale, cioè dell’insieme di “valori, stili di vita, norme di comportamento che rendono le scelte individuali compatibili con la promozione del bene comune”, nel nostro caso la buona riuscita della manifestazione, in uno scenario in cui l’interesse della comunità ha la priorità su quello del singolo albergatore o dell’affittacamere.
Time in Jazz è un evento ricco di musica raffinata, incontri fertili di scambio tra isolani, turisti e gli artisti che si mischiano con gli avventori dei ristoranti. L’offerta musicale è un esempio per altre manifestazioni del genere, se pensiamo che alcune performance sono studiate appositamente per l’occasione, come prime. In che termini può crescere ulteriormente, considerando le criticità evidenziate? Non ci sono risposte a tavolino, l’augurio è che i giovani di Berchidda prendano progressivamente coscienza del patrimonio simbolico che stanno ereditando e costruiscano, col tempo, un network che possa sfidare gli autunni e gli inverni, vale a dire i mesi in cui la Sardegna perde i suoi turisti in cerca di emozioni.

Approfondimenti
Berchidda, appunti di un festival