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Intervista ad Alberto Princis – Direttore artistico di Care_Cassandre: la Festa della Cultura 2008 di Gorizia
Sarà dedicata al futuro e al suo immaginario Care_Cassandre, la Terza edizione della Festa della Cultura di Ex Border, che si svolgerà a Gorizia da giovedì 20 a domenica 23 novembre 2008. La definizione di questo “evento non evento” avviene per negazione: “Non sarà una fiera del libro, né un festival di poesia, e nemmeno un convegno riservato agli addetti ai lavori”. Può definirlo e provare a classificarlo? Lo definite un format particolare?
Abbiamo sottotitolato Care Cassandre una Festa della cultura che si inserisce in un territorio le cui caratteristiche sono rintracciabili nello stesso nome dell’associazione Ex Border, che ne è ideatrice e organizzatrice. Ex border significa “c’era una volta un confine, una frontiera, una fiaba”: Si tratta di un progetto che raccoglie la vocazione simbolica di questa terra che nasce da un confine ma anche dalla sua caduta. Anche nelle discipline, come nella politica, cadono i confini, e si uniscono vari punti di vista (letterari, scientifici, ecc). Ho pensato ad un’eredità del confine unendola anche al concetto di ex, collegato all’ex-ducere. Significa, quindi, tirare fuori qualcosa da questa terra che non è ricca, ma dopo l’apertura delle frontiere è divenuta centro di una nuova Europa, in una dimensione allargata. È un dato di fatto che non c’è un motore economico forte nell’Isontino ma unicamente una forte identità di terra tagliata dai confini geografici, come quello del fiume Isonzo. Ci piace pensare di essere una “buona” sponda dalla quale guardare il fiume che attraversa il territorio. Gorizia rappresenta un osservatorio privilegiato su questo nuovo panorama. Per Festa della Cultura intendiamo tutto questo. Nella mia mente di poeta prestato all’organizzazione di eventi, il format di Care _Cassandre è un “incontro” di diverse discipline – audiovisivo, cinema, scienza, letteratura, ecc – su un tema che varia ogni anno. Si può scrivere una poesia civile anche sulla pelle di un territorio, non solo su un libello che trovi in libreria. Cerchiamo di inventare un progetto che abbia un senso e un format che abbia una capacità di fascinazione. Non è una fiera, non è un convegno per addetti ai lavori. Una festa che faccia leva sull’identità culturale per risollevare questo territorio. Qualcosa che abbia un senso più allargato. È stata inoltre vincente la capacità di riconoscere la vocazione internazionale del territorio goriziano e di saperla comunicare sia all’interno, corrispondendo alle attese dei cittadini, che all’esterno, attraverso un riconosciuto e originale evento di eccellenza.
La principale caratteristica delle Festa dell Cultura di Gorizia è la scelta del tema portante. Ogni anno uno molto particolare e di ampio respiro..
Nel 2006 Nudo_Cosmo, ciò che dell’anima viene messo a nudo ma anche La nudità del cosmo; nel 2007 Dis_Orienti, sul rapporto tra Oriente e Occidente, ma anche riflessioni sul disorientamento inteso in tutte le sue forme. Ogni anno cerco di immaginare campi di attrazione e di significato che abbiano una poetica, che possano interagire con le domande di un pubblico che si interessa, affamato di autenticità. Insomma, una festa che sia un’apertura di senso per un pubblico medio alto che non ha bisogno di “veline”. Sia chiaro che la direzione non è dall’alto: ci sono molte occasioni di incontro perché la letteratura, e la cultura in genere, va vissuta al caffè. Ci sono incontri alla pari, rigorosamente senza spocchia.
Quest’anno qual è il tema nello specifico e la lettura che ne proponete?
Nella sua terza edizione, la Festa della Cultura dal tema Care_Cassandre è rivolta al futuro e alle sue prospettive in una contemporaneità difficile. Con Care_Cassandre, per approfondire e divertirci, la letteratura, l’arte, il cinema e le scienze ci faranno navigare tra le isole di quelle strane “(ir)realtà” che chiamiamo futuro (sacro e profano) con la sua corte di programmi, previsioni, promesse, profezie e pregiudizi. Il futuro in cui speriamo e in cui non crediamo, quello che ci salva da certe depressioni o che ci condanna a diverse catastrofi. Care_Cassandre indaga il destino, il sogno profetico e l’entusiasmo, oltre la rassegnazione e gli abissi virtuali, i futuri rapporti tra scienza e ambiente, le proposte della psicologia e della filosofia, il destino della letteratura e dell’immaginazione, le dinamiche delle fragili relazioni umane. E non mancheranno spettacoli, nicchie di relax e appuntamenti con l’enogastronomia di prestigio.
Con quali obiettivi è stata pensata e da chi?
La terza edizione della Festa della Cultura di Ex Border non costituisce solo un’occasione di aggiornamento culturale e di intrattenimento. Cultura, certo, e non per una dimostrazione dall’alto di qualche erudizione per specialisti, ma per una condivisione alla pari, tra pubblico e autori, di una serie di problematiche esistenziali e sociali non solo di nicchia. Non mero spettacolo, quindi, ma opportunità di riflessione e presa di coscienza, nonché volano turistico, anche per la sua capacità di focalizzare ogni volta un argomento e di “danzarvi” liberamente attorno, con suggestioni interdisciplinari e appuntamenti ricchi di significato.
L’idea del progetto Festa della cultura è nato nel 2003, e nel 2004, a fronte di finanziamenti esigui, c’è stato un piccolo evento per “bucare gli schermi”. Sono generalmente un po’ critico rispetto al coinvolgimento dei soggetti locali, ma oggi ci sono dei segnali indubbiamente positivi: ho scelto per anni d’investire molto su questa città dal punto di vista personale, e la qualità del lavoro oggi sta dando i primi frutti, anche se un po’ in ritardo.
La tessitura della manifestazione infatti si chiama fondamentalmente Alberto Princis ed Ex Border. Nella fase organizzativa finale collaborano un paio di persone, oltre al prezioso ed efficace ufficio stampa di Samantha Punis, e a qualche stagista della Facoltà di Relazioni Pubbliche, ma il cuore delle attività, dall’ideazione alla realizzazione sono a cura di Ex Border. La festa della cultura è la punta di diamante della progettazione dell’associazione, inserita in un calendario annuale di incontri. Ultimo, per esempio, è stato quello del 2 settembre, sempre a Gorizia, durante il quale abbiamo ospitato, come anteprima di Care_Cassandre, il grande poeta cinese Yang Lian. Questo evento è frutto della collaborazione internazionale con l’International Literary Festival di Vilenica, in Slovenia.
L’amministrazione pubblica non ha colto le prospettive di sviluppo territoriale nelle vostre iniziative? Mi sembra di aver capito che la Festa della Cultura sia sostenuta anche “dall’alto”? La Festa della Cultura certamente ha visto fin dall’inizio la sinergia miracolosa – ma sinceramente non eccessiva dal punto di vista finanziario – tra Regione, Provincia, Comune e la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia.
A dire la verità ci saremmo aspettati un coinvolgimento più forte e d’impatto a livello economico ma la Festa della Cultura ha comunque il merito di aver stimolato qualche forma di attivazione a livello politico, generando le altre a traino.
Non si può pensare di lavorare a questi livelli senza coinvolgere le istituzioni sul territorio. Pensi che l’anno scorso c’era Enzo Tizzi, quasi un nobel sullo sviluppo sostenibile. Abbiamo contattato le associazioni ambientaliste del territorio. Potenzialmente potevano esserci 1000 persone in un auditorium di 400; in realtà ce n’erano circa 75. Si tratta di una questione “politica”, che non vuol lasciare che la cultura abbia lo spazio adeguato. È una tragica realtà italiana . Nessuna delle correnti riesce ad “approfittare”, perché è la politica ad essere padrona dei temi.
Ora si è sviluppata una festa che è una delle proposte che la Regione Friuli Venezia Giulia sostiene per attivare nuove e allargate relazioni culturali, prefiggendosi l’arduo compito di essere un momento di divulgazione culturale.
La “geografia” del territorio, insieme all’immaginario di cui è testimone, rappresenta l’aspetto portante di tutte le vostre iniziative. Gorizia, cuore di un’antica periferia d’occidente, legata ad una passata frontiera, è una città che si trova al centro di una nuova Europa. Ex border punta l’attenzione su questi temi attraverso la festa della cultura. Pensa che la cultura rappresenti un motore determinante per lo sviluppo di questo territorio, anche attivando turismo culturale o nel tentativo di creare un polo culturale?
Effettivamente è anche quello l’obiettivo, come già anticipato. Definisco la Festa delle cultura e il turismo culturale “Una pausa che accende..!” Nel senso di creare uno spazio di liberà, di vacanza, che una persona decide di trascorrere in un territorio una pausa che accende. Ci si ferma dalle attività ordinarie non spegnendo il “cervello”, ma ci si accende di occasioni e appuntamenti per crescere Inoltre l’Isontino è una terra che forse non può contare su un possente motore economico e produttivo, ma costituisce un vero modello di complessità e di tradizioni che le consentono di coltivare e valorizzare la sua vocazione di osservatorio internazionale sulla realtà contemporanea, in un naturale incontro delle diversità.
In cosa differisce dagli altri appuntamenti “culturali”?
È una danza delle idee, diverse discipline in diverse proposte culturali attorno ad un tema. Anche per gli ospiti “parlanti” l’idea è quella dell’accoglienza. Tendiamo ad ospitarli per più giorni onde permettere loro di vivere una situazione in cui l’esperienza si mette in gioco e s’instaurano nuove relazioni, umane e professionali. La città come culla di un turismo sottile e indotto, caldo e semplice. Non una fiera, non un commercio, e neanche il festivalino di poesiola locale. Ci sono le idee alla base e persone di grandi livello intorno a un tema che può intrigare. Per esempio, in questa edizione, ci saranno Mario Capanna, Maram Al-Masri, Gabriella Kuruvilla, Mauro Corona, Marco Pesatori, Eugenio Benetazzo, Luigi De Marchi, Marcello Veneziani.
La disponibilità del territorio è stata dimostrata anche da investimenti di imprese private e non solo da Amministrazioni pubbliche?
Alcuni settori del privato sono certamente stati disponibili a scambiare servizi a fronte di una visibilità, dimostrando di scivolare sotto questo “cappello” della Festa della cultura. Dal punto di vista meramente economico, non vedo una grande disponibilità rispetto ad altre realtà. Sono in parte critico, anche se bisogna considerare che qui non c’è una tradizione imprenditoriale lungimirante che scelga di scommettere su questo più che su altri tipi di investimenti. Direi che in questo caso si tratta di assumere uno tra due atteggiamenti diametralmente opposti: partecipazione, nel senso di mera adesione al progetto, o scommessa. Se mi arrivasse un segnale totalmente positivo credo che donerei l’iniziativa alla Città, perché questo era l’obiettivo: contribuire al suo sviluppo e alla sua rinascita.
Proponete un approccio diverso alla cultura. Basato su una condivisione alla pari, tra pubblico e autori, di una serie di problematiche esistenziali e social. Anche l’idea iniziale dell’accoglienza degli ospiti nelle case dei cittadini, ricreando una sorta di albergo diffuso, segue questa concezione? L’idea si è dimostrata un’iniziativa di successo, assecondando le aspettative ottimiste?
L’idea era quella. È stato già un successo, considerando che siamo in una fase ancora iniziale. Siamo riusciti a trovare degli operatori di strutture ricettive disponibili all’accoglienza parzialmente gratuita degli ospiti, cogliendo la valenza positiva della loro presenza nel Goriziano, come potenziale pubblicità indiretta: è già accaduto con Michelle Nouri, l’anno scorso. Sarebbe necessario avere una forza maggiore, anche a livello di risorse umane, per raccogliere adesioni tra le famiglie – scelte non per censo ma per dignità nell’ospitalità e per competenza linguistica – per ospitare gli autori. È chiaro che agli ospiti è offerta la possibilità di scelta.
Si tratta della disponibilità di un territorio di far giungere la cultura anche a colazione, davanti a un caffè.
Lo definirebbe un evento riproducibile anche in altri territori?
Credo di aver immaginato un criterio valido per qualsiasi luogo, benché con una specificità simbolica ed emozionale adatta alla vocazione del territorio goriziano. Lo identifico con questa definizione: una danza delle idee. Questa è la sua natura più profonda. Il locale di qualità si incontra con il globale. Al 75% gli incontri sono tutti rigorosamente legati al tema scelto, con qualche fluttuazione morbida. Il tema è il fulcro e tutto è al suo servizio. I protagonisti non sono la vanità o la quantità, bensì l’intensità.
Molti degli autori vengono a Gorizia non perché venderanno un milione di libri ma perché credono nel progetto. Gli editori che collaborano come la Mondadori sono, credo, felici anche dell’accoglienza umana e dolce riservata ai loro scrittori. Dal punto di vista dei numeri, gli addetti ai lavori hanno riscontrato un risultato positivo. Con 50000 euro di investimento come è possibile avere 5000 partecipanti? Ne parlavo qualche giorno fa con un docente di economia di Padova. La differenza è che in una serie di appuntamenti al chiuso il riscontro è reale, non come gli eventi all’aperto in cui anche la mamma con carrozzina che passa per strada viene computata.
Considerando che la stagione è infelice dal punto di vista meteorologico, chi viene è fortemente interessato agli autori. E il pubblico non è solo locale.