arte-al-supermarket1Andare a fare la spesa e imbattersi in una mostra temporanea, salire sul tram ed ritrovarsi nel bel mezzo di un’azione d’arte o diventare protagonisti di diverse attività performative, passeggiare tra le corsie di un ospedale per i più disparati motivi e osservare installazioni di artisti contemporanei: portare l’arte in luoghi inconsueti e diversi dalla semplice galleria o museo sembra essere una tendenza in diffusione. I motivi sono diversi, ma tutti accomunati dallo stesso scopo. Queste iniziative nascono dall’idea di far fuggire l’arte contemporanea dai luoghi deputati ad ospitarla, sia per la ricerca di stimolanti occasioni di incontro con un pubblico generalmente poco avvezzo alla frequentazione degli spazi museali, sia per il tentativo di intraprendere una contaminazione incrociata tra gli spazi urbani, alterandone le “tradizionali” funzioni d’uso.
Tutti i luoghi che sono protagonisti della nostra quotidianità, gli ambienti che ogni giorno si visitano per gli scopi più diversi, possono diventare musei e gallerie a portata di mano… e di carrello, eventualmente.
È il caso del  progetto “Arte al supermercato” a Velletri: da metà novembre tra scaffali ridondanti di prodotti alimentari di ogni tipo e colore, spuntavano qua e là opere d’arte realizzate da artisti locali e un intero reparto è stato trasformato in un laboratorio di pittura e manipolazione dedicato ai più piccoli. Il tutto per rendere più attraente quel momento in cui ci troviamo con la lista della spesa in mano e il carrello sovraccarico di buste, cercando quindi di dare un valore aggiunto al nostro shopping attraverso l’arte e la cultura.
Un percorso artistico che mira a coinvolgere quelle persone che, per mancanza di tempo o di stimoli, non consumano abitualmente arte, ma anche un modo per portare a conoscenza del pubblico i giovani artisti locali.
Se a Velletri l’arte va al supermercato, a Torino, in occasione della rassegna “Segni”, sale su un tram classe 1932 e viaggia per le vie del cento storico proponendo una corsa ogni 30 minuti: ad ogni partenza un diverso critico e un diverso curatore presentano un artista contemporaneo scelto tra i 60 partecipanti, mentre gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Torino realizzano un’attività performativa.
Casi questi di penetrazione culturale in contesti insoliti ma fertili al coinvolgimento.
Portare l’arte in un luogo di incontro come il quartiere, con le sue botteghe artigianali che si contrappongono alle grandi catene commerciali è invece l’obiettivo di ContemporaneaMonti, progetto che parte dal quartiere Monti di Roma ed entra nei piccoli negozi storici che mettono a disposizione per alcuni giorni dell’anno i loro locali per accogliere esposizioni di arte contemporanea e fondere così il gusto per lo shopping con quello per l’evento culturale.
La strategia dunque per attrarre le grandi masse e avvicinare il grande pubblico all’arte sembra quella del “museo diffuso” ovvero proiettare ciò che possiamo trovare all’interno del museo anche in altri spazi, che sono abitualmente caratterizzati da un alto numero di presenze. È questo un modo anche per coinvolgere il territorio e fare in modo che l’arte non rimanga isolata in luoghi standard ma si espanda in più spazi, coinvolgendo lo spettatore che, in questo modo, fruisce cultura anche inconsapevolmente.
Location particolari, dalle forti valenze sociali ed emotive sono invece state scelte per le installazioni di arte contemporanea in mostra fino al 2010 al policlinico di Modena e fino a febbraio 2009 al policlinico di Roma Umberto I.
Nel primo caso si tratta di un progetto di Arteinattesa, che vede l’allestimento di una grande mostra sulle pareti dei corridoi e nelle sale d’attesa dell’ospedale e su alcuni muri perimetrali della facoltà di Medicina. Obiettivo è quello di rendere confortevole lo spazio del policlinico, cercando di affievolire la percezione comune di sofferenza e tristezza per accentuare invece la dimensione di uno spazio da vivere, aperto alla fruizione e all’accesso dell’arte.
100 opere realizzate da 21 artisti emiliano-romagnoli, dunque, sono state esposte all’interno della struttura ospedaliera mentre all’esterno delle riproduzioni digitali sono state collocate protette da coperture in plexiglass.
Oltre a trasformare luoghi di solito adibiti ad altri scopi in vere e proprie gallerie d’arte, queste opere itineranti hanno anche il vantaggio di diffondere e di promuovere l’arte e la cultura sfruttando il vasto pubblico che ogni giorno si reca al supermarket o in centri di cura. Solo il policlinico di Modena infatti conta più di 10 mila presenze giornaliere, cifra esorbitante se paragonata a quella delle utenze medie nei musei o nelle gallerie.
Una riflessione sul sentimento di attesa in un ambiente sociale particolarmente delicato e complesso come quello ospedaliero è stata portata avanti anche da Jeffrey Inaba, artista americano che per Enel Contemporanea ha realizzato al Policlinico di Roma Umberto I una sala di attesa eco-sostenibile accessibile a tutti e alimentata da pannelli fotovoltaici (The Waiting Room). L’intento è quello di accogliere i pazienti, i visitatori o i medici dell’ospedale in uno spazio riparato di distensione e di relax, in cui colori, luci e forme geometriche si fondono per donare al policlinico un’energia nuova e un aspetto visionario.
L’intreccio tra opera/pubblico/luogo sembra essere dunque fondamentale oggi per la rivisitazione del concetto di arte che ancora una volta tende la mano a metodi di fruizione non tradizionali e si avvale di mezzi di comunicazione e di diffusione estranei alla convenzione artistica mirati alla conversione di spazi fisici passivi in realtà interagenti con l’arte e con il pubblico.