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“Presentato il 12 giugno 1998 in occasione della prima edizione del WDW (World Ducati Week), e ufficialmente inaugurato il 16 ottobre dello stesso anno, il Museo Ducati raccoglie le testimonianze di oltre mezzo secolo di competizioni dell’Azienda e una cospicua parte della storia dell’Azienda di Borgo Panigale, fondata dai fratelli Ducati nel lontano 1926.” Così recita la presentazione del Museo Ducati all’interno dell’area “Heritage” del vivace sito aziendale (www.ducati.com).
Il progetto espositivo del Museo Ducati (cui sono inevitabilmente affezionato in quanto rappresentò il mio primo obiettivo professionale ndr), è considerato uno dei migliori esempi di museo d’impresa nel mondo dei motori. Oltre alle riuscite scelte allestitive (il casco come sala riunioni, per esempio) funzionali alla trasmissione dei valori e delle ambizioni dell’universo Ducati, è forse utile capire i motivi per cui questo Museo è diventato una meta privilegiata non solo dell’esigente popolo dei Ducatisti ma al contempo di un pubblico molto più vasto ed eterogeneo.
Il Museo, infatti, vanta una ragguardevole media annua di circa 50.000 visitatori (fonte ufficiale Museo Ducati). Un numero considerevole soprattutto se si considera che sorge in un’area di appena 1000 mq ed è situato a Borgo Panigale, un quartiere periferico di Bologna. Sulla base dei dati a disposizione dall’apertura nel 1998 ad oggi, in 10 anni, sono transitate al suo interno circa mezzo milione di persone, che hanno trascorso in Ducati almeno un’ora, se non due (se nel giro è inclusa anche la visita della fabbrica) della propria vita. Non sorprende quindi che nella classifica stilata annualmente dal Centro Studi del Touring Club Italiano (“I principali Musei d’impresa in Italia”; Centro Studi TCI, aggiornamento giugno 2008) risulta uno dei Musei d‘impresa più visitati d’Italia, secondo solo alla Galleria Ferrari.
E’ facile comprendere come questo successo sia dovuto innanzitutto alla forza e all’evocatività del marchio, protagonista nel mondo della Moto GP e della Superbike, ma è riduttivo inserire nell’alveo dei visitatori soltanto i fan di Stoner o di Fogarty. Le cifre del museo confermano come sia stato esso stesso in grado di raccogliere interessi e curiosità di un target variegato: appassionati di moto, di design, di storia, di cultura d’impresa.
Un pubblico che oltre ai successi sportivi è alla ricerca di tutti gli universi paralleli che gravitano attorno alla Ducati: design, ricerca, innovazione, comunicazione.
Questa diversità nel target di visita, premiante da un punto di vista dei numeri e della notorietà del Brand Ducati nei temi più in voga oggi (comunicazione, design etc.), è probabilmente dovuta alla strategia espositiva adottata nella progettazione del museo.
Sin dalla sua ideazione, nel 1997, si è compreso che la riuscita del Museo Ducati dipendeva dalla capacità di rispondere e soddisfare esigenze apparentemente antagoniste: da un lato la vocazione “ludica e corsaiola” dei tanti amanti delle rosse bolognesi, dall’altro l’approfondimento storico e documentativo che giustificava l’ambizioso suffisso “Museo” voluto allora. L’approccio, grazie al fondamentale contributo degli architetti Eugenio Martera e Patrizia Pietrogrande di Contemporanea Progetti, fu quello di ricostruire un percorso museale che “parlasse” non solo agli appassionati di moto ma che “approfondisse” anche i diversi linguaggi che si legavano al mero oggetto meccanico. A tal fine fu ideata un’esposizione strutturata su due livelli: il primo emotivo ed il secondo documentativo. Il primo livello è quello che si presenta subito al visitatore ed è volutamente proposto con un impatto fortemente “emozionale”, con grandi foto alle pareti di scene racing; le moto da corsa che “corrono” cronologicamente su una pista luminosa circolare; l’elenco di tutte le vittorie Ducati alla parete che si contrappongono a video “carichi” di pathos che raccontano il mondo delle competizioni. In questa prima area il Museo si presenta come una sorta di “wunderkammer” pensata per stimolare e suggerire tutto il carico adrenalinico espresso dal mondo delle corse, in altre parole tutto ciò che può essere considerato “sexi” da un appassionato di moto Ducati.
A questo “display frontale” è stato associato un altro percorso, parallelo, posizionato in posizione secondaria rispetto al primo. Il secondo “livello” del Museo permette al visitatore un tempo più “lento” per fermarsi, per approfondire rispetto all’impatto del primo livello. Un momento di “riflessione” composto di “stanze tematiche” che riprendono la divisione per macrofamiglie che fu fatta da chi scrive come prima fase per i lavori di preparazione al Museo. Delle stanze, dunque, dove il visitatore possa approfondire la storia dell’azienda attraverso strumenti e filtri diversi da quelli più direttamente legati alla mera passione per il motociclismo. Aree dove poter ammirare per esempio i progetti alla base della costruzione di un determinato modello o motore, i video che cronologicamente hanno raccontato il mito Ducati, i manifesti, le pubblicità e le fotografie. Oppure, altro percorso possibile, è quello del Design dove si percepisce chiaramente come la “forma moto” si è modificata nel corso di sessant’anni tenendo in considerazione gli stilemi formali dettati da tanti aspetti: l’aereodinamicità, la sicurezza del pilota, gli ingombri del motore, la postura, ma anche la moda del momento, i colori, la ricerca della perfezione nella costruzione artigianale di una forcella etc. Il visitatore, dunque, si trova a passeggiare attraverso queste stanze temporali, espressione non solo della storia racing di una delle più importanti aziende motociclistiche del mondo, ma contemporaneamente anche in tanti altri “percorsi”: quelli della comunicazione e dell’estetica, della progettualità, del design, delle tecniche di ripresa video, della tecnologia che partendo dagli anni cinquanta del Novecento arrivano fino all’inizio del terzo millennio.
Un approccio museale, quindi, che fin dalla sua ideazione ha mirato a soddisfare le due anime che, probabilmente, fanno parte di tutti noi: quella più emotiva, ludica, irrazionale e quella più riflessiva, curiosa, che vuole approfondire ed allargare la prospettiva della visita.
La circonferenza del Museo finisce laddove è cominciata, in quella che all’epoca chiamammo “La parete della memoria” dove, insieme ai prodotti elettromeccanici della Ducati pre-motociclistica, campeggia una commovente foto storica di tutti i lavoratori dell’azienda, tributo alla componente fondamentale che da allora fino ad oggi permette di proseguire il mito della Ducati: l’uomo.