twitterSi intitola “Small places” ed è destinato a diventare uno dei romanzi più letti di questi anni.
Non è edito da un grande gruppo editoriale, tantomeno è candidato a trasformarsi in un film tratto dalle vicissitudini amorose che si alternano tra le sue pagine. Soprattutto perché pagine, questo romanzo, non ne ha. Corre sul web ma non è nemmeno un tecnologico e-book. Insomma, NON è tante cose ma una definizione forse la si potrebbe azzardare: “Small places” è un micro romanzo che viaggia su Twitter –  il nuovo network di messaggi istantanei in microblogging popolare negli Stati Uniti almeno quanto Facebook – scandito in capitoli di 140 battute ciascuno,  limite massimo di caratteri consentiti sulla rete del sito americano.
L’autore di questo micro romanzo è Nick Belardes, giornalista, blogger, videografico e romanziere californiano che con “Small places” ha voluto esprimere un concetto ben chiaro: quello della frammentazione della realtà, insito nella necessità di essere (o diventare) concisi a tutti costi.  In termini di economia della comunicazione vorrebbe dire parlare meno per esprimere di più.
Se a prima vista l’idea di un romanzo su Twitter può apparire come un ulteriore e inutile sforzo per farsi pubblicità sul web, diverso è sicuramente l’intento di Belardes che ha confezionato una vera e propria storia cucita su misura per il popolare social network, basata sulla filosofia del “bug-like term”, minuscoli pezzetti di trama che poco alla volta rivelano un dettaglio in più dell’intero intreccio, creando in questo modo aspettative e suspense, che vengono immediatamente condivise con gli altri utenti in rete.
Nell’era del telefono cellulare, del web 2.0, della frenesia, della crisi della carta stampata, forse questo escamotage editoriale potrebbe rivelarsi un antidoto per debellare l’annunciata sparizione della voglia di leggere, accogliendo il favore soprattutto dei più giovani.
Esperimenti simili hanno già registrato un grande successo producendo schiere di appassionati nell’ambito della micro letteratura. È il caso dei “Keitai” in Giappone, romanzi in forma “sms” scritti con il telefono cellulare, che permettono in breve tempo di liberare la propria creatività in un flash letterario, un’illuminazione fulminea condivisibile con tutta la nostra rubrica.
Le nuove frontiere della letteratura in versione mini, usufruibili via web vengono considerate di grande utilità logistica e culturale dai sostenitori di Belardes e dall’autore stesso che contempla la necessità di riadattare il contenuto e la forma della letteratura odierna ai nuovi tempi di attenzione, sempre più brevi e discontinui.
E in questo senso Twitter sembra la via di comunicazione ideale per (r)accogliere le nuove idee provenienti da ogni parte del globo terrestre, anche perché tutti i messaggi che arrivano sulla propria pagina in Twitter possono essere scaricati anche via cellulare, permettendo ad ogni utente di leggere in qualsiasi momento cosa fanno le persone collegate(o cosa accade nel nuovo capitolo di “Small places” semplicemente spingendo un pulsante.
L’altro vero strumento innovativo dei micro romanzi nell’era Twitter è il feedback che l’autore può ricevere immediatamente dopo l’uscita del suo mini capitolo. “ In questo modo posso capire le tendenze e i gusti dei miei lettori – ha dichiarato Nick Belardes –  permettendo di soffermarmi più o meno su un personaggio che vedo essere più o meno amato, solleticando la curiosità delle persone”. Si crea così un’interazione tra autore e lettore impensabile senza l’ausilio di questo nuovo strumento comunicativo che permette di plasmare l’intreccio sulla base dei commenti espressi dai lettori “a caldo”. Autore e lettore quindi, si tendono la mano diventando entrambi parti attive nella composizione del testo, modellato interpretando le reazioni del pubblico alla trama.
Lo svantaggio sta nell’editing: nonostante si tratti di supporti tecnologici, così come per la stampa, una volta che il romanzo è pubblicato non si può tornare indietro, non esistono revisioni o correzioni.
Ed ecco allora, che sulle orme di “Small places”, vediamo apparire le prime rivisitazioni in chiave twitteriana delle opere di Shakespeare o Melville, pillole di cultura nel vasto universo mediatico e socialnetworking. Una dimostrazione di come “luoghi” quali Twitter o Facebook vedano completamente stravolte le loro funzioni d’uso originarie dai fruitori stessi che, diventando autori, trovano nuove attività in cui cimentarsi all’interno del sito, scartando o confinando quelle inizialmente preposte. Alla sua comparsa Twitter poneva una sola semplice domanda: “Che stai facendo?”. Oggi le risposte sono milioni, e non sempre banali.