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Il territorio come base per lo sviluppo globale
Iper-utilizzato, abusato fino a diventare consumato, il termine “innovazione” recupera un senso solo se ancorato alla doppia dimensione del dire e dell’agire. Questo è quanto sostiene Bergamini Riccobon nel suo volume dall’illuminante titolo “Innovazione duale”. Duale poiché l’innovazione nasconde il doppio significato legato da una parte al fare e dall’altra al pensare, alla dimensione analitica e a quella sintetica, alla regola e all’emozione. A partire da questo presupposto, l’autore disegna un quadro all’interno del quale economia, istituzioni, pubblica amministrazione, sono chiamati, ciascuno per le proprie competenze e per gli obiettivi che persegue, a sviluppare un contesto favorevole a cambiamenti ed evoluzioni che sortiscano effetti benefici gli uni sugli altri.
Per circoscrivere immediatamente il campo, si propone una definizione che accorpa il valore personale, quello organizzativo e quello territoriale. Come a dire che si produce innovazione, intesa quale cambiamento positivo che libera risorse per la costruzione di nuovi significati, nuovi progetti, nuovi processi, a livello di intervento crescente: da quello individuale, organizzativo e sociale, fino a livello imprenditoriale ed istituzionale, tenendo in debito conto le inevitabili tensioni, tutte da ricomporre, che il processo presuppone. Pur ancorando l’innovazione ai diversi sensi e dandone diverse chiavi di lettura secondo il contesto dove essa si produce, sia esso scientifico, legato al mercato, quale prodotto dei legami tra attori di riferimento oppure come risultato di networks tecnologici e prodotto di relazioni sociali, l’autore sottolinea che l’innovazione si basa primariamente sulla trasmissione di conoscenza. Ciò significa che essa si annida nelle maglie di un uso consapevole e critico del proprio bagaglio culturale – inteso nel senso più ampio del termine – e sulla base di una capacità di rielaborazione elevata. Risulta, dunque, centrale la capacità di proporre e disegnare cambiamenti sulla base di competenze, abilità sia di tipo tecnico che di tipo emotivo e relazionale, profondamente radicate alla dimensione valoriale. Non secondarie risultano infatti essere capacità legate all’ascolto attivo e allo sviluppo di elevate abilità di comunicazione interpersonale.
Ciò che viene fuori è un mix che comprende capacità di mobilitare risorse umane e finanziarie verso il cambiamento, abilità a costruire network esterni che utilizzano e mettono in comune conoscenze complementari e le diffondono all’interno di ciascuna organizzazione aumentando il know-how e per converso la possibilità di competere su mercati più ampi, forte propensione al rischio e capacità di tollerare frustrazioni e fallimenti, quale conseguenza di tale agire. Gli stessi ingredienti andranno dosati anche per avviare l’innovazione in campo territoriale. Se è vero che i modelli di consumo più recenti si caratterizzano per l’aspettativa di una sempre maggiore personalizzazione di prodotti e servizi offerti, stessa logica sottende la capacità di un territorio di affermarsi per le sue peculiarità, per la capacità di dotarsi di un’offerta unica in grado di competere con altri territori. È questa una delle caratteristiche che fanno del sistema italiano basato sulla forte dimensione distrettuale, un modello che ha funzionato in un contesto di forte competizione globale. Ed è proprio questa dimensione di collaborazione, di tipo distrettuale, basata su rete di rapporti tra imprese, enti di formazione e ricerca, società di servizi e pubbliche amministrazioni locali viene individuata quale elemento su cui basare uno sviluppo territoriale innovativo. Se un territorio riesce a combinare con successo gli elementi sociali, quali il capitale relazionale e di fiducia esistente in una data comunità, esso produce effetti positivi sul territorio rendendolo attrattivo e favorendone lo sviluppo economico. Quanto proposto nel presente volume sembra riecheggiare e rendere sempre più attuale il monito di quegli osservatori della società italiana, De Rita in testa, i quali invitano a recuperare quanto di vitale esiste nel modello economico e sociale italiano – il legame forte tra banche e territorio, il tessuto di piccole imprese attive, il localismo quale presidio per processi di internazionalizzazione, la capacità di adattamento di tutto il sistema – per rispondere ad una temperie difficile e critica; un atteggiamento costruttivo che passa dal coraggio di rinnovare attraverso pochi sensati accorgimenti, intercettando quanto di vitale esiste già nella società italiana, supportando le scintille di imprenditorialità esistenti, tutelando la capacità di rischiare, dando spazio alle nuove componenti del lavoro costituite da immigrati e donne, e ristrutturando il terziario in senso competitivo e, per l’appunto, innovativo.
L’innovazione duale
Il territorio come base per lo sviluppo globale
Maurizio Bergamini Riccobon
Franco Angeli 2008 euro 13,50
ISBN 978-88-464-9161-9
www.francoangeli.it