Le Cent Quatre_Halle Aubervilliers

L’inclusione delle politiche culturali all’interno di azioni caratterizzate da una forte valenza economica, destinate ad attivare processi di rigenerazione urbana, ha subito un’accelerazione considerevole in anni relativamente recenti. Da un atteggiamento di totale separazione dell’ambito culturale da quello economico, riscontrabile fino alla fine degli anni ottanta del secolo scorso, quando la cultura era vista più come un mezzo per raggiungere obiettivi di tipo politico e sociale che come un asset strategico capace di generare ricadute di tipo economico, si è passati, dagli anni novanta in poi, ad una sovrapposizione quasi perfetta dei due ambiti di intervento.
Sono trascorsi più di dieci anni da quando Bianchini e Parkinson, in una loro lungimirante pubblicazione sulle politiche culturali connesse a pratiche di rigenerazione urbana nell’Europa Occidentale, hanno sollevato tre interrogativi di fondo, che sembrano perdurare ancora oggi. Secondo la visione dei due autori, posta come innegabile la capacità della cultura di innescare circoli virtuosi all’interno di scenari complessi come le città, ogni qual volta si decide di intervenire nelle realtà urbane in un’ottica di recupero e miglioramento, persistono un “dilemma spaziale” dato dalla dicotomia tra centro e periferia; un dilemma di tipo economico che pone in contrapposizione la produzione ed il consumo di beni e servizi; ed un dilemma che interessa il tipo di attività culturali da finanziare, lasciando aperta la scelta tra iniziative destinate ad esaurirsi in breve tempo come i festival e i grandi eventi, oppure interventi destinati a durare a lungo come la costruzione di nuove infrastrutture. Per sciogliere questi nodi, la soluzione più appropriata passa attraverso l’elaborazione di un “cultural planning”, che consideri la cultura nella sua accezione più ampia e che tenga conto del territorio nella sua totalità.
Valide per spazi antropici di piccole dimensioni, le osservazioni di Bianchini e Parkinson risultano essere maggiormente calzanti se rapportate alle dinamiche che interessano le grandi aree metropolitane contemporanee.
Un esempio recente di riconversione e di rigenerazione urbana guidata da logiche di tipo culturale, è rappresentato da Le Cent Quatre, che – inaugurato l’11 ottobre 2008 a Parigi – si presenta come uno spazio di circa 39mila metri quadri, nato per ospitare artisti provenienti da tutto il mondo; per favorire la creazione e la produzione di opere d’arte nelle sue molteplici forme; per stimolare un confronto continuo tra l’arte e i suoi fruitori. Le Cent Quatre, in quanto ubicato al numero 104 di rue d’Aubervilliers, occupa gli stessi spazi che all’inizio del Novecento furono la sede del Servizio Municipale di Pompe Funebri della città di Parigi. Nelle intenzioni dei due direttori – Robert Cantarella e Frederic Fisbach – scopo principale del progetto è quello di incrementare i canali di accesso alla creazione dell’arte contemporanea, non ponendo nessun tipo di limite alla fruizione di questi contenuti da parte del pubblico, che è chiamato ad essere un soggetto attivo tanto quanto l’artista. Ogni singolo spazio all’interno de Le Cent Quatre, infatti, è stato appositamente pensato per supportare gli artisti durante le varie tappe del percorso di realizzazione di un’opera d’arte, e per mettere in comunicazione coloro che creano con coloro che osservano. Si possono così trovare ambienti con pareti mobili, che si adattano facilmente a lavori dalle dimensioni variabili; uffici, magazzini, guardaroba, corredati di tutto il materiale tecnico e la strumentazione necessaria per dipingere, comporre musica, girare film, sperimentare con la fotografia, la video arte, la moda, il design; stanze in cui allestire esposizioni temporanee, organizzare eventi, tenere workshop e concerti.
Situato nel diciannovesimo arrondissement cittadino, Le Cent Quatre risulta essere un progetto connotato anche da una forte valenza sociale. Questo quartiere, posto al confine nord–orientale della città di Parigi, si caratterizza per essere il più vasto – occupa, infatti, una superficie grande quanto Grenoble o Reims, con una popolazione di circa 190mila abitanti -, il più giovane, il più multiculturale, ma anche il più povero ed il più pericoloso distretto della città. Le peculiarità del diciannovesimo arrondissement, noto per la presenza di 31 comunità provenienti da diversi parti del mondo, per un elevato tasso di disoccupazione – superiore del 20% rispetto alla media nazionale francese -, per la mancanza di zone commerciali, di servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero, con uno scarso accesso all’arte e alla cultura e con standard di vita relativamente bassi, assegnano a questo progetto fortemente voluto dalla Municipalità di Parigi, un importante ruolo di mediatore culturale. Per cercare di sopperire a tali fratture, Le Cent Quatre mette a disposizione degli abitanti del quartiere alcune attività commerciali, una “maison des enfants” per i bambini da 0 a 6 anni, offre dei corsi di lingua francese, garantisce il “10% d’inserzione”, assicurando che un lavoratore su dieci sia una persona proveniente da situazioni marginali, ed inaugurerà entro la fine del 2009 un nuovo spazio di 700 metri quadri, denominato “Start-up Park”, destinato ad ospitare nuove realtà imprenditoriali che da meno di tre anni operano nei settori delle cultural industries.
In un paese come la Francia ed in una città come Parigi, caratterizzati entrambi da un passato coloniale ancora presente e da un elevato tasso di immigrazione, il principale rischio insito nel perseguire una maggiore coesione sociale attraverso l’adozione di politiche culturali, è quello di acuire anziché colmare la separazione tra le molteplici culture. Accade sovente, infatti, che gli artisti provenienti da situazioni di disagio, tendano ad essere riconosciuti più per il valore sociale che per il valore estetico della loro arte, generando in questo modo ulteriori conflitti e disparità. Affinché un progetto culturale di rigenerazione urbana, come Le Cent Quatre, sia capace di apportare dei reali benefici anche dal punto di vista sociale, è necessario, quindi, che esso non persegua una politica culturale banalmente universalista ed ugualitaria, ma che sappia valorizzare ogni singola espressione culturale, evitando di reiterare la classica contrapposizione tra “cultura d’élite” e “cultura popolare”.

Riferimenti:
http://www.104.fr/fr
Bianchini, F. & Parkinson, M. (Eds) (1993) Cultural Policy and Urban Regeneration: the West European Experience (Manchester: Manchester University Press)
Nadia Kiwan, When the Cultural and the Social Meet. A critical perspective on socially embedded cultural policy in France, International Journal of Cultural Policy 13: 2, 153 – 167, 2007