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Intervista ad Andrea Amichetti – Direttore editoriale del magazine Zero
Edizioni Zero nasce a Milano nel 1996. Nel corso di 12 anni sviluppa e approfondisce un sistema di comunicazione che comprende: la periodica gratuita attraverso la pubblicazione del magazine Zero che mappa gli appuntamenti più importanti nelle principali città, la libraria con l’edizione di Guide ai luoghi distribuite gratuitamente e illustrate da giovani fumettisti italiani e il sito che consente di visualizzare in tempo reale ciò che accade in città, di proporre appuntamenti, favorendo l’incontro della Community che da anni collabora con il magazine.
Come è nata l’idea di fondare un magazine gratuito come Zero Magazine completamente dedicato agli eventi?
L’idea è nata nel 1996 con altri due studenti. Eravamo partiti con l’idea di fare un progetto di comunicazione sulla città di Milano dove eravamo tutti arrivati per studiare. Si è trattato all’inizio di una tipica operazione effettuata da teenager che vivono a Milano ma non sono di Milano, e che volevano fare un lavoro consono alle proprie passioni. Eravamo dei consumatori di intrattenimento e di cultura, per cui questo è stato per noi il progetto più semplice da sviluppare. Il progetto è partito inizialmente bene. Poi, nove anni fa, gli altri due hanno lasciato ma nonostante ciò il progetto è continuato mappando la città.
Zero è nato nel 1996. Quali erano le modalità di informazione in quegli anni, per i giovani rispetto agli eventi della loro città?
A quei tempi esistevano delle pubblicazioni che informavano sul tempo libero ma in modo generalista e superficiale che si rivolgevano praticamente a tutti, dai bambini agli anziani. Noi ci siamo inseriti in uno spazio attraverso un gruppo di persone con il nostro stesso stile di vita, giovani tra i venti e i trentacinque anni. L’idea di fare un magazine per informare i giovani su cosa si può fare la sera è risultato vincente.
Quindi si è trattato di una giusta intuizione, no?
Abbiamo anche avuto fortuna. Non c’è mai una consapevolezza. Tu lo fai, poi ti dici “ho avuto fortuna, mi è andata bene”. E’ diventato un lavoro perché ha avuto successo. Si, certo, c’era un mercato che lasciava dei margini di intervento, c’erano informazioni parziali solo dagli allegati dei quotidiani; se facevi parte di un certo tipo di target, anche se raccoglievi tutti i flyer delle feste non ottenevi comunque una visione completa . Ai tempi non esisteva in una città come Milano qualcuno che ne mappasse gli eventi.
Trovi che questa è una situazione che si verifica anche in altre città?
Se lo era prima, negli anni siamo riusciti a stimolare diversi concorrenti e questo è sicuramente un bene. Ora anche i grandi giornali tengono conto di quello che fa Zero. È un riferimento reale non da convegno. Adesso capita spesso che per parlare al target tra i venti e i quaranta anni, si prende come riferimento Zero, che, per quanto riguarda l’informazione su quanto succede in città, sembra essere il giornale più diffuso.
Quali sono gli eventi “stile zero”? Quali caratteristiche devono avere perché se ne parli sul magazine?
Il giornale è anche un giornale di opinioni, di stili di vita, oltre che di eventi. Diciamo al pubblico che esistono anche cose strambe, per esempio diamo spazio non solo alle discoteche ma anche ai centri sociali. La mia generazione ai tempi andava ai centri sociali per ascoltare musica ed intrattenersi. Però poteva anche andare in discoteca: ed era qualcosa di diametralmente opposto da come era dipinto all’esterno. Oggi allo stesso tempo il giornale parla sempre più di stili di vita: si va dall’evento nella chiesa del Duomo all’evento di nicchia in uno scantinato ma poi si segnala anche il concerto vero e proprio. Per anni abbiamo sostenuto che l’arte contemporanea fosse sopravvalutata, tutti sono diventati giovani creativi. Invece delle mostre di arte contemporanea, noi consigliavamo di andare a vedere la cresima al Duomo.
Come vengono scelti i collaboratori della rivista?
In realtà, non si effettua una scelta ed una ricerca vere e proprie. Chi è interessato passa direttamente in redazione, per proporre i propri eventi o anche solo le sue passioni: oggi è un flusso continuo: da chi segue il metal, da chi fa eventi per bambini. È diventato anche un posto dove esprimersi, e a tal proposito è stato aperto un sito per ospitare le differenti voci.
La redazione ed i collaboratori come funzionano? Hanno una funzione anche di “scouting”, ovvero di ricerca eventi o luoghi interessanti?
L’attività di ricerca di eventi interessanti è sicuramente la base. Ci gioviamo di una redazione di circa trecento persone in diverse città di Italia che vanno in giro. Tra tutti poi emergono quelli che sono davvero bravi a raccontare le città. Nessuno dei collaboratori è professionista, è una scelta precisa.
I progetti con i partner e le aziende come nascono? Che rapporto si stabilisce con loro?
Noi da una parte facciamo il giornale, il cui primo progetto è quello della copertina. Lo staff creativo, partendo dal prodotto di punta di brand affermati, ne rielabora creativamente packaging e logo. Il risultato è una comunicazione di immediata riconoscibilità, divenuta nel tempo una vera e propria icona. Ci occupiamo, poi, di produrre allegati per festival ed eventi. Zero realizza edizioni speciali in occasione di appuntamenti di particolare rilevanza per il suo target e progetti di comunicazione personalizzati per i propri clienti. In questi casi, fermo restando il progetto di comunicazione per il cliente e le sue particolari esigenze, la pubblicità è completamente separata dall’attività della redazione.
La stessa cosa succede per le Guide, pubblicazioni apposite per clienti di cui si comprendono e si comunicano le esigenze, facendo salva l’identità di Zero. Nelle guide non ci sono pubblicità dei nostri inserzionisti. Si continua a parlare di eventi di qualità, di eventi che prima vediamo, poi suggeriamo. Il nostro lavoro non è mai una lavoro da comunicato stampa. Il nostro modus operandi è quello di dare a chi legge Zero – visto che non abbiamo scopo in alcun modo didattico – soprattutto emozioni, esperienze.
Le pubblicazioni sono gratuite. Qual è, quindi, il modello di business che è alla base?
Ci basiamo essenzialmente sulla raccolta pubblicitaria, abbiamo sviluppato una concessionaria interna dedita che si estende sia a livello locale, sia a livello nazionale. Abbiamo acquisito nel tempo un modo di operare per cui cerchiamo di essere indipendenti. Ad oggi abbiamo una base di 180 clienti ai quali ci proponiamo, ma speriamo comunque di crescere ulteriormente.
Che ritorno registrate in termini di pubblico?
Il magazine che si rivolge ad un target di giovani (20/35 anni), con un network di 7 edizioni distribuite nelle principali città italiane (Milano, Roma, Bologna, Torino, Firenze, Napoli, Veneto), ha raggiunto una tiratura di 575.000 copie mensili sull’intero circuito nazionale. Per altri versi, però, il ritorno si può registrare anche dalla porta della redazione che è sempre aperta: il nostro giornale è visitato in modo molto spontaneo, ci arrivano segnalazioni pari a circa centomila l’anno.
Lei compare nel contro-comitato che risponde a Massimiliano Finazzer Flory, Assessore alla Cultura del Comune di Milano. Il comitato vede la partecipazione di 30 saggi ed ha come obiettivo quello di dare una svolta alla politica culturale della città. Cosa la spinge a partecipare ad un’iniziativa del genere, cosa ne pensa?
Io ho accettato l’invito poiché proveniva da persone che conosco e che stimo molto. La mia intenzione è solo quella di confrontarmi con gente, come me, attiva in città. Ho accettato essenzialmente perché la proposta è arrivata dal gruppo di Esterni, che è una risorsa che lavora molto per la città di Milano. Per me non è una risposta alle istituzioni. Può influenzare le istituzioni e la loro politica? Non lo so. Io non ho mai incontrato nessun personaggio istituzionale, non ne ho esperienza. So che il mio giornale è stato un esempio per molti ed il mio non è un atteggiamento di contrapposizione. Io intendo partecipare, farmi una chiacchierata seria, se poi mi si chiede delle politiche culturali in città, io posso solo mostrare il mio lavoro, il giornale che ci permette di sentire la gente, di parlarci. Sono dell’avviso che ciascuno deve avere la sua professionalità. Magari questa è un’occasione per proporre e fare qualcosa. Io non voglio rispondere all’Assessore, perché non ne conosco i progetti. Registro solo una mancanza di visione e di coraggio a Milano. Si aspetta soltanto l’Expo. Ma è una situazione che si riscontra praticamente in tutte le città italiane. Per questo motivo penso di parteciparvi: per confrontarmi con altri.