cantiere edile

Nel giorno della Conferenza unificata Stato – Regioni è il “piano casa” il vero protagonista del confronto tra il governo e i presidenti delle venti regioni italiane.
La bozza di decreto legge contenete le “Misure urgenti per il rilancio dell’economia attraverso la ripresa delle attività imprenditoriali edili” – ribattezzata “piano casa” -, è stata inviata lo scorso venerdì 20 marzo ai presidenti delle Regioni e ai rappresentanti delle Province e dei Comuni, destando fin da subito accese polemiche non solo da parte di alcuni esponenti della scena politica, ma anche da parte del mondo dei beni culturali e delle associazioni ambientaliste.
Il piano prevede, infatti, la possibilità di effettuare interventi di ampliamento, abbattimento e ricostruzione degli immobili anche in luoghi sottoposti a vincolo e a tutela paesaggistica, semplificando le procedure per l’ottenimento delle relative autorizzazioni. Risultano escluse dal piano solo le aree gravate da vincolo di inedificabilità assoluta, comprese quelle che ricadono nelle zone A dei parchi nazionali, regionali e interregionali, e delle aree naturali ed archeologiche.
Se il decreto resterà così com’è per intervenire in tutte le zone sottoposte a vincoli diversi rispetto a quello integrale sarà sufficiente ottenere un nulla osta da parte delle autorità preposte alla tutela dei vincoli, che scatterà automaticamente dopo 30 giorni dall’invio della richiesta, se non si sarà ottenuto un parere contrario prima della scadenza di tale termine. Stessa cosa per gli interventi da realizzare all’interno dei centri storici, per i quali sarà necessario inviare la denuncia di inizio attività alla Soprintendenza competente, che potrà esprimersi sempre entro il termine perentorio di 30 giorni.
Misure queste che vedono schierate sul fronte del no importanti associazioni per la tutela dei beni architettonici, del paesaggio e dell’ambiente come Italia Nostra, Legambiente ed il WWF, che ha definito il piano casa “un attentato al territorio senza precedenti”.
Nel suo discorso di insediamento il neo presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali, Andrea Carandini, ha espresso le sue perplessità nei confronti di un decreto che “rischia di portare nuove rughe al volto già usurato del nostro paesaggio”, affermando che vanno comunque escluse dal nuovo piano per il rilancio dell’edilizia tutte “le aree ad alto grado di tutela o a tutela integrale previste nei pochi piani paesaggistici già adottati o approvati, i beni immobili di interesse culturale sottoposti a disposizioni di tutela del codice e le zone perimetrate come ‘centro storico’ e ‘città storica’ dagli strumenti urbanistici vigenti”.
In un Paese dove, tra il 1999 ed il 2004, le aree urbanizzate sono cresciute in Lombardia di 24.742 ettari, dove in Liguria dal 1990 ad oggi oltre il 45% del territorio libero è stato edificato, dove in Veneto dal 2001 al 2007 sono state costruite case d’abitazione per circa 40 milioni di metri cubi all’anno, un piano che autorizza un ulteriore avanzamento della cementificazione a scapito delle porzioni di paesaggio ancora intatte o tutelate, sembra essere la via meno idonea per contrastare l’impoverimento e la perdita di attrattività del nostro territorio. Per evitare di offrire una sostanza paesaggistica ulteriormente svilita nella sua essenza occorre, invece, in accordo con quanto espresso da Carandini, completare quanto prima i piani paesaggistici, regolamentando l’attività edilizia nel rispetto delle norme previste dal Codice dei beni culturali.