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La gratuità dell’accesso ai contenuti digitali ha il limite evidente, ma spesso dimenticato, del rispetto della legalità. La pirateria digitale, che colpisce soprattutto software, libri, musica, film e serie tv, genera ogni anno in Italia un danno che si aggira intorno ai 2 miliardi di euro, con conseguenze dirette sul fatturato delle creative industries che realizzano, producono e distribuiscono i prodotti vittime della contraffazione e del commercio illegale attraverso il web.
Tra tutti i settori interessati dal fenomeno della pirateria digitale, quello dell’audiovisivo è tra i più colpiti a livello internazionale. La Motion Picture Association of America, che riunisce le principali case cinematografiche statunitensi, nella sua ultima indagine ha calcolato in oltre 18 miliardi di dollari all’anno la perdita dell’industria a livello globale dovuta alla pirateria. Di questi, circa il 40% è rappresentato dalla pirateria online. Si stima che in media il 90% dei film messi in rete a ridosso dell’uscita cinematografica viene registrato nelle sale, e più dell’80% delle pellicole è disponibile sul web entro il secondo giorno di programmazione. Secondo TorrentFreak.com, sito che conteggia i download dalle reti peer to peer, nel 2008 ogni singolo episodio della serie televisiva “Lost” è stato scaricato illegalmente oltre 5 milioni di volte, soprattutto al di fuori degli Stati Uniti.
La FAPAV, Federazione Anti – Pirateria Audiovisiva, ha presentato giovedì 16 aprile 2009, presso la Casa del Cinema di Roma, la prima ricerca dell’industria audiovisiva sulla pirateria cinematografica italiana, stimando una perdita complessiva di fatturato pari a 530 milioni di euro, a danno soprattutto dell’acquisto di DVD originali, del noleggio e della visione presso le sale cinematografiche. Lo studio condotto dalla FAPAV su un campione di 2038 adulti, ha fatto emergere tre principali forme di pirateria: una pirateria fisica, caratterizzata dall’acquisto di DVD contraffatti oppure copiati in casa; una pirateria digitale, a cui appartengono il download di film completi – con e senza l’utilizzo di software peer to peer -, la visione in streaming e la copia su sopporti digitali di riproduzioni contraffate; e una pirateria indiretta, a cui appartiene la semplice visione di una copia illegale presa in prestito da terzi. Il 32% del campione intervistato è entrato in contatto con copie non originali negli ultimi dodici mesi, con un aumento della fruizione in streaming del 7% rispetto all’anno precedente e con una media di 12,6 titoli scaricati nell’ultimo anno, per un totale di circa 355 milioni di unità illecite usufruite nel corso degli ultimi dodici mesi. Per quanto riguarda le fonti, il maggiore contributo proviene ancora dall’acquisto di DVD contraffatti – circa 60 milioni di copie illecite -, dal “peer to peer” – circa 50 milioni -, e dalle copie diffuse attraverso supporti digitali – circa 50 milioni. Il rimanente 40% è equamente suddiviso tra il prestito di DVD e la visione di materiale di terzi, con circa 60 milioni ciascuna. Il 60% dei “pirati”, che ha un’età media compresa tra i 15 e i 34 anni, è consapevole del fatto che la pirateria in tutte le sue forme rappresenti un reato penale, punibile a norma di legge.
La normativa italiana in materia di pirateria è una delle migliori in Europa, con sanzioni mirate che prevedono ad esempio la reclusione da 1 a 4 anni ed una multa da 2.582 a 15.493 euro per chiunque immetta a fini di lucro, in un sistema di reti telematiche, un’opera dell’ingegno protetta da copyright. Un sistema di controllo di cui la maggior parte sembra non preoccuparsi a causa delle scarse verifiche e della mancanza di un’intesa con gli intermediari, in particolare con gli internet service provider.