Intervista al Dott. Pompeo Martelli – direttore scientifico del Museo Laboratorio della Mente di Roma

mlm8Coinvolgere attivamente il visitatore era l’obiettivo del nuovo percorso museale del Museo Laboratorio della Mente. Obiettivo raggiunto grazie alle installazioni tecnologiche realizzate da Studio Azzurro. Dott. Martelli, come è nata la collaborazione con Studio Azzurro?
Nel 2005 sentimmo l’esigenza di concentrarci  meglio sugli allestimenti museali, per lasciare che l’istituzione funzionasse indipendentemente da chi vi lavorava. Decidemmo di chiedere un finanziamento alla Regione Lazio (arrivarono 190.000 euro, cifra che dovette contenere non solo i costi delle nuove tecnologie, ma anche quelli di adeguamento della struttura per l’utilizzo delle tecnologie) per un rimodellamento del percorso museale; prendemmo coscienza del fatto che in Italia non esistesse alcun Museo che fosse un Laboratorio sulle tematiche della salute mentale:  gli altri due poli attualmente esistenti, l’ex Manicomio San Lazzaro di Reggio Emilia e l’ex Manicomio di San Servolo di Venezia, sono nati successivamente e su basi differenti: il primo, ha curato il patrimonio e le collezioni artistiche che possedeva con il risultato di poter vantare un interessante apparato iconografico; il secondo, afferente alla Provincia di Venezia e alla Fondazione San Servolo, ha scelto la linea storiografica.
La collaborazione con Studio Azzurro iniziò quasi per caso.
Negli anni il nostro Centro è divenuto un attrattore per molti specializzandi e tirocinanti, tra cui una laureanda in Antropologia, che decise di sviluppare una tesi sui modelli espositivi del Museo Laboratorio, e su come si potesse lavorare sulle problematiche della salute mentale nella dimensione museale; questa studentessa, ci suggerì di contattare Studio Azzurro.

Come sono state identificate le tecnologie applicate? Quali sono gli scopi che ci si è prefissati di raggiungere attraverso l’implementazione delle nuove tecnologie?
La richiesta fatta a Studio Azzurro fu duplice: sposare le nuove tecniche di esposizione con le nostre idee e rendere il percorso più ricco e suggestivo.
Studio Azzurro ha interamente ideato le strutture tecnologiche impiegate, mentre Il Museo ha partecipato alla fase di testing dei progetti realizzati, operazione che ha richiesto circa un anno, per individuare quali exhibit fossero più adatti alle finalità del percorso museale.
Grazie a Studio Azzurro abbiamo ricostruito l’intero percorso espositivo, ora composto da 7 aree espositive che possono essere ritrovare sinteticamente nel sito web www.museodellamente.it:  le aree richiedono una partecipazione attiva dello spettatore.
Il percorso parla da solo. Il Museo ha solo bisogno di una guida che accompagna i visitatori alla scoperta del percorso e all’interazione con le installazioni.

Potrebbe descrivere brevemente le tipologie di tecnologie utilizzate?
Alcuni esempi dell’innovazione tecnologica ideata da Studio Azzurro sono:
Il Tavolo delle Voci: attraverso un essenziale allestimento espositivo, un tavolino e una sedia dell’xx manicomio, permettiamo ai visitatori di sperimentare la potenza dell’essere posseduto dalle voci. Il tavolo è costruito in modo tale da costringere il fruitore ad appoggiarvisi, tenendo la testa tra le mani, ed assumendo una posizione di isolamento: nel momento in cui le mani vengono appoggiate alle orecchie, i sensori presenti all’interno del tavolo, attivano delle tracce sonore che passano attraverso il corpo (filastrocche appositamente incise e che non hanno alcun legame con la malattia mentale per evitare la drammatizzazione dell’esperienze).
-Riattivazione della macchina fotografica del manicomio: tutti i visitatori vengono fotografati all’interno di un set che riproduce quello dell’antico manicomio, costituito da una serie di lavagnette appese dietro al soggetto fotografato; la scelta di questo allestimento è dovuta al fatto che sulle lavagnette venisse scritto il nome del paziente, fotografato per essere ammesso in manicomio per la prima volta. I visitatori non sono consapevoli del perchè viene loro fatta una foto, ma nel momento in cui la fanno, assumono una posizione fisica di richiamo alla condizione del paziente. Le fotografie vengono successivamente riprese su una grande lavagna lsu cui si mescolano a quelle dei pazienti di un tempo. I visitatori vengono poi seduti davanti alla lavagna, che devono attivare dondolando, vivendo così un’altra esperienza estraniante: l’oscillazione ritmica e ripetitiva come elemento di contenimento dell’angoscia; l’immedesimazione con la figura del paziente viene acuita dall’ascolto di frammenti di racconti man mano che ci si avvicina, dondolando, alla lavagna.
-Il Muro. Una parete, su cui sono proiettate immagini di persone che vi sbattono contro cercando di attraversarlo, divide in due il percorso museale: nella prima fase della visita, il muro esclude il visitatore, definito come metafora dell’esterno, mentre nella seconda fase, diventa inclusivo, perché è il visitatore stesso ad essere dietro il muro. Il soggetto diventa protagonista di uno scenario in cui normalità e anormalità non sono altro che elementi della vita delle persone. La malattia mentale è un accadimento dell’esistenza e come tale ne abbiamo traccia, rappresentazione e  possiamo perciò identificarlo come discontinuità interna al percorso della nostra esistenza, e andare oltre, guarire.

mlm5Le tecnologie utilizzate hanno contribuito a dare risalto al Museo Laboratorio della Mente nel panorama europeo? Può essere considerato un esempio in termini di coinvolgimento del visitatore?
Attualmente facciamo parte di una rete museale europea: siamo partner con il Museum Dr. Guislain di Gent, in Belgio, e con il Museo Nazionale della Psichiatria olandese di Harlem, Het Dolhuys.
Alcuni di questi musei sono maggiormente orientati alla storiografia psichiatrica, altri, con cui abbiamo maggiori affinità, alla strutturazione di percorsi espositivi basati sul binomio normalità/anormalità, comunità/esclusione e sulle tematiche sociali. Altri ancora lavorano sulla dimensione artistica, sull’arte irregolare e la scrittura creativa.
Grazie alla poliedricità dell’attività del Museo Laboratorio della Mente, aumentata grazie al contribuito delle nuove tecnologie, abbiamo creato rapporti di intesa con tipologie diverse di musei psichiatrici, realizzando progetti importanti quali la produzione di audiovisivi sottotitolati in inglese, contenenti testimonianze di percorsi di recovery di diversi paesi europei con lo scopo di creare una strategia comune per i percorsi di assistenza, riabilitatone, di educazione, e prevenzione della salute mentale.
La tecnologia sviluppata da Studio Azzurro può definirsi più che innovativa: nessuno dei Musei psichiatrici nazionali ed europei può vantare così alti livelli di coinvolgimento del visitatore. Anche il Museo nazionale psichiatrico di Harlem, molto attento ai giovani, soprattutto dal punto di vista artistico e multimediale, non raggiunge l’innovazione del modulo creativo di Studio Azzurro, capace di coniugare arte e multimedialità, raggiungendo in maniera efficace il pubblico.

Quali sono i risultati fino ad ora raggiunti? Sono stati riscontrati miglioramenti in termini di fruizione e valorizzazione a seguito dell’implementazione delle nuove tecnologie?
Il nuovo percorso museale è stato inaugurato a metà dell’ottobre 2008 e, ad oggi, abbiamo avuto circa 5000 visitatori, un risultato e norme considerando che la visita è esclusivamente guidata e per un massimo di 30 persone contemporaneamente; lavoriamo quotidianamente su piccoli numeri: abbiamo  una media di tre visite al giorno (due alla mattina e una al pomeriggio) della durata di 2 ore ciascuna.
La gestione ha subito un grosso mutamento: dovendo far fronte alla necessità di nuovo personale e ai recenti costi di gestione tecnologica, abbiamo dovuto inserire un contributo alla visita guidata. Stiamo lavorando anche per riuscire a tenere aperto il Museo la domenica, cosa al momento impossibile, sempre per mancanza di risorse umane e di fondi: il Museo è una struttura dell’Azienda Sanitaria Locale Roma E,  il bilancio del museo viene tenuto in pari pagando con i ricavi delle visite le figure che collaborano con noi; l’Azienda si occupa della manutenzione ordinaria della struttura, mentre il Museo si fa carico della manutenzione straordinaria. Infine, stiamo pensando di utilizzare la formula del contratto a progetto per i nostri collaboratori.

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