artisti in piazza montecitorio contro tagli al FUS

La riduzione dello stanziamento complessivo del Fondo Unico per lo Spettacolo, resa nota con il Decreto Ministeriale emanato il 13 febbraio 2009, ha portato i protagonisti dei mondi del cinema, del teatro, della danza e della musica, a manifestare lunedì 20 luglio in piazza Montecitorio, di fronte alla Camera dei deputati, per chiedere il reintegro del FUS ed evitare così la “morte della cultura italiana”.
I tagli previsti ammontano a 130 milioni di euro, portando i fondi messi a disposizione del settore dello spettacolo dai 456 milioni di euro stanziati nel 2008 ai circa 380 milioni di euro da attribuire nel corso del 2009 a fondazioni lirico-sinfoniche, cinema, attività teatrali di prosa, attività musicali, danza, circhi e spettacolo viaggiante. I margini d’azione per evitare tale manovra sembrano essere davvero pochi, se si considera che la riduzione del FUS rientra tra le misure finanziarie fissate dal decreto anti-crisi, giunto ormai al rush finale alla camera e vicino alla sua approvazione.
A sostegno di tutti coloro che a vario titolo lavorano in quest’ambito è sceso in campo anche il presidente Napolitano, il quale condivide la preoccupazione degli artisti per i tagli a cinema, teatro, danza, musica, invitando alla riflessione e ad ogni possibile ripensamento. Inoltre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, fa sapere che si sta battendo con tutte le sue forze per far cambiare idea a Giulio Tremonti, ma che questa volta la battaglia è davvero dura, in quanto il ministro dell’Economia non è intenzionato a tornare sui suoi passi.
Intanto il ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi, di cui i manifestanti hanno chiesto le dimissioni per non aver mantenuto fede alle promesse fatte, dichiara – attraverso una lettera aperta pubblicata oggi sul Corriere della Sera -, di conoscere le difficoltà evidenti del mondo della cultura e dello spettacolo e si mostra “propenso a favorire una vasta politica di defiscalizzazione […], che aiuti a superare il centralismo dirigistico che ha contraddistinto il settore dello spettacolo, con sprechi e storture che in parte giustificano un diverso utilizzo dei fondi pubblici”.
Come messo in evidenza dalla “Relazione sull’utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo – Anno 2007”, il FUS ha conosciuto nel corso degli anni che vanno dal 1985 al 2007 una riduzione del 43,7%, tenuto conto del mutato potere d’acquisto della moneta. In particolare a partire dal 2003, il FUS ha subito vistosi tagli tornando ai valori registrati alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Inoltre l’andamento del rapporto tra il Fondo Unico per lo Spettacolo ed il Prodotto Interno Lordo, che evidenza la porzione di reddito che nel nostro paese è destinata allo spettacolo, mostra come nel periodo che va dal 1985 al 2007 tale porzione si sia fortemente ridotta fino a raggiungere la quota dello 0,00028% nel 2007, contro lo 0,00085% registrato nel 1985, equivalente ad una diminuzione del 66,2% e dello 0,8% rispetto al 2006. Mentre nello stesso periodo il Prodotto Interno Lordo si è quasi quadruplicato crescendo mediamente del 3% annuo, la quota destinata allo spettacolo è progressivamente diminuita.
Forse, come già qualcuno suggeriva un po’ di tempo fa, viste le ridotte dimensioni del Fondo Unico per lo Spettacolo, che incide per una frazione infinitesimale del bilancio pubblico, è davvero giunto il momento di prendere in considerazione la possibilità di rendere la spesa per lo spettacolo, e per la cultura in generale, una spesa in conto capitale che abbia le caratteristiche di stabilità nel tempo, al fine di dare maggiore certezza agli operatori e di slegare l’andamento dell’investimento in cultura dal ciclo economico.

I tagli del FUS su Tafter