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La questione sollevata dal giornalista Antonello Cherchi sulle pagine del Sole24Ore subito dopo ferragosto sullo stato di stallo in cui si trova la gestione, affidata ai privati, dei servizi aggiuntivi dei musei, dei monumenti e delle aree archeologiche statali, ha suscitato l’interesse dall’Antitrust, chiamato ad intervenire a causa di alcune distorsioni rilevate nelle concessioni di tali servizi.
Sui medesimi punti si era già espressa, durante il mese di maggio, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che aveva riscontrato delle irregolarità nella maggior parte delle concessioni, in quanto erano state disattese le disposizioni sui contratti pubblici, in particolare quelle europee, venendo meno al principio generale di trasparenza e all’obbligo di pubblicità previsto dalle disposizioni del Trattato. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva fatto notare, inoltre, che la mancanza di una normativa omogenea era un’ulteriore causa del disordine generale, in quanto “nel predisporre i bandi di gara, i vari direttori regionali e i soprintendenti operano interpretando la normativa di settore e le varie circolari emanate, in mancanza di un chiaro ed univoco orientamento”.
Lunedì 31 agosto anche l’Autorità per la Concorrenza ed il Mercato ha chiesto parità di condizioni di accesso per tutte le imprese, attraverso la realizzazione di gare trasparenti e non discriminatorie. L’intervento dell’Antitrust è giunto a seguito di una denuncia presentata da Confcultura, l’associazione che riunisce la maggior parte delle imprese concessionarie in Italia dei servizi aggiuntivi museali, sulla base di alcune “distorsioni concorrenziali nel mercato della fornitura dei servizi aggiuntivi per i musei”. Come messo in evidenza dall’Antitrust, “la domanda di tali servizi per la valorizzazione dei beni museali e dei siti culturali in genere proviene quasi esclusivamente da soggetti pubblici, quali le Sopraintendenze regionali, articolazioni territoriali del Ministero per i Beni e le Attività culturali, o dalle Fondazioni, che gestiscono le collezioni o siti culturali”. Inoltre “l’offerta di tali servizi in Italia si caratterizza per la presenza di numerosi incroci proprietari tra imprese private e imprese a capitale misto pubblico-privato, e per la modalità di partecipazione alle gare che avviene per lo più in forma associata mediante raggruppamenti temporanei di imprese”. Addirittura, continua l’Autorità per la Concorrenza e il Mercato, proprio “la presenza di imprese a capitale misto e controllate da enti territoriali nel mercato in questione può implicare, come talvolta avviene, che tali servizi vengano affidati in assenza di gara”. E’ quanto avvenuto, ad esempio, a Caserta dove il servizio di promozione di una mostra che si è svolta di recente presso il museo della Reggia di Caserta è stato affidato, senza gara, alla società SCABEC, Società Campana per i Beni culturali, in seguito ad accordi intercorsi direttamente tra la Regione Campania e la SCABEC stessa. La SCABEC, costituita nel 2003 dalla Regione Campania con lo scopo di “valorizzare il sistema dei Beni e delle Attività Culturali quale fattore dello sviluppo” regionale, è divenuta successivamente una società per azioni a capitale misto pubblico-privato, con il 51% del capitale sociale versato dalla Regione Campania, ed il 49% dalla società Campania Arte S.r.l., che comprende alcune aziende specializzate nei diversi settori della filiera dei beni culturali, dai servizi di accoglienza alla promozione.
Proprio per esorcizzare il perpetuarsi di situazioni di questo tipo, l’Antitrust ha osservato “come la principale preoccupazione concorrenziale concernente il mercato della fornitura dei servizi aggiuntivi debba essere volta a scongiurare che si creino situazioni di monopolio o di ingiustificato vantaggio competitivo a favore di imprese che, grazie alla proprietà pubblica delle stesse, potrebbero essere avvantaggiate nell’assegnazione dei servizi aggiuntivi in musei e siti anch’essi di proprietà pubblica”. A questo proposito è stato chiamato ad intervenire anche il neo direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Mario Resca, il quale ha dichiarato che il Ministero tenie moltissimo alla trasparenza del mercato dei servizi aggiuntivi e che sta già lavorando per definire nuovi criteri per le gare che tengano conto del merito. Un impegno questo che non più essere eluso se si vuole evitare che gran parte delle concessioni in scadenza finiscano per arenarsi davanti ai giudici amministrativi, e se si vuole che i servizi aggiuntivi tornino a rappresentare un’importante misura per il contenimento della spesa pubblica a favore dei musei.