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La diatriba in corso tra il motore di ricerca più famoso del mondo e gli autori ed editori statunitensi ha attraversato l’oceano per approdare in Europa. Sono molti i paesi europei – Francia, Italia, Germania, Austria, Norvegia e Svezia – ad essere scesi in campo contro “Google Book Search”, l’ambizioso progetto che prevede di digitalizzare tutti i libri pubblicati in qualsiasi parte del mondo, quale importante tassello della più ampia mission della società di Mountain View, di “organizzare tutte le informazioni del mondo per renderle universalmente accessibili ed utilizzabili”.
Nato nel 2002 come progetto segreto interno all’azienda, Google Book Search si è trasformato in un vero e proprio investimento, che vale oggi svariati miliardi di dollari e che continua ad incontrare numerosi ostacoli, legati sia alle difficoltà tecniche di dover commutare in formato digitale milioni e milioni di volumi cartacei, sia alle questioni legali sollevate da quanti vedono in Google Book una minaccia per il diritto d’autore. Una paura che ha portato nel 2005 l’Authors Guild e la Association of American Publishers a presentare una class action contro Google, in cui si sostiene che la pratica di scannerizzare testi coperti da copyright per essere utilizzati all’interno del motore di ricerca Book Search, avviata da Google, sia una violazione del diritto d’autore. Ora la società californiana è in attesa di sapere se la cifra di 125 milioni di dollari, stabilita per compensare i danni subiti da autori ed editori le cui opere sono state digitalizzate senza il loro permesso, attraverso cui la società si garantirebbe anche il diritto di distribuire e i “libri orfani” e quelli fuori commercio, sarà giudicata idonea da Denny Chin – il giudice della Federal District Court for the Southern District of New York, che ha fatto condannare Bernie Madoff -, e se l’US Department of Justice dichiarerà l’accordo lesivo delle leggi sull’antitrust.
Una decisione questa che ha fatto seguito alle denunce presentate da molte organizzazioni non profit, associazioni bibliotecarie e singoli cittadini, che si sono coalizzati contro Google Book, dando vita alla Open Book Alliance, capeggiata da Gary L. Reback, un giudice esperto in materia di antitrust della Silicon Valley, e dall’Internet Archive, e sostenuta da importanti colossi americani come Microsoft, Amazon e Yahoo.
Al centro della questione non c’è solo il problema della mancanza di una reale concorrenza, in quanto Google godrebbe di una licenza quasi esclusiva che gli permetterebbe di guadagnare milioni di dollari dalla commercializzazione dei libri orfani e fuori commercio e di decidere in piena autonomia il prezzo a cui rendere accessibili i servizi offerti tramite Google Book Search, ma anche quello della tutela della privacy. Secondo quanto riportato da Maggie Shiels, una giornalista della BBC News, l’Electronic Frontier Foundation, la ACLU of Northern California e l’associazione Consumer Watchdog hanno scritto a Google per chiedere che la società “assicuri agli americani che Google garantirà la sicurezza e la libertà personali come le biblioteche hanno fatto per lungo tempo: libertà di leggere e conoscere qualsiasi cosa senza doversi preoccupare del fatto che qualcuno li osservi dall’alto o ripercorra a posteriori i loro stessi passi”. Una preoccupazione condivisa anche dall’American Libraries Association (ALA) ed espressa attraverso le parole del suo direttore Corey Williams, il quale ha affermato che “quando si parla di privacy, l’accordo tace e non fa alcun riferimento a ciò che Google intende fare con i dati raccolti”.
Contro l’accordo siglato tra Google e gli autori ed editori statunitensi è scesa in campo anche la FEP, la Federazione Europea degli Editori, preoccupata per le sorti delle opere europee. A questo proposito Google ha fatto sapere che i libri fuori commercio negli Stati Uniti, ma ancora coperti da copyright in Europa, non saranno resi disponibili all’interno di Google Book Search senza il consenso di coloro che ne detengono i diritti d’autore. Intanto lunedì 7 settembre la commissaria europea responsabile per l’Information technology, Viviane Reding, e suo il collega Charlie McCreevy, che si occupa di mercato interno, hanno annunciato che durante la settimana discuteranno delle sfide lanciate dalla digitalizzazione al patrimonio librario europeo con editori, biblioteche, aziende che operano nel campo dell’Information Technology, organizzazioni di consumatori e tutti coloro che sono interessati a trovare la giusta soluzione al problema, perché quanto più lentamente l’Europa si muove verso il digitale, tanto più la cultura europea potrebbe risentirne in futuro. Come messo in evidenza dai due commissari solo l’1% dei libri conservati nelle biblioteche nazionali europee sono stati digitalizzati, lasciando aperte numerose opportunità sia dal punto di vista culturale che da quello economico. Allo stesso tempo Viviane Reding e Charlie McCreevy si sono dichiarati disponibili a rivedere il sistema di copyright attualmente presente in Europa, ancora troppo frammentato e forse non più idoneo a garantire e la giusta tutela di autori ed editori e il libero accesso alle opere da parte dei fruitori nell’era del digitale.
Non rimane, dunque, che aspettare il mese di ottobre per sapere se Google ed il suo progetto Google Book Search avranno la meglio oppure no.