Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Fine anno, tempi di bilanci. In Gran Bretagna, per esempio, alla vigilia di Natale, The Times suggella l’anno che volge al termine assegnando il ”Briton of the Year”, un prestigioso premio al personaggio inglese che ha inciso in modo più influente nella politica e nell’economia del paese. Nel 2008, secondo l’autorevole quotidiano, la figura che più di ogni altro ha meritato questo riconoscimento si chiama Neil MacGregor – Direttore del British Museum. In Inghilterra è diventato una legenda perché non solo ha saputo far diventare il museo da lui amministrato il più importante attrattore del suo paese, ma molto probabilmente è riuscito a creare la più attraente istituzione culturale del mondo. Il suo soprannome è diventato, non a caso, il Santo. Quando nel 2002 prese l’incarico, il museo aveva un flusso di visitatori inferiore al milione e un passivo di cinque milioni di sterline, oltre ad avere un terzo degli spazi chiuso e una buona parte del personale che stava per essere licenziato. Dopo sei anni, alla fine del 2008, il Museo può contare sui sei milioni di visitatori annui e soprattutto è l’istituzione pubblica che ha la maggiore facilità di attrazione di investimenti privati. Ma cosa è riuscito a fare esattamente e com’è riuscito in questa impresa? MacGregor ha fatto diventare il British Museum un luogo in cui riversare le contese e il dibattito contemporaneo con un approccio fresco e di profonda comprensione. Ha creato importanti legami con la Cina, l’Iraq e l’Iran, riuscendo ad aprire il museo a tutti quei paesi che non godevano di relazioni di privilegio politico con l’Inghilterra e il mondo Occidentale. Ha costruito importanti connessioni con l’establishment politico, che ha saputo utilizzare non a suo favore personale, ma che ha messo a disposizione del museo, trasformando il British Museum in un istituzione al servizio di tutti.
Ha collocato il “British” al centro del dibattito, servendosi della sua capacità di lettura del cambiamento, e lo ha elevato non solo a osservatorio privilegiato del buonsenso della storia, ma ne ha fatto l’anfiteatro di discussione e di confronto meno artefatto al giorno d’oggi. Il suo coraggio è stato premiato dal grande pubblico e dagli investitori privati, che nel 2009 ne appoggeranno ancora con più forza le mostre su Shah Abbas e Montezuma, in cui McGregor vuole esplorare la creazione dell’Identità Nazionale. I temi che affronta sembrano apparentemente marginali, ma in realtà sono sempre al centro di dinamiche di comprensioni più ampie. Il grande successo sta nella lezione di MacGregor che anche il grande pubblico sta assorbendo: solo con la comprensione reale, non statica del passato, e aperta al confronto saremo in grado di affrontare con gli strumenti giusti il nostro futuro. Saremo in grado, anche noi in Italia, di arricchirci di questo insegnamento?