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La globalizzazione della cultura
“Museo S.p.A., a quanto pare, non è un libro sui musei in generale né un libro sui musei in un determinato periodo storico, e nemmeno un libro sul Guggenheim Museum: è un libro su un direttore di museo di nome Tom Krens- una contingenza storica, ma una contingenza storica interessante”.
Così si conclude un pamhplet tagliente, pieno di considerazioni esplicite e dirette a svelare i meccanismi perversi del mondo dell’arte: Museo S.p.A. è una critica fin troppo scomoda che suonerebbe inopportuna se non ci trovassimo di fronte a Paul Werner, collaboratore per nove anni al Guggenheim di New York in qualità di lecturer ed esperto di arte contemporanea.
Uno sguardo da dentro, frutto dell’esperienza pluriennale di “dipendente” che spazia dall’arte contemporanea all’arte cinese, dall’arte africana alle motociclette e a tutto ciò che, per Krens, meritava il nome di “arte”. Ecco come l’autore definisce la sua esperienza di “tuttologo” al Guggenheim Museum: “ E’ stato divertente. Ho guadagnato un po’ e imparato molto, e adesso è giunto il momento di vuotare il sacco.”
Werner ci accompagna in una lettura avvincente e curiosa, che smaschera i lati oscuri del binomio arte- capitale, attraversando, capitolo dopo capitolo, il complesso sistema dei musei americani, la cui vera funzione, si legge, è riciclare i soldi dei loro finanziatori, non trasformando un bene in un altro, ma elevando l’opera d’arte a strumento di potere e fiducia. Non sorprende quindi la descrizione di un direttore che si occupa di rappresentare gli interessi di alcuni eletti (membri del consiglio di amministrazione e investitori), promuovendo il modello di museo come grande impresa, teatro di egoismo in grado di codificare un valore (il denaro) attraverso un altro valore (capitale simbolico).
Il risultato è quasi ovvio: la maggior parte dei curatori sono figure di circostanza, che non portano avanti ricerche e che spesso si limitano ad organizzare mostre temporanee. Viene da chiedersi quindi quali siano le conseguenze di questo assurdo disegno dopo lo scoppio della crisi economica mondiale. L’autore non esita ad affermare che “Krens era come un giocatore d’azzardo, che scommette su un collaterale tirato fuori dal cappello a cilindro, come uno speculatore di borsa che investe in azioni spazzatura. Ma c’era un guadagno, qualcosa che giustificava le sue commesse: la folla di visitatori che riempiva spontaneamente le gallerie del museo.”
Il modello di museo globale inseguito da Krens, frutto della corsa speculativa che lo ha indotto a diversificare il “portfolio” per passare ad investimenti più rischiosi e ad aprire nuove filiali in tutto il mondo (Venezia, Bilbao, Berlino e Soho e gli altri progetti incompiuti di New York, Las Vegas, Salisburgo e Rio), traduce l’aspetto forse più inquietante: ovvero che contanti e cultura svolgano funzioni simili, in cui, nel sistema capitalistico, anche l’arte viene messa in vendita.
Questa è la particolare contingenza storica interessante di cui si parla nel volume, che, in un sistema capitalistico come quello attuale, vede i musei funzionare esattamente come tutte le altre istituzioni, “intrappolati nella macabra danza mortale di un sistema agonizzante che non risparmia nessuna istituzione”.
Indirettamente, nelle ultime pagine della postfazione all’edizione italiana, l’autore si rivolge ai suoi colleghi, chiamati a ripensare un nuovo modello di museo in grado di attrarre il pubblico, fatto di lavoratori e non più di consumatori, in cui l’insegnamento dell’arte sia un lavoro simbolico, dalla parte del visitatore e del fruitore di museo. Riaffermando, in un certo senso, il delicato ruolo di critica che và attribuita alla storia dell’arte, chiamata a “defibrillare il presente nel corpo agonizzante della Storia”.
Museo S.p.A.
La globalizzazione della cultura
Di Paul Werner
Johan & Levi Editore Euro 12,00
ISBN: 978-88-6010-057-3
www.johanandlevi.com