Intervista a Giuseppe Proietti – Segretario generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Partiamo dalla riorganizzazione MiBAC con la riforma di luglio scorso. La principale novità è l’istituzione della direzione per la valorizzazione diretta da Mario Resca. Svariati i pareri contrastanti sulla nuova direzione. Da conoscitore della macchina ministeriale e del panorama culturale italiano, quali pensa siano le potenzialità della direzione, cosa cambierà?
L’istituzione della direzione di valorizzazione risponde ad un bisogno largamente avvertito:  quello di dare corpo ad un insieme di iniziative attraverso cui il contributo del patrimonio culturale al PIL e allo sviluppo economico del Paese possa trovare attuazione. Nel senso che non c’è ormai alcun dubbio che al patrimonio culturale venga riconosciuto, seppur informalmente, un importante ruolo di contributo alla vita economica italiana. Mi riferisco ad alcuni aspetti più noti agli addetti ai lavori e a quelli degli osservatori più attenti. Ci sono delle attività come quelle legate al turismo culturale che sono direttamente legate al patrimonio culturale soprattutto in un Paese come l’Italia. Il turismo culturale viaggia verso quote di oltre il 30% rispetto al totale del comparto turistico (quasi un terzo del fatturato complessivi), vale a dire che tutte le attività relative al settore alberghiero, dei servizi e della ristorazione sono direttamente legate ai beni culturali. In che termini? Si pensi all’iva sul valore aggiunto sulle presenze alberghiere dovute al turismo culturale: supera di molto quello che lo Stato spende per il patrimonio culturale. Consideri che i turisti, quasi per la totalità, non sono soggetti ad Iva e non la scaricano, anche nei loro paesi d’origine. Per questo l’iva versata nelle casse dello Stato italiano come effetto diretto dalla fruizione del patrimonio culturale non è una partita di giro ma un’entrata fiscale secca. Cito altri benefici economici, che potrebbero essere potenzialmente legati al patrimonio culturale. Faccio un esempio noto: il Metropolitan  Museum è uno dei musei più famosi e importanti al mondo ed è un modello al quale spesso si guarda quando di parla di gestione virtuosa dei privati nel settore dei beni culturali. Ma non è così effettivamente: nel bilancio del Met ci sono due voci che fanno riferimento alla contribuzione ordinaria e straordinaria della municipalità di New York, con le quali si gestiscono tutte le spese di funzionamento e quelle relative al personale. Inoltre, se si guarda a fondo il bilancio si scopre che le entrate connesse al merchandising sono una voce importante, rappresentandone quasi il 70% del totale. Una situazione che in Italia non esiste in tali proporzione. L’utile che musei fiorentini ricava attraverso i suoi servizi aggiuntivi è maggiore rispetto a quello del Met ma il loro giro d’affari è di gran lunga superiore al nostro. Ci sono alcuni settori di attività legati  alla vita dei musei  che hanno potenzialità enormi a livello di occupazione aggiuntiva e di reddito aggiuntivo. Proprio lavorare sulle potenzialità nascoste è il compito della direzione per la valorizzazione, si badi bene sempre in ottica di uso corretto dei beni culturali. In sintesi direi che l’obiettivo è ricavare benefici economici dalla gestione del patrimonio culturale, sottolineo in un contesto di utilizzo corretto, che abbia interesse per la tutela del bene culturale, per il quale è sempre necessaria una salvaguardia da soprautilizzo.

Ha citato i servizi aggiuntivi individuandoli come punto chiave per una migliore gestione economica dei beni culturali. Quale futuro per servizi aggiuntivi e per le gare di aggiudicazione, dopo le recenti sospensioni e polemiche? E il ruolo di Confcultura nella riorganizzazione? Ci sono dei tempi per giungere ad una situazione più chiara?
È vero. Ci stiamo lavorando. Abbiamo obblighi di legge tra l’altro ampiamente scaduti a marzo scorso. Il problema è che la materia è talmente articolata che abbiamo voluto approfondirla anche con gli operatori del settore, anche con la stessa Confcultura che fornisce un contributo importante e necessario. Rispetto alla tempistica le dico che saranno tempi brevissimi.
Aprendo una riflessione sulle potenzialità del nostro patrimonio  voglio sottolineare che non tutti i nostri siti culturali sono appetibili dal punto di vista economico. Noi abbiamo circa 400 musei dei quali solo una piccola parte è in grado di generare valore. Infatti,  a livello di gestione complessiva pochi producono benefici finanziari. Allo Stato è necessario utilizzare introiti fiscali dalle attività indirettamente collegate (l’esempio precedente dell’IVA) per sopperire a quello che il museo non riesce a raggiungere con le sue attività.
Ci soni certamente alcuni musei che a livello di servizi aggiuntivi possono essere interessanti, penso agli scavi di Pompei, al Colosseo e ai Musei Fiorentini, ma per la restante maggioranza – i cosiddetti musei minori – dobbiamo farci carico dei costi.

In questo momento stanno acquisendo un ruolo crescente e importante le fondazioni. Ora a Roma per esempio la notizia della Fondazione Macro, e poco tempo fa la costituzione della Fondazione MAXXI. Qual è la posizione del MiBAC rispetto alle fondazioni?
Ad oggi abbiamo una fondazione operativa da un po’ di tempo, quella del museo egizio, e quella appena nata della fondazione MAXXI. Sono convinto siano strumenti più agili, che possono aiutare molto ad affrontate situazioni difficili da governare attraverso canali ordinari della struttura amministrativa statale.
Ma è pur vero che le fondazioni sono strumenti validi quando il contesto socio economico lo consente. Nel caso della fondazione Museo egizio il contributo della Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT è stato determinante. Ad ora la fondazione MAXXI è l’unica ad avere come socio fondatore il MiBAC. È difficile pensare, guardando al Mezzogiorno, che queste realtà nascano in contesti dove non ci sia un intervento del privato. Personalmente vedo nelle fondazioni uno strumento a cui far riferimento nell’immediato futuro, raccogliendo anche il contributo delle istituzioni rappresentative territoriali (regioni, province, comuni e fondazioni bancarie) e fondazioni private, perché no.
Possono essere importantissime per garantire la continuità delle attività dei nostri siti museali.

Qual è la posizione di Proietti rispetto ai cambiamenti nel MIBAC, con l’ingresso di Resca. Quali cambiamenti ci possiamo attendere nel corso di questo anno?
Voglio sottolineare che Resca non è uno special guest ma rappresenta il ministero stesso. Non è solo. Credo che dall’esperienza di Resca sul versante delle attività economiche l’intera struttura potrà ricevere beneficio. Così com’era strutturato, all’interno del MiBAC non avevamo professionalità che potessero affrontare queste tematiche. Resca sicuramente può, supportato dalla consapevolezza di avere al suo fianco una struttura tecnico professionale che, oltretutto, ci è invidiata dal mondo intero per capacità e competenze. È questa struttura che continuerà a fare bene il proprio lavoro in aiuto di Resca.

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