foto_corrado_guzzanti_queloLa questione non è tanto se un uomo sia sano o malato,
quanto cosa egli faccia con la sua salute o malattia.

Ogni cosa buona avviene mediante il bisogno che implica la volontà,
non mediante la costrizione che implica la necessità.

Andare, andare…
– certo, ma andare avanti, non ripercorrere sentieri già battuti.
“Già battuti” significa sentieri che non danno più nulla,
che non ci fanno procedere ma che girano in tondo,
sempre nello stesso cerchio.
Ma se non esiste altra possibilità, allora percorri questo cerchio,
di ciò che è possibile, è il meglio, è meglio che niente.
Lo sa ogni prigioniero nella sua cella.
– Solo che poi, a poco a poco, comincia a imporsi
quella legge secondaria dei limiti fisiologici…

(L. Hohl, Note, Marcos y Marcos, 2000)

Tana del polpo, groviglio di polpi, moltitudine di elementi ammassati e confusi, il polipàio può essere una metafora “subbacqua” utile a riflettere sui linguaggi che ci attraversano e che abitiamo, una rappresentazione approssimativa dello “stato vegetativo permanente” in cui non pochi italiani vivono il momento storico attuale, storditi dall’inchiostro nero tubo.
Quello che è appena iniziato vuole essere un viaggio nelle parole, parole vive che mentre si lasciano metter in fila da chi le scrive, si prendono gioco del senso che viene loro attribuito in un atto di composta resistenza. Il pretesto per partire è stato uno spettacolo targato Guzzanti, tuttora in tour lungo tutta la penisola. Lo show presenta tutti i più amati personaggi di Corrado, intermezzati dalle icone al femminile ad opera della sorella Sabina. La spalla di sempre, Marco Marzocca, un’ottima salsa di soia per far risaltare l’abilità di entrambi. Autentico capolavoro della mimica facciale il personaggio di Miss Italia, una giovane donna ossessionata dalla bellezza dentro, affaticata per lo sforzo prolungato di apparire pensante, tanto amante della lettura che una volta ha letto entrambi i promessi sposi e trasgressiva quanto basta in virtù del suo “pensiero contromano”. Non ci allontaniamo troppo, però…non sarà una recensione. Com’è possibile partecipare a uno spettacolo del genere senza mischiare la Storia con la satira dei suoi piccoli eroi (non di rado nani, ad onor del vero)? Lo spettacolo cui assistiamo diventa una dissolvenza incrociata fra reale e parodico, un doloroso gioco di specchi. Doloroso perchè col passare dei minuti, la bravura e il tempo comico perfetto cedono il passo a un misto di rabbia e impotenza. L’arte di Guzzanti è la satira, ossia il luogo dove si può metter in discussione tutto, il dominio del dubbio, la licenza assoluta di faziosità. Ma l’Italia di oggi è un posto per vecchi, in larga parte pieno di idioti, se per idioti vogliamo intendere quelli che mettono le cose in opposizione anziché metterle in relazione. Ci circonda la decadenza di chi su un albero a marzo riesce a veder solo le foglie morte dell’anno passato. E la pigrizia, quel torpore della mente, che si mostra lenta o trascurata nella ricerca della verità e nell’arricchimento delle proprie conoscenze. Pigro è chi rifugge dallo sforzo, dalla fatica, dall’impegno fisico o intellettuale, dal lavoro, dall’azione in genere. Pigro sofisma, ragion pigra o ignava ratio stanno a indicare allora quel pensiero debole per cui l’esistenza del fato implica l’inutilità di qualsiasi azione umana.
A tutto questo si può pensare fra un racconto sugli opevai alle Bahamas del sempre più confuso Bertinotti leader cavismatico della sinistra vadicale e un “Porca puttana, porca troia!” dell’improbabile ministro del Tesoro Tremonti.
In uno scenario come quello italiano – con troppi misteri irrisolti nel Paese delle mezze verità – la radicalità è diventata inaccettabile. E la satira ha incassato il colpo, prima censurata e poi incredula di fronte all’excalation del nonsense negli ultimi anni. Un elemento chiave di questa cavalcata nell’abisso è senz’altro la televisione, un mondo chiuso fatto di linguaggi chiusi. Un mezzo di comunicazione tanto forte da deformare l’oggetto della sua rappresentazione e allontanare la realtà dalla rappresentazione in un paradosso quotidiano, mito fondante della nostra società. Poiché la tv è popolare, il Paese catodizzato è un Paese peggiore, diffidente e indolente. Per dirla con Guzzanti: “il valore dell’italiano di oggi è che è vivo! L’italiano però ha un vantaggio: è un animale darwinianamente adatto alle crisi, un sorcio, un bacherozzo, è abituato alle fregature, sa che il governo vuole fregarlo e sta più attento!” Forse il più chiaro sintomo che la fase presente segni una transizione, sta nella paura della politica: una politica che ha paura della Satira è una Politica fragile.
Senza alcuna ossessione dell’idea di capovolgere gli idoli, possiamo dedicarci alla creazione di qualcosa di nuovo.
La violenza verbale che da una quindicina di anni ha caratterizzato in senso eversivo l’interpretazione delle regole di convivenza civile dettate dalla nostra illuminata Carta Costituzionale, ci ha fatto appiattire verso il basso.
Riguadagnare coraggio significa esser capaci di pensare il futuro e coordinare le risorse con uno scopo sensato, per esempio a partire da cosa contraddistingue la nostra Nazione: mi riferisco al patrimonio storico, artistico e culturale senza pari, che da tempo non gode dell’attenzione che merita: una posizione centrale nella strategia e nell’immaginario.
I servizi e i beni culturali restituiscono sia un valore culturale che economico; le arti sono una forza economica dinamica in diversi campi (la trasformazione urbana, lo sviluppo regionale, la creazione di posti di lavoro, il turismo, il commercio, ecc.); La cultura crea coesione sociale attraverso impulsi non materialistici verso l’identificazione, l’appartenenza, l’espressione creativa, il legame e la preoccupazione per gli altri, aspetti che hanno un influenza generale su come percepiamo il mondo, come interpretiamo il nostro ruolo, e di conseguenza come ci comportiamo.
Per il resto, possiamo comunque rivolgerci a Quelo. Forse la nostra domanda sarà malposta, forse la risposta sarà dentro di noi…forse la sfida sta nel tener insieme, ripartendo dai territori e premiando il merito prima che fugga.
“Sennò?”