restauratriceCome si diventa restauratori? Sono tanti ora a porsi questa domanda, sia tra chi ancora deve intraprendere questa strada sia tra chi in questo settore lavora già. Entro aprile del prossimo anno, infatti, dopo la proroga dei termini fissata in questi ultimi giorni, scade il bando di concorso per la qualifica di restauratore che tutto ha rimesso in discussione, puntando i riflettori sulle figure professionali che operano nel campo della conservazione.
In realtà già il Decreto Ministeriale 294 del 2000, con le modifiche e le elaborazioni giuridiche che nel tempo sono seguite, dava risposta a questa domanda, definendo il percorso formativo e le competenze necessarie per ottenere il titolo di Restauratore (art. 7) e quello di Collaboratore Restauratore (art. 8). I principali centri di formazione sono da allora individuati nelle scuole ministeriali di Alta Formazione e nei cicli di studi Universitari di primo o secondo livello, ma nel panorama delineato sono inserite anche le Accademie di Belle Arti e centri di studi a carattere regionale.
In Italia i corsi di laurea triennale e specialistica sono numerosi, presenti in quasi ogni regione, così come anche numerose sono le Accademie di Belle Arti che offrono percorsi di formazione in diverse importanti città, di cui va detto molte stanno ora aggiornando la propria proposta formativa in vista delle novità portate dal nuovo concorso. Meno numerosi i corsi regionali e i corsi a carattere tecnico (come Palazzo Spinelli a Firenze) che alcune regioni offrono e che si articolano in un massimo di tre anni di durata, salvo anche in questo caso alcune modifiche e nuove tipologie di corsi creati in seguito al decreto n. 87 di maggio di quest’anno. Le scuole di Alta Formazione in Italia sono tre: l’I.C.R. (oggi I.S.C.R.) di Roma, l’O.P.D. a Firenze e l’Istituto centrale di Patologia del Libro. L’ICR, fondato nel 1939, prevede corsi distinti per aree tematiche d’intervento per una durata di quattro anni, cui si accede tramite concorso pubblico. Il bando di concorso è stato sospeso da ormai tre anni e c’è ora la speranza che l’anno prossimo la didattica possa riprendere. Stessa situazione per l’OPD, la cui attività cominciò invece nel 1975 e che è strutturato in corsi quadriennali specialistici, ogni anno diversi.
Un discorso a parte, in ultimo, in questa breve panoramica sulla possibilità di formazione per il restauro in Italia, va fatto sulla Scuola di Alta Formazione e Studio del Centro di Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, che dal 2006 offre corsi quinquennali organizzati a stretto contatto con l’ambiente universitario.  Il Centro, infatti, nasce dall’impegno dell’Università degli Studi di Torino che nel rispetto delle direttive di legge e in convenzione e collaborazione con la Fondazione Centro per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali “La Venaria Reale” ha attivato in via sperimentale questo nuovo corso di studi.
Si nota certo che le possibilità sono numerose, ma si deve considerare che non tutte sono purtroppo di facile accesso e forse neanche, allo stato attuale delle cose nel campo della conservazione e del restauro, completamente corrispondenti alle necessità del nostro paese, dove ogni regione vive ancora situazioni eterogenee e specifiche di zona in zona, e neanche del panorama internazionale, dove nuovi campi di studio e applicazione da anni si sono aperti. Per questo bisognerebbe valutare percorsi formativi corrispondenti alla domanda di mercato che valorizzino queste molteplicità e si articolino maggiormente, includendo ancora di più le nuove aree tematiche d’intervento. Solo da pochi anni, con un certo ritardo, in Italia si è iniziato a dare spazio anche nei programmi di studio a nuove problematiche di restauro, come quelle legate all’arte contemporanea su cui alcuni nostri restauratori in realtà da tempo si dedicano, eseguendo restauri e dedicando al tema spazio con ricerche e approfondimenti.