Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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C’era una volta la Sibec (Società Italiana per i Beni Culturali). La allora legge 352/1997 intestò alla costituenda società compiti di promozione e di sostegno – finanziario, tecnico-economico, organizzativo – relativi ad interventi di restauro, recupero e valorizzazione dei beni culturali. Cosa abbia realizzato esattamente la Sibec non è dato sapere, ma possiamo affermare con certezza che non abbia portato i benefici previsti. E nel 2003 ha lasciato il posto ad Arcus (Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo).
Secondo gli esperti il “punto critico” potrebbe essere stato il nuovo conferimento di attività di gestione e valorizzazione dei beni culturali -operato dal decreto Legge 112/1998- a favore delle autonomie territoriali. Inoltre si sostiene che lo stesso decreto abbia offerto più di uno spunto all’ormai famoso provvedimento sulla Patrimonio S.p.A. Insomma, a una S.p.A. ne succede un’altra: lo prevede la recente legge 291.
I compiti sono simili: la promozione e il sostegno finanziario, tecnico-amministrativo e organizzativo di progetti e altre iniziative di investimento nell’ambito del restauro e del recupero del patrimonio artistico, nonché interventi a favore della cultura e dello spettacolo.
La speranza è che Arcus -che ha sede a Roma e dispone di un capitale sociale di 8 milioni. di euro, sottoscritto dal ministero dell’Economia- riesca finalmente a realizzare ciò che la Sibec aveva appena abbozzato.
Ma cos’ è ARCUS? Il Ministro Giuliano Urbani ha creato, insieme al collega Pietro Lunardi, patron delle Grandi Opere, una società per azioni, alimentata con somme fornitele dal 3 per cento sui finanziamenti destinati alle grandi infrastrutture. Fondi in qualche modo “discendenti dal misfatto”, visto che autostrade, trafori, pedemontane e tangenziali producono spesso guasti per lo più irreparabili nel paesaggio.
Quel che Arcus fa, precisa Lunardi, è “far da volano”. Ovvero i dicasteri vagliano i progetti, poi la SpA disloca i finanziamenti intorno al quale far ”˜catalizzare’ contributi pubblici e privati. Tutto nasce nella seduta del 10 ottobre 2001 della Commissione Pubblica Istruzione e Beni Culturali, nel quale il relatore Gaburro osservò che era “necessario estendere il coinvolgimento dei privati nella gestione delle attività di valorizzazione e di offerta al pubblico dei beni culturali nel solco già tracciato dalla cosiddetta ”˜legge Ronchey’ e che lo strumento idoneo potrebbe essere l’utilizzazione di un organismo a struttura societaria quale la Società italiana per i beni culturali SIBEC, istituita dalla legge n. 352 del 1997”. “La Sibec S.p.A. potrebbe avere – aggiunse allora Gaburro – ulteriori compiti in favore non solo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ma anche dei Ministeri delle Attività Produttive, delle Infrastrutture e dei Trasporti, ai fini della individuazione e gestione dei ”˜bacini di utenza e sviluppo della cultura, dello sport e del turismo”.
All’epoca le associazioni ambientaliste e di categoria nonché le forze sociali e sindacali non furono contrarie all’istituzione della S.p.A. La legge, insomma, fu approvata entusiasticamente da governo e opposizione: solo 39 i voti contrari.
Il provvedimento prevedeva la creazione di una società finanziaria del Ministero aperta a regioni ed enti locali, consentiva alle Soprintendenze l’accesso al mercato finanziario come per gli enti non statali. Ma i dubbi sulla neonata Arcus si sarebbero accesi negli anni seguenti e soprattutto nella memorabile seduta del 18 giugno 2003 della VII Commissione Cultura. Pareri contrari e dubbiosi sulla nuova Spa, infiammarono quella giornata. Antonio Pepe (AN) espresse perplessità in merito alle disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 3, dal momento che non appariva sufficientemente chiaro come il Ministero per i Beni e le Attività Culturali potesse esercitare i propri poteri a fronte di una titolarità del capitale sociale in capo al Ministero dell’Economia. E sollevò, inoltre, qualche riserva in ordine alla clausola di inalienabilità delle azioni.
Mario Lettieri (La Margherita) non solo giudicò il provvedimento totalmente privo di elementi innovativi, ma ritenne di poterlo definire come una vera e propria oscenità: “il Governo, di fatto, non ha ancora posto in essere alcuna politica culturale e quello in esame sembra, seppure nella forma di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, un intervento dettato dagli uffici del Ministero dell’Economia”.
Il rischio -ma sarà nostro interesse capire, seguire e valutare- è quello di dribblare le Soprintendenze e ancor più i Comitati di settore del Ministero, dai quali invece devono passare tutti i progetti di restauro.
Nei mesi scorsi Arcus, presieduta dall’ex capo di gabinetto di Urbani, Mario Ciaccia, ha distribuito a pioggia i suoi primi 36 milioni di euro occupandosi anche di finanziamenti diretti ad attività musicali (attività, non edifici). Altri progetti riguardano siti archeologici collegati alla futura Linea C della Metropolitana romana e un’iniziativa è in cordata con il FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) per il recupero del parco della Villa Gregoriana a Tivoli. Un progetto denominato Galileo, per un milione di euro, prevede il monitoraggio satellitare dei beni archeologici e culturali con l’Agenzia Spaziale Europea. Con la Scuola Normale di Pisa parte un programma “per creare un archivio visivo digitalizzato con supporto topografico”, mentre due milioni di euro andranno ad “un osservatorio stabile sull’accessibilità o meno di tutti i siti, statali e non, ai disabili” con interventi a Paestum, Mantova, Assisi, Perugia, Bergamo.
C’è la voce merchandising, da 2 milioni e mezzo di euro, e ce n’è per i beni archeologici nell’area dello Stretto di Messina (in vista del Ponte). Ce n’è anche per la musica a Parma, con 3 milioni all’orchestra Toscanini e 3,3 a “Parma capitale della musica”.
Noi per primi siamo convinti che le Soprintendenze debbano essere più elastiche nei confronti dei privati, delle loro idee e delle loro progettualità, ma da questo a non avere nessun Comitato tecnico di settore, né Consiglio Superiore dei Beni Culturali che operi, controlli e verifichi, ce ne passa. Speriamo che per non avere fastidi di sorta, il Ministro Urbani non abbia provveduto a sterilizzare completamente il vecchio Consiglio Nazionale dei Beni Culturali.
Riferimenti:
www.arcusonline.org