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Il WTO definisce lo heritage tourism come una “immersione nella storia naturale, nel patrimonio umano, le arti, la filosofia e le istituzioni di un’altra regione o paese”.
A partire da questa precisa descrizione, gli autori del volume, entrambi docenti della materia nelle università statunitensi, analizzano il fenomeno dello heritage tourism contrapponendolo a quello del turismo culturale. Quest’ultimo, infatti, si classifica come fenomeno esperienziale, basato sull’essere coinvolti e stimolati dalle arti dello spettacolo, dalle arti visive e dai festival.
Il turismo dello heritage, invece, che assume la forma di visitare paesaggi animati, siti d’interesse storico, edifici o monumenti, è pure turismo esperienziale, nel senso della ricerca di un incontro con la natura o la sensazione di essere parte della storia di un luogo: parla di “siti” o di “oggetti” resi accessibili, individuati e presentati a un vasto e variegato pubblico. Il termine che meglio rende l’idea, come suggerisce la curatrice dell’edizione italiana Rossana Bonadei, sembra essere “tessuto culturale”, sebbene non tenga conto della prosaicità condivisa, che è la vera cifra dello heritage.
Heritage e Turismo affronta questa area tematica secondo una prospettiva volutamente ampia, includendo nell’analisi sia le questione teoriche legate al fenomeno, sia gli aspetti pratici affrontati direttamente dagli operatori del settore.
L’importanza del fenomeno è data dal rapido incremento delle esperienze legate allo heritage tourism verificatosi negli ultimi anni, come conseguenza di un più alto livello di istruzione, redditi maggiori, una crescente consapevolezza del mondo, processi di globalizzazione, effetti dei media e delle telecomunicazioni: tali fattori spingono a considerare l’importanza economica e socio-culturale di tale pratica, che non può essere sottostimata, tanto che persino nei momenti di recessione, il turismo dello heritage ha continuato a crescere. In alcuni casi, essa è anche stata uno strumento chiave per portare il turismo nelle aree urbane e rurali in declino, rigenerandole, e portando nuova vita a regioni industriali un tempo depresse.
Dopo una minuziosa trattazione delle dimensioni della domanda e dell’offerta dello heritage tourism, ospitata nei primi capitoli, si passa ad una interessante quanto essenziale digressione sulle caratteristiche che riguardano la sua gestione, che occupa la parte centrale del libro.
Questione strettamente legata alla sostenibilità, la tematica della gestione viene presentata avendo come punto di riferimento la località in questione che, come suggerito dagli autori, non deve produrre degrado permanente ai valori associati al sito. Inoltre, si legge, “il turismo va collocato entro uno schema strategico di pianificazione che identifichi valori, finalità, obiettivi e azioni appropriate alla gestione dello heritage e la fruizione del sito”. Ne deriva quindi che la comunità locale rappresenti un referente fondamentale da coinvolgere nei processi di gestione, affinché si creino le condizioni per costituire un ambiente sostenibile.
In tal senso il volume si pone come manuale per l’heritage del futuro, per coloro che intendono accogliere l’accezione di legare la conservazione del passato allo sviluppo delle strutture turistiche del presente, di cui fanno parte l’interpretazione e la gestione strategica a lungo termine.
L’ultima parte raccoglie le riflessioni conclusive degli autori, nella prospettiva che il loro sforzo rappresenti un discorso utile a guidare studenti e ricercatori nella comprensione di molte delle questioni e delle implicazioni che riguardano lo heritage tourism, affinché venga garantita la sostenibilità delle risorse, delle comunità e del turismo.
Heritage e turismo
Di Dallen J. Timothy e Stephen W. Boyd
Edizione italiana a cura di Rossana Bonadei
Hoepli editore Euro 24
ISBN: 978-88-203-3877-0
www.hoepli.it