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Intervista al Dott. Ettore Pietrabissa – direttore generale Arcus S.p.a
Cominciamo parlando di servizi aggiuntivi, tema molto attuale anche dopo la gara per l’incarico sulle linee guida sui servizi aggiuntivi, che PricewaterHouse si è aggiudicata. Qual è il punto di vista di Arcus su questo tema?
Il tema si inquadra nella problematica che è stata da qualche tempo affidata dal Ministro Bondi a Mario Resca sulla valorizzazione dei beni culturali. Il filone dei servizi aggiuntivi si sposa bene con lo statuto e le logiche operative di Arcus, società che nasce proprio per contribuire a trasformare un’osservazione passiva degli oggetti dell’arte in una attiva di sviluppo, anche economico, del settore.
I servizi aggiuntivi sono, infatti, una leva importante per lo sviluppo economico e sociale: ce ne eravamo accorti già tre anni fa, quando Arcus aveva cominciato, d’intesa con il MiBAC, ad approntare un’indagine mirante a capire quale fosse la situazione reale dei servizi aggiuntivi in Italia, con l’obiettivo di capire come mai il comparto fosse così carente rispetto a quello di altri Paesi.
Rispetto a realtà estere quali Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Spagna o Francia, è risultato che i servizi aggiuntivi di tutta Italia rendono praticamente tanto quanto quelli del solo museo del Louvre a Parigi.
Se pensiamo poi che siamo detentori del 60% dei beni culturali del mondo, questo dato ha dell’incredibile.
Da questa analisi venne poi fuori una serie di azioni potenziali per favorire una crescita economica, su tutti i livelli, nel settore merceologico delle strutture museali.
Uno dei punti che veniva posto in risalto, e che è riemerso anche dalle prime indagini commissionate da Mario Resca, era la necessità di riscrivere le linee d’indirizzo che regolavano la gestione dei servizi aggiuntivi, in modo che questi potessero svilupparsi in maniera virtuosa, trasparente e concorrenziale ed accrescere, quindi, l’economia globale del Paese e quella della singola struttura museale.
Riscrivere le regole del gioco significa inoltre riuscire a costruire dei sistemi per attribuire la gestione dei servizi aggiuntivi con criteri più moderni, tenendo conto anche di quello che succede negli altri Paesi.
È questa, quindi, la situazione dei servizi aggiuntivi italiani: da parte nostra, stiamo rivedendo le linee di indirizzo che regolano le gare per l’assegnazione dei servizi e, fino ad aprile, saremo impegnati in questa delicata operazione che dovrà trovare d’accordo tutti gli stakeholder.
In questo modo però, tra le gare di assegnazione che sono già partite (relative a musei comunali e civici) e quelle che partiranno sulla base delle nuove linee d’indirizzo (relative a musei statali dipendenti dal MiBAC), si creeranno delle diversità di gestione notevoli…
Le linee di indirizzo sono sempre state differenti tra musei statali e non statali, creando, è vero, una diversità di gestione tra le due entità.
Dopo il prossimo aprile, data in cui verranno presentate le nuove linee di indirizzo riguardanti le strutture museali demaniali, potranno partire le gare per riadeguare e riaggiornare prontamente la situazione dei servizi aggiuntivi ed evitare che si proceda in deroga ancora per tempi troppo lunghi.
Rimarrà comunque questa discrasia tra le due tipologie di musei. Se il nuovo sistema, come si spera, avrà successo, anche altre frange museali potranno adottare la stessa metodologia ma, ricordiamo che, in base all’ordinamento italiano, i musei non demaniali hanno piena autonomia di gestione e quindi sarà una loro decisione adeguarsi ai musei statali e non di certo un’imposizione.
Colui che a lungo si era occupato di servizi aggiuntivi, il Prof. Proietti, ora è stato spostato ad altro incarico (sovrintendente di Roma antica, ndr). Crede che questa sostituzione (con l’Arch. Roberto Cecchi, ndr) possa provocare dei ritardi nelle scadenze previste?
Non credo che questo possa causare dei ritardi. Il successore ipotizzato, ai vertici del ministero da tanto tempo, è una persona molto preparata che conosce bene le vicende attuali. Cambiamenti strutturali che possano causare degli scivolamenti di tempo non ce ne sono per il momento e spero non ce ne siano fino ad allora.
Poiché ci sono delle grandi realtà museali in deroga ormai da parecchi mesi e che attendono le nuove linee guida per potersi dotare di servizi aggiuntivi, spero che entro il prossimo aprile esse possano cominciare ad indire gare.
Nel 2009 c’è stata la presentazione di un grande progetto come “Città e Cattedrali – Architetture tra Memoria e Futuro”. A che punto siamo?
Per “Città e Cattedrali- Architetture tra Memoria e Futuro” abbiamo firmato il contratto convenzionale di finanziamento ed ora il progetto è entrato nella fase esecutiva ordinaria.
“Città e Cattedrali” ha attirato l’attenzione dei media anche perché, il finanziamento previsto in questo caso era molto importante: 7 milioni la parte di Arcus, contro l’1 o i 2 milioni che di solito si mettono a disposizione. Inoltre il progetto era soggetto a delle complicazioni dato che coinvolgeva due regioni e necessitava di tempi più allargati per chiudere la parte burocratica.
Arcus amministra fondi pubblici e la parte più importante del nostro lavoro è quindi il monitoraggio, il controllo cioè che i fondi erogati vadano a buon fine e abbiano la ricaduta prevista sul territorio. Per evitare che questi fondi pubblici vengano dispersi, Arcus evita di erogare tutto l’importo spalmato sull’intero programma di lavori ma identifica, insieme alla controparte, il cosiddetto “lotto funzionale autonomo”, cioè un insieme di interventi conclusi che valgono circa l’intervento di Arcus.
In questo modo, se per qualsiasi motivo i co-finanziatori non potessero più erogare la somma prestabilita, l’intervento finanziato da Arcus rimarrebbe comunque visibile e utilizzabile autonomamente.
“Città e Cattedrali – Architetture tra Memoria e Futuro” ha dato visibilità ad Arcus ma non è il primo progetto imponente che la società finanzia: un altro intervento di oltre 7 milioni è stato quello che ha visto protagonisti 13 interventi di tutela artistica del barocco leccese in 6 centri della Puglia nel 2004.
Qual è la procedura che utilizzate per il monitoraggio dei vostri progetti?
L’attività di monitoraggio avviene sia dal punto di vista finanziario che da quello tecnico.
Il primo monitoraggio viene effettuato prima dell’erogazione dell’anticipo: il direttore finanziario di Arcus Spa, verifica infatti con la controparte lo stato delle gare, degli impegni eccetera.
L’ultimo controllo si fa poi a chiusura dei lavori, dopo il collaudo, cioè quando si effettua la verifica della corretta conclusione di tutti i pagamenti prima dell’erogazione dell’ultima rata.
Quando questa viene erogata, si archivia il progetto.
Nel mezzo, però, ci sono ripetuti controlli finanziari che vengono effettuati prima di ogni pagamento.
Oltre al monitoraggio finanziario, come accennavo, si conduce anche un monitoraggio di tipo tecnico che avviene con 5 tecnici professionisti, autonomi dal ministero, i quali sono coloro che si occupano di redigere anche le istruttorie a monte per valutare la viabilità o meno dei finanziamenti. Gli stessi tecnici si occupano poi di verificare lo stato di avanzamento del progetto.
La Corte dei Conti ha espresso però dei dubbi sulle modalità di funzionamento di Arcus per ben 4 anni consecutivi…
I referti della Corte dei Conti sono stati oggetto di una attenta analisi da parte di Arcus. Vorrei osservare, però, che delle oltre 56 pagine che compongono l’ultimo referto, quello del 2007, tutta la seconda parte – che è poi il 60% dell’intero documento e si riferisce alla gestione, alla contabilità e all’amministrazione – non solleva delle riserve significative. Osservazioni e rilievi ce ne sono, ma gli strali della Corte si appuntano su alcuni aspetti a monte della gestione ordinaria, e si riferiscono ad aspetti ricadenti sotto la responsabilità di indirizzo pubblico, anche in considerazione della mancanza di un regolamento ministeriale per la gestione progettuale della società. La Corte dei Conti, infatti, rimarca sul fatto che alcuni progetti inseriti nei piani di lavoro consegnati ad Arcus Spa negli anni passati sono risultati in alcuni casi inadeguati. Il regolamento è stato adottato, poi, dal dicembre 2008.
Ciò che per me conta, però, è che la gestione ordinaria sia trasparente e corretta e che il lavoro fatto da Arcus venga riconosciuto e apprezzato.
Il 1° dicembre 2009, il ministro delle infrastrutture Matteoli e quello per i beni e le attività culturali Bondi, hanno emanato il nuovo documento sulle linee d’indirizzo di Arcus Spa registrato dalla Corte dei Conti e che nei prossimi giorni diventerà esecutivo. In questo documento, di progetti discutibili sul piano dell’adeguatezza dei finanziamenti, io non ne vedo.
Come vengono costruiti i programmi di indirizzo? Quanto partono dall’interno di Arcus e quanto da un’emanazione prettamente politica?
La procedura burocratica è esplicitata dal regolamento di Arcus Spa e le linee di indirizzo seguono lo spirito e la logica di quel regolamento.
Entro il 31 gennaio di ogni anno viene emanato l’atto di indirizzo in cui i due ministri, quello delle infrastrutture e quello dei beni e delle attività culturali, orientano Arcus verso indirizzi di fondo generali, siano l’archeologia o il patrimonio artistico o quello architettonico …
Nel contempo, i 2 ministri assieme a quello delle Finanze, individuano il quadro finanziario sul quale Arcus Spa può fare affidamento. Nel momento in cui sappiamo di essere finanziati, tenendo conto delle linee d’indirizzo, siamo aperti alla ricezione dei progetti.
L’anno scorso abbiamo ricevuto ben 1.300 proposte, per un totale di 1 miliardo e mezzo di euro, cioè circa 10 volte di più di quanto Arcus è in grado di finanziare.
I progetti pervenuti vengono quindi sottoposti ad una pre-istruttoria condotta direttamente da Arcus e valutata attentamente dai tecnici della società.
In circa 4/6 settimane Arcus riesce a creare un sistema informatizzato in cui ogni progetto analizzato viene riportato in uno schema unitario comprensibile, consultabile e confrontabile. Arrivati alla fase finale di questo esercizio, e cioè circa alla fine di ogni giugno, l’intero database dei progetti ricevuti da Arcus è disponibile su supporto informatico.
Dopo questa fase, che reputo di fondamentale importanza, il lavoro effettuato viene trasmesso sia al Ministero delle Infrastrutture che al MiBAC: è in questo momento che prende avvio il processo di definizione del sottoinsieme di progetti, tra quelli considerati da Arcus in prima istanza viabili, che entra a far parte del decreto. I progetti vengono in questa fase inquadrati in un’ottica più ampia di cui solo i ministeri hanno piena competenza. È alla luce di queste osservazioni che viene poi decisa la rosa finale degli interventi che si finanzieranno.
Ma allora le chiedo, come mai Arcus Spa ha destato così tanto scalpore in questi anni?
Essendo abituato a gestire aziende private in maniera corretta a beneficio dell’azionista, quando l’allora ministro dei beni culturali Urbani mi chiamò per dirigere un’azienda pubblica a Roma, per me fu qualcosa di assolutamente inaspettato e nuovo: non avevo mai avuto contatti significativi con il mondo pubblico e, di conseguenza politico, prima di allora.
Tutto questo mi ha portato a gestire Arcus Spa come se fosse un’azienda che dovesse rendere conto ad un’azionista che deve fare utili.
Perché una Spa e non una divisione del ministero, mi si chiede spesso? Perché una Spa con un’azionista che è il Ministero delle Finanze e con un consiglio di amministrazione che è, comunque, indipendente?
Perché la Spa, rispondo io, dà una migliore garanzia in quanto vi è una logica implicita nella struttura legale stessa che costringe a un’attività di un certo tipo.
Nel consiglio di amministrazione di Arcus i consiglieri vengono nominati su designazione dei ministri ma è anche vero che il singolo consigliere è responsabile in prima persona degli effetti delle proprie decisioni. Se un’operazione appoggiata non dovesse andare a buon fine e dovesse costituire un danno per la società, la Corte dei Conti reclamerebbe il denaro ai singoli consiglieri.
Ritornando alla sua domanda credo che Arcus Spa in questi anni abbia destato “scalpore” esclusivamente per ipotizzate intrusioni del mondo politico nella gestione dell’azienda. Ma queste intrusioni non si sono mai manifestate, come testimonia la struttura economico-finanziaria completamente sana di cui Arcus si può vantare e come comprova l’ultimo bilancio presentato.
Non credo ci sia poi null’altro cui appigliarsi: la struttura Arcus Spa costa all’incirca 1 milione e 300 mila euro l’anno, compresi stipendi, tasse, affitti e quant’altro. Ricordo degli articoli del Corriere della Sera o dell’Espresso in cui si diceva che il sottoscritto era sotto inchiesta dalla Corte dei Conti per automobili con chauffeur e consulenze d’oro a destra e a manca. Questo atteggiamento mi ha fatto irritare non poco, perché una delle prime decisioni fu proprio che non si volevano assolutamente macchine blu o autisti di alcun tipo, e che le consulenze sarebbero state ridotte al minimo. Tutto ciò è facilmente deducibile dai nostri bilanci.
Quali aspettative si pone, come Ettore Pietrabissa, e non solo come direttore generale di Arcus Spa nel medio termine?
Inizialmente, quando fui incaricato di avviare la società, accettai la sfida ma non avevo certo la prospettiva di rimanere a lungo in questo ambito.
Poi, oltre all’interesse meramente tecnico, che riguardava lo start-up della società, è subentrato l’interesse materiale per i contenuti di questo mestiere: mi sono cioè per la prima volta avvicinato professionalmente alla cultura, scoprendo il piacere di toccare con mano retroscena culturali interessanti, che prima conoscevo solo dall’esterno.
Dopo anni non facili, siamo forse ora alla vigilia di un momento importante, in cui la società che dirigo è chiamata a partecipare non solo al finanziamento di specifici progetti ma anche al coordinamento e alla guida di aree progettuali significative.
Questa è una sfida che mi piacerebbe cogliere e portare a buon fine.
Approfondimenti:
Bilancio 2008-2009 di Arcus Spa
Relazione degli amministratori
Relazione del collegio sindacale