artefiera2010Artefiera è un istituzione egemone all’interno del panorama fieristico nazionale e di rilievo nel sistema annuale delle fiere internazionali. La fiera di Bologna ha saputo costruirsi, negli anni, una fetta di mercato ben distinta, battendo la concorrenza di città molto più accreditate a livello europeo.
Gli intenti della direttrice Silvia Evangelisti, la quale affermava – in un suo intervento di qualche tempo fa – che  Artefiera doveva essere il punto di riferimento per chi volesse comprare “italiano” sono divenuti reali.
Nessun prigioniero, nessuna possibilità alla concorrenza di riorganizzarsi, l’unica posizione plausibile per la fiera era quella egemone.
E così è stato, chiedere a MiArt la conferma, l’ Evangelisti ha costruito un evento capace di attrarre investitori, espositori, clienti e curiosi, che in tempo di salute faceva profitto imponendo il proprio stile.
Poi è arrivata la crisi, una serie di rinunce, una percettibile mancanza di liquidità, siamo a fine 2008 inizio 2009 e Artefiera continua il suo lavoro, senza lamentarsi, cercando di vincere la sfida. Negli stand la confusione e l’entusiasmo è sempre lo stesso, numerosi i visitatori luccicante l’offerta, ma gli scambi? L’edizione 2009 della fiera ha subito un ribasso fisiologico, scomparsi, o quasi, gli investitori statunitensi e britannici, latitanti i grandi affari, nonostante alcune aggiudicazioni di spessore come quelle di Lucio Fontana e Sironi. Nonostante tutto, l’umore generale non era malsano, tutti sembravano contenti e soprattutto qualcosa di nuovo stava accadendo, una trasformazione, quasi una riqualificazione della fiera. Abbandonando il lato finanziario delle contrattazioni e delle aggiudicazioni, si potrebbe affermare che ad Artefiera è giunto il pubblico: presenze triplicate e incassi eccellenti.

La linea B del progetto, ovvero quella parte non propriamente commerciale ma espositiva della fiera, è cresciuta notevolmente. E’ ovvio che se un evento nasce come momento commerciale e il numero degli scambi viene a ridursi non c’è da stare tranquilli, ma l’arte ha diverse frecce sul suo arco ed una di queste è la natura composita del valore capace di produrre. Le opere d’arte o meglio i lavori d’arte,  non possono essere esclusivamente commerciali, in un progetto d’arte contemporanea convivono messaggi, strategie, insegnamenti, suggerimenti e tanto altro ancora. Gli artisti hanno seguito non per ciò che producono, ma per quello che sono in grado di trasmettere e ad Artefiera ci si è accorti che l’evento Fiera era in grado di vivere una vita propria a prescindere dalle contrattazioni.
La scelta di questo 2010 è in linea con una tendenza che vuole sottolineare maggiormente le potenzialità museali (e per museali si intende culturali ed educative) dei lavori.
L’intero programma di Art First – per la prima volta affidato ad un curatore esterno come Julia Draganovich – rispecchia quella necessità di fare rete e di costituire una nuova economia dell’arte; un’economia sociale e non finanziaria, fatta di valori condivisibili e non commerciabili. Artefiera a Bologna si pone dunque, come punto di riferimento per le altre istituzioni cittadine e come momento saliente dell’attività culturale cittadina. Bologna però, è una città che punta a vivere di cultura, una città che vuole riconvertire parte della sua economia a favore della cultura. Artefiera resta, per adesso, un momento; una botte da cui tutti si ubriacano, un evento con un’ offerta straripante e che quando passa lascia un’insopportabile eco di silenzio.