ottogalleryLa città di Bologna ha una struttura che per sua natura è molto adatta alla proliferazione e alla fruizione di eventi culturali: un centro storico ben conservato, non arroccato, pianeggiante e ricco di angoli suggestivi, tranquillo e vivibile. 
E tra i portici e le vie della città spuntano le gallerie, un’offerta variegata e spesso di valore assoluto che differiscono tra loro per mission e campo d’azione: ve ne sono di classiche e strutturate, di affermate, di giovani, di sperimentali, e tutte contribuiscono a tenere viva la scena artistica cittadina, supplendo in alcuni casi alla mancanza di spazi pubblici per la sperimentazione.
A discapito di quanto la tradizione lascerebbe intendere, un’istituzione importante e di prestigio come l’Università, è quasi del tutto assente dalle attività attorno all’arte a Bologna. Una struttura obsolescente e professori poco interessati al contesto delle nuove tendenze, contribuiscono a escludere l’Università dalle attività culturali della città. L’istituzione che si è resa più intraprendente in questi anni è stata di sicuro il MAMbo , il museo per l’arte moderna, nato dalle ceneri della Gam, da quando ha trovato la nuova sede cittadina nell’ ex-forno pubblico del pane, ha iniziato un’intensa attività didattica ed espositiva. Purtroppo si ha la percezione che l’intero ente- MAMbo sia ancora lontano dai fervori bolognesi, o almeno pare evidente una mancanza di fidelizzazione che invece si riscontra negli eventi organizzati dalle gallerie private.
Parlando di gallerie è importante sottolineare come quelle bolognesi abbiano reagito, ognuna a modo suo, alla crisi: nessun urlo di vittoria negli anni ruggenti, nessun catastrofismo in questa stagnazione. Certo è, che dinnanzi alla possibilità di apportare cambiamenti al loro metodo d’azione ben pochi tra loro si sono dimostrati interessati.

Galleria del tutto tradizionalista, come la Galleria Cinquantasei diretta da Estemio Serri, punta sui protagonisti affermati del XX sec. offrendo servizi e sicurezza agli investitori. Così come la Cinquantasei anche Otto Gallery, altra affermata galleria bolognese, punta sui servizi e sul rapporto coi clienti. Il direttore Giuseppe Lufrano sottolinea molto chiaramente che a tecniche e strategie d’indagine, lui preferisce un rapporto schietto e diretto con i suoi interlocutori. La politica della Otto Gallery si riflette palesemente nella cura e nell’attenzione allo spazio: creare un luogo confortevole e accogliente dove gli artisti possono esprimersi al meglio e dove collezionisti e pubblico possono godere in tutta libertà dei lavori esposti. L’approccio con i collezionisti è altrettanto accurato. La Galleria non propone innovazioni costanti, ma cerca di distillare un’offerta che miri all’eccellenza. I collezionisti,  fidelizzati più ad un metodo che ad un’ offerta di mercato, si sono mostrati poi riconoscenti anche in circostanze delicate come quelle odierne. Il lavoro editoriale di promozione è affidato alla realizzazione di cataloghi informativi, che documentano sia la fase procedurale del lavoro, che quella espositiva; la parte critica è solitamente dell’artista stesso, che affianca alle immagini del proprio lavoro semplici parole di commento. La redazione è del tutto interna alla galleria e nessuno spazio è dedicato all’auto-produzione artistica. La galleria promuove la propria immagine attraverso canali selezionati  che rispecchiano il loro trend di mercato; riviste con un taglio votato all’approfondimento dei contenuti storico artistici, articoli su quotidiani nazionali  e advertising on line, questa la comunicazione della Otto Gallery.
Daniela Tozzi – responsabile alla comunicazione – aggiunge però che la Otto non ha mai rinunciato ad una comunicazione vis-à-vis, infatti, oltre alle numerose lettere d’invito, la galleria effettua telefonate per tenere aggiornati i propri clienti sulle loro proposte.

Su questa linea lavora anche la Galleria De’ Foscherari, altro storico spazio bolognese del centro; poche mostre annue ben selezionate e massima discrezione. Anche la Galleria De’ Foscherari ha scelto di mantenere un basso profilo rispetto alla crisi: il lavoro è continuato ad essere quello di sempre, senza innovazioni nè ricerca, confidando in una metodologia consolidata. Tra le gallerie Ascom (L’Associazione Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea una delegazione di 14 Gallerie d’Arte, aderenti ad Ascom Bologna) la linea della tradizione e del mestiere sembra mantenersi intatta, la crisi si combatte con linee programmatiche sempre uguali negli anni e senza eccedere nei momenti di euforia, tra queste la galleria Arte e Arte, la Galleria Forni e la Galleria studio G7.
Il presidente dell’Ascom Patrizia Raimondi – nonché titolare della Galleria l’Ariete – tiene però a sottolineare che non è solo con la tradizione che si resiste ai periodi difficili. Per questo motivo l’ Ascom ha da tempo promosso in città una serie di iniziative volte ad avvicinare il pubblico all’arte moderna e contemporanea.
Not So Private, evento in cui pubblico e privato si incontravano a Villa delle Rose con una mostra corale offerta dalle gallerie Ascom alla città, può essere individuato come uno di questi momenti. Patrizia Raimondi si mostra ben disposta a perseguire vie alternative di promozione, produzione e interlocuzione, non disdegnando la collaborazione con le nuove scene del non profit cittadino mostrandosi oltresì interessata ad ospitare in galleria eventi anche non strettamente commerciali. Una linea che cerca di supplire a quelle che sono le mancanze di un sistema non ancora integrato con la vita cittadina.

Oltre alle gallerie Ascom, è nata, come anticipato, a Bologna la zona MAMbo, dicitura ancora solo teorica che indica un gruppo di gallerie e Project Spaces accomunati per adesso dal solo fatto di essere collocati nei pressi del MAMbo Il taglio di queste gallerie è molto innovativo; mostre di artisti giovani e solitamente lanciati sul panorama internazionale, con una cura impeccabile per la comunicazione e la grafica e con un’offerta sempre o quasi, di valore. Tiboni arte, Agenzia 04 e Car Project, sono quelle che fanno da battistrada, ma anche Neon>Campobase – con le dovute eccezioni – e la Galleria Enrico Astuni – con precisazioni di diversa natura – possono essere inserite in quest’altra macroarea. Mentre Tiboni e Agenzia 04 sono gallerie propriamente tali con un range di artisti mediamente non più che trentenni, Car Project è uno space project che all’attività espositiva consueta, affianca periodi di residenza per giovani artisti internazionali. Neon>Campobase è il luogo dove più si sperimentano nuovi linguaggi, nuove formule, nuovi formati curatoriali, una sorta di laboratorio, un’ ibridazione possibile tra la forma-galleria e situazioni al limite dell’evento temporaneo. Un centro in cui si sollecitano l’inizio di  rapporti di collaborazione, scambi, discussioni e dove sembra svolgersi, anche se in modo informale, una formazione libera e capillare attorno all’arte contemporanea.
Neon>Campobase segue una politica di tipo non profit, ma trova finanziatori sia attraverso la normale vendita dei lavori prodotti dagli artisti negli anni, sia con bandi pubblici, o attraverso donazioni private.
Altro discorso invece per la Galleria Enrico Astuni, uno spazio espositivo grande e ai margini di tutti gli altri, sembra quasi estraneo alle dinamiche cittadine. Astuni è un gallerista fanese di base a Pietrasanta, che l’anno scorso ha deciso di aprire uno spazio a Bologna in zona Stalingrado ai margini dei binari ferroviari. Lo spazio è un ex concessionario automobilistico estremamente spazioso, cosa che gli permette di lavorare con opere di grande formato ed eventi dal sapore museale – Viva l’Italia tra tutti – ma percepiti come estranei dal tessuto cittadino. La scommessa di Astuni è quella più vicina al mercato in crisi e anche per questo la scossa che la galleria ha avuto con la mostra Viva L’Italia ha contribuito a richiamare l’attenzione sulla città e sull’attività espositiva della galleria.
Vi sono, inoltre, un manipolo di gallerie che non propongono nè una progettualità nè una qualità dell’offerta o altre, come la Contemporary Concept che invece, si inseriscono quasi marginalmente nel calendario degli eventi con offerte di qualità, preferendo mostre dal forte impatto mediatico – sopratutto televisivo – ma non ancora all’altezza delle altre.

Nel complesso la situazione potrebbe definirsi variegata, ma non certamente viva, molte sono ancora le mosse da intraprendere per animare l’arte e la politica di talune gallerie.
Se l’istituzione galleria nel mondo, anche a causa delle instabilità economiche, ha messo in moto – economicamente e culturalmente – un processo metamorfico volto a una variazione identitaria del tutto nuova e non esclusivamente economica,  a Bologna le cosesembrano ancora ferme o quanto meno in uno stato embrionale. Se la città vorrà porsi come centro europeo della cultura dovrà guardare a breve a esperienze di valore – Islandesi e Tedesche – in cui esercizi commerciali per l’arte, fortemente colpiti dalla crisi, hanno riassettato il loro lavoro prediligendo nuove progettualità e nuovi metodi di economia.  A Bologna, città della cultura, moderna e contemporanea, questa occasione non può sfuggire.