Il fascino di Roma e del suo patrimonio museale non sembra avere eguali nel resto d’Europa: la Capitale detiene infatti l’arduo primato di città d’arte preferita nelle mete vacanziere di italiani e stranieri nonché quello di contenitore museale con i prezzi, in media, più bassi d’Europa e con orari di apertura più lunghi rispetto ai concorrenti stranieri. Eppure, nonostante l’egemonia apparente sul mercato, Roma, così come anche altre città italiane, ha enormi ed imparagonabili difficoltà di attrazione di pubblico: da un’indagine condotta dall’Adoc, l’Associazione dei Consumatori condotta da Carlo Pileri, risulta infatti che l’affluenza media dei visitatori nei musei romani è in calo rispetto allo scorso anno di cinque punti percentuali, nonostante il costo d’ingresso alle strutture museali sia inferiore in media del 21,6% rispetto alle altre capitali europee. Un biglietto di entrata nei tantissimi musei della Capitale costa mediamente 6,5 euro (ridotto, 4 euro) a fronte degli 8 euro di Parigi (ridotto, 6 euro), dei 10 euro di Berlino e addirittura dei 12 euro di Amsterdam (ridotto, 6 euro), con degli orari di apertura che, anche in questo caso, spiazzano la concorrenza: i musei romani rimangono aperti per oltre 61 ore settimanali (circa 10 ore per ogni giorno lavorativo), cioè circa il 26% in più rispetto a quelli di Berlino, Praga o Amsterdam e l’11% in più di quelli di Londra.
Nella capitale inglese, infatti, nonostante gran parte dei musei siano gratuiti, raramente l’entrata è consentita nelle ore serali, concentrando le visite del pubblico nelle ore diurne: eppure, il British Museum può vantare circa 8 milioni di visitatori all’anno, il Louvre di Parigi 6 milioni, mentre i Musei Vaticani, che fanno registrare il miglior dato italiano di affluenza, si fermano a 4 milioni di visitatori annui.
A cosa è dovuto questo gap? L’Adoc afferma che la risposta sia da ricercare nella carenza dei servizi museali offerti che sono di sovente al di sotto delle aspettative dei visitatori e non invogliano alla fruizione museale le famiglie con i bambini.
Nursery, baby parking, laboratori didattici e percorsi per l’infanzia sono infatti dei servizi sconosciuti alla maggioranza dei musei italiani che non prevedono, tra le altre cose, neppure tariffe agevolate per le famiglie più numerose, come invece accade in Spagna o in Inghilterra.
All’estero sono invece predisposti, soprattutto da quando la crisi si è fatta sempre più minacciosa, pacchetti ad hoc per famiglie con bambini e servizi gratuiti di intrattenimento per l’infanzia curati da professionisti della formazione che trasformano la visita al museo in un’esperienza ludica ben lontana dalla noiosità a cui spesso devono sottostare i nostri piccoli connazionali.
Come evidenziato anche dal recente Dossier Musei 2009 di Touring Club e Federculture, che i servizi culturali connessi alla visita museale in Italia siano del tutto inadeguati non è una novità: se si stanno ormai diffondendo bookshop, caffetterie e guardaroba, ancora insufficienti sono invece i servizi informatici offerti. La National Gallery di Londra, ad esempio, offre ai visitatori “Love Art”, un servizio iPhone gratuito che permette la navigazione di 12 gallerie tematiche con contributi audio e video della durata di oltre 3 ore. Così come la Tate Gallery, che si è da poco inserita in iTunesU, un canale educativo tutto dedicato alla galleria con più di 400 podcast audio e video fruibili all’interno della struttura.
Al paragone, le nostre strutture museali più imponenti (leggi Uffizi, Musei Vaticani, Pinacoteca di Brera ma anche molte altre…) sembrano come fossilizzate e chiuse alle scelte più innovative: musei che si adagiano un po’ troppo sugli allori, convinti che la preziosità e la celebrità delle loro opere sia, da sola, sufficiente a catalizzare i grandi flussi turistici e a fidelizzare i cittadini. Ma si sbagliano: sono i servizi offerti, la tecnologia, le promozioni per i residenti a fare la vera differenza e, soprattutto a determinare la qualità della visita museale e, di conseguenza, la quantità di biglietti strappati.
Come per la riuscita di un piatto elaborato, gli ingredienti ci sono tutti: le potenzialità sottese ad ogni struttura museale andranno quindi accuratamente selezionate per fare in modo che a spiccare sia, in prima istanza, la qualità e l’innovazione del servizio offerto. Se il museo, per definizione, è un’istituzione che guarda al passato, è proprio nelle attività collaterali connesse ad esso che si dovrebbe “osare” per uno sguardo più orientato al futuro.