Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Competere per il talento
La transazione dei mercati verso un contesto globale e ipercompetitivo ha avuto importanti effetti sulle dinamiche interaziendali, imponendo un’evoluzione dei rapporti spaziali diconcorrenza e l’abbandono della mono-dimensionalità, cioè il riferimento competitivo a un dominio chiuso (Brondoni 2002).
Ogni impresa si trova oggi a concorrere con molti piùcompetitors rispetto al passato e a competere su più fronti, non solo per assicurarsi una maggiore quota di mercato cioè più clienti, ma anche per attrarre lavoratori capaci e motivati (Capelli 2008).
La competizione sul talento (Chambers et al. 1998) deriva dalla consapevolezza che le persone, con il loro patrimonio di capitale umano e sociale, possono rappresentare una risorsa critica per le organizzazioni (Costa e Gianecchini 2009).
Così come per competere con successo nel proprio business non basta più offrire al cliente solo un prodotto, ma sempre di più si richiede la capacità di proporre un’esperienza, anche sul mercato del lavoro la competizione tra imprese sembra si giochi sempre più non solo o non tanto sull’offerta di una data posizione lavorativa, ma di un’esperienza lavorativa che
sia di valore per il job seeker.
Negli ultimi anni, Internet si è rivelato un canale importante che le imprese possono utilizzare anche nelle attività di comunicazione con il mercato del lavoro e di ricerca di nuovo personale.
Il web site recruiting, e in particolare l’investimento in sezioni del sito denominate “lavora con noi” o “lavoro e carriera”, si è dimostrato per le aziende uno strumento non solo in grado di aumentare l’efficacia e l’efficienza dei tradizionali processi di reclutamento, ma anche e soprattutto capace di rinnovare il recruiting, affermandosi come potente canale attraverso il quale veicolare il proprio employer brand (Ahlrichs 2000) e attrarre candidati con caratteristiche coerenti con l’organizzazione.
Questo articolo si focalizza sull’on-line attraction delle risorse umane, e in particolare sull’utilizzo del sito web aziendale come strumento di employer branding ovvero come canale, prima ancora che di ricerca, di comunicazione sul mercato esterno del lavoro dell’esperienza lavorativa che l’impresa può offrire.
Employer branding ed e-recruiting
Alla base dell’employer branding (Martone e Galanto 2008; Lizzani et al. 2008) c’è l’idea che l’impresa debba attrarre e fidelizzarei job-seeker e i dipendenti esattamente come fa con i propri clienti nella consapevolezza che, così come può perdere un cliente non attratto o insoddisfatto daun prodotto, allo stesso modo può lasciarsi sfuggire un candidato o un collaboratore deluso dall’incapacità dell’azienda di attrarlo, motivarlo e trattenerlo.
Nell’employer branding, il lavoratore è visto come un “job consumer” (Salvadeo 2008); l’impresa è chiamata a definire il suo candidato ideale incrociando i valori e i tratti dell’organizzazione con le aspettativedel mondo esterno e, di conseguenza, a posizionarsi sul mercato del lavoro con una propria immagine distintiva (brand).
Il concetto di employer branding enfatizza la dimensione relazionale del rapporto tra lavoratore potenziale o attuale e azienda, e si fonda appunto sulla capacità dell’organizzazione di far leva sul proprio brand per costruire il contratto psicologico (Rousseau 1995) e favorire il coinvolgimento e la soddisfazione dei collaboratori.
Company brand (immagine che il pubblico dei clienti hadell’azienda) e employer brand(immagine di cui l’impresa gode tra i lavoratori come datore di lavoro) sono due concetti distinti, ma correlati (Grout e Perrin 2002).
Se l’impresa vanta un company brand solido può valorizzare le caratteristiche dei prodotti-servizi dell’azienda e la sua immagine presso i clienti per puntare ad attrarre e trattenere persone che “vivono il brand”, integrando la comunicazione di marketing con le politiche delle risorse umane al fine di creare un “legame emozionale” (Reed 2001) con il lavoratore simile a quello che ha costruito con i suoi clienti. A tal proposito, indagini recenti rilevano che la brand attraction è uno dei fattoriprincipali nel determinare l’attrattiva di un’impresa sul mercato del lavoro, soprattutto nel segmento più giovane(Curiat 2009).
Se, al contrario, l’impresa non gode di un company brand forte e conosciuto, ad esempio perché è di piccola-media dimensione, dovrebbe costruire la sua notorietà e attrattività sul mercato del lavoro facendo leva su aspetti diversi che possono essere, però, particolarmente apprezzati dai lavoratori (ad esempio, la sicurezza del posto di lavoro piuttosto che un ambiente di lavoro positivo e stimolante).
L’employer branding costituisce presupposto e, al tempo stesso, complemento del processo di ricerca sul mercatodel lavoro, ossia dell’insieme delle attività finalizzate a entrare in contatto con candidati potenzialmente interessanti per l’impresa, tra le quali poter scegliere la persona da inserire nell’organizzazione.
Tra i canali possibili, Internet e,in particolare, l’e-recruiting (Capelli 2001, Pumilia 2003) sembrano costituire non solo un canale efficace ed efficiente ma ancheparticolarmente innovativo, in quanto strumenti che consentirebbero di rinnovare i processi di ricerca spostandoli da mere attività di reclutamento verso il talentscouting, inteso come ricerca continua di risorse eccellenti o ad alto potenziale sul mercato del lavoro (Scapolan 2009).
Le applicazioni di e-recruiting più diffuse sono i job board o career portal (portali web specializzati nell’incontro tra domanda e offertadi lavoro) e il web site recruiting, ossia l’utilizzo del sito web aziendale, in particolare delle sezioni “lavora con noi” o “lavoro e carriere”, non solo come canale per la raccolta di curriculume per la pubblicazione di annunci di posizioni vacanti, ma anche e soprattutto come strumento per comunicare i tratti distintivi dell’organizzazione, le peculiarità dell’azienda come datore e ambiente di lavoro, le politiche di gestione delle risorse umane e acquisire visibilità, notorietà e attrattività sul mercato esterno del lavoro.
Le sezioni “lavoro e carriere” sembrano, a questo fine, uno strumento, oltre che efficiente (per la riduzione dei costi e dei tempi), anche particolarmente efficace: esse, infatti, possono essere visitate non solo da lavoratori che cercano attivamente una nuova occupazione, ma anche da persone– i cosiddetti “candidati passivi” (figura 1) -che, navigando nel sito dell’azienda per altri motivi, per esempio per acquisire informazioni su un prodotto o un servizio, vengono in qualche modo attratti dagli spazi dedicati al lavoro nell’organizzazione.
L’efficacia del web site recriting comecanale per attrarre i lavoratori potenziali e ottenere candidature sembra dipendere da una molteplicità di fattori che riguardano, innanzitutto il contenuto (quantità e qualità delle informazioni veicolate), ma anche la “forma” e, in particolare, l’estetica del sito, la sua capacità di interazione e la sua “usabilità” (Cober et al. 2004), tutti aspetti che sono in qualche modo riconducibili alla capacità dell’impresa dicomunicare con i potenziali candidati in modo realmente efficace.
Da queste considerazioni deriva la consapevolezza di trattare il tema dell’employer branding e della ricerca sul mercato del lavoro non solamente come una problematica di human resource management, ma anche di marketing e soprattutto di comunicazione e di provare ad analizzare lo strumento dell’e-recruiting con le categorie della comunicazione web.
La comunicazione web: dal marketing relazionale all’employer branding
Come già accennato il recruiting è stato considerato tradizionalmente piùcome una problematica di gestione delle risorse umane che di marketing e di comunicazione. In realtà, però, le riflessioni sull’importanza di investire, prima ancora che nell’attività di ricerca di nuovo personale, nella costruzione di un employer brand da comunicare sul mercato del lavoro per rendere attrattiva l’azienda agli occhi del potenziale candidato, spinge ad analizzare la ricerca sul mercato del lavoro come un processo di comunicazione tra due attori, employer e job-seeker.
A livello teorico, i primi sviluppi chehanno portato alla creazione di modelli esplicativi del generico processo comunicazionale si sono avuti alla fine degli anni ’40: prima con lo scienziato sociale Harold Lasswell (1948), che sosteneva che lacomunicazione può essere descritta rispondendo ad alcune domande chiave (Chi? Cosa dice? A chi? Attraverso qualecanale? Con quali effetti?), in seguito (e soprattutto) grazie a Shannon e Weaver (1949), che proponevano un modello rimasto tutt’oggi esemplare per chiarezza e contenuti.
Questo modello è stato negli anni rivisitato, per renderlo maggiormente fedele alla realtà (nella quale i processi comunicativi non sono quasi mai unidirezionali, ma prevedono un feedback) e applicabile anche alla comunicazione d’impresa, in particolare a quella attuata tramite il web, resa possibile dall’espansione massiva di internet (1994-97).
La comunicazione tramite la rete (web communication) ha trovato le prime applicazioni nel business aziendale come strumento di marketing. Il potere della comunicazione di marketing effettuata con i media tradizionali era infatti ormai entrata in una fase matura, il divario tra cliente e organizzazione stava diventando sempre più marcato: le aziende, nel tentativo di riallacciare i rapporti con il primo, finivano con l’essere troppo invadenti, provocando un paradossale effetto di ulteriore allontanamento.
Proprio nel periodo di esponenziale diffusione di internet, vengono pertanto ripresi ed amplificati gli studi sul relationship marketing: vi è infatti una necessità sempre maggiore di attivare un nuovo rapporto con il cliente, più intimo ed amicale, tramite il quale passare dal concetto di target a quello di persone, termine capace di ‘trasferire un atteggiamento più umano dell’azienda nei confronti del mercato e dei propri pubblici, decretando definitivamente il passaggio dalla guerra alla collaborazione’ (Cova et al. 2007, p.77, corsivo degli autori). Viene pertanto abbracciata l’idea di un nuovo rapporto tra impresa e soggetto di riferimento, nella convinzione che il potere contrattuale sia ormai passato dalla prima alla seconda sponda: sono gli individui che possono ora permettersi di scegliere liberamente a quale organizzazione indirizzarsi.Questo è reso necessario ‘perché Internet funziona da campo di addestramento dove l’individuo può imparare a sviluppare una
forma nuova di rapporto con le aziende: un rapporto su base paritaria […]’ (ivi, p.204). L’obiettivo per le imprese diventa quindi quellodi relazionarsi e interagire, abbandonando l’approccio top-down e cercando un contatto che non sia necessariamente spot, che non sfoci obbligatoriamente nell’avvento effettivo della transazione.
Dall’interazione tra un marketing più “umano” e l’avvento del www nasce il Cluetrain Manifesto (1) (Locke et al. 2001), un set di 95 tesi pubblicate nel 1999 da un gruppo di comunicatori guidati da RickLevine, esperto consulente in materia. Il manifesto invita a rivoluzionare il linguaggio utilizzato dalle aziende per comunicare efficacemente nella nuova era digitale con i diversi pubblici di riferimento, ponendosi come guida in tal senso. In particolare, ai fini dell’analisi presentata in seguito, interessano soprattutto due tesi (tra parentesi le posizioni originali):
1. (1) I mercati sono conversazioni
2. (25) Le aziende devono scendere dalle loro torri d’avorio e parlare con le persone con le quali vogliono entrare in contatto
Si comprende come la web communication sia un processo dinamico e bilaterale, che differisce sostanzialmente dalla comunicazione scritta generalmente intesa (Bigi 2006): la prima deve infatti avere il tono informale della conversazione, in quanto, come sostengono i linguisti, ‘internet fondamentalmente è un luogo di simulazione di discorsi parlati’ (ivi, p.3). Risulta naturale che ‘le imprese che non sono in grado di entrare nelle comunicazioni fra persone, cioè che nonsanno parlare il linguaggio dei propri mercati, sono destinate, secondo gli autori del Manifesto, all’emarginazione’ (Cova et al., ibidem, p.79).
Tali considerazioni, originariamente formulate riferendosi al mercato dei clienti-consumatori, possono di fatto essere applicate a tutti imercati, anche a quello del lavoro.
Il processo di digitalizzazione si è, così, in breve tempo esteso anche alla gestione delle risorseumane, portando con sé non solo gli strumenti e le tecnologie, ma anche le logiche di base appena citate.
Coerentemente con l’idea dell’employer branding, infatti, le imprese cercano sempre più, anche grazie a Internet, di relazionarsi e interagire con i loro dipendenti attuali e potenziali, e nei processi di ricerca di nuovo personale tentano sempre più di impostare la comunicazione con il job-seeker superando la monodirezionalità in favore della dialogicità
(comunicazione a due vie).
L’efficacia delle sezioni “lavora con noi”
Nel presente articolo si è sottolineato come la convergenza tra i processi di recruiting e la diffusione di Internet abbia dato vita, negli ultimi anni, alla pratica dell’e-recruiting.
La breve sintesi sull’evoluzione della comunicazione insieme all’esigenza di valutare concretamente l’efficacia del web-site recruiting come strumento efficace di employer branding e di scouting spingono a provare ad analizzare i processi di recruiting on line facendo riferimento alle categorie analitiche della comunicazione tramite il web.
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Nota: Questo articolo è pubblicato su www.ticonzero.info