Nell’ultimo decennio, in Italia, il settore culturale ha registrato il passaggio dalla fruizione di beni alla prevalente partecipazione ad attività culturali, determinando l’esplosione di quello che viene definito “fenomeno festival”. Caratterizzati da “una continuità storica, un preciso tema culturale, concentrati in un tempo e luogo precisi, stanno conoscendo una crescita senza precedenti (più di 1200 ad oggi), contribuendo in modo rilevante allo sviluppo economico, occupazionale e turistico del Paese”. Questi i dati che emergono da un recente studio intitolato “Festival management e destinazione turistica” (Hoepli) di Barbara Maussier, direttore artistico dell’innovativa sezione “ClipMusic” dedicata al settore videoclip e alla “musica per immagini” nell’ambito del sinfonico Ravello Festival.
Dati da cui possiamo prendere le mosse per raccontare uno dei maggiori festival in Italia per qualità dell’offerta e pubblico che, giunto alla sua decima edizione, rappresenta l’avanguardia in questo settore, collocandosi nel gotha degli eventi internazionali come Sònar (Barcellona) o Transmediale (Berlino). Parliamo del  romano Dissonanze che, in dieci anni di identità ben definita, ha ospitato chi “rappresenta la storia, ma anche il futuro, e chi suona il futuro, con un occhio alla storia”. Quest’anno per la celebrazione del decennale propone – dal 21 al 23 maggio a Roma tra Palazzo dei Congressi, Chiostro del Bramante e Ara Pacis – una line-up che è la migliore mappa geografica per orientarsi nei tempi e negli stili che hanno disegnato l’immaginario culturale della contemporaneità. La riportiamo qui integralmente, evidenziando l’esclusiva nazionale del progetto Plastikman Live di Richie Hawtin (foto), in tour mondiale da fine marzo, il ritorno in Italia del guru hip-hop americano Gil Scott-Heron, l’anteprima nazionale dello “sciamano” Sumach Valentine in arte Gonjasufi (feat.The Gaslamp Killer), in emersione con la storica etichetta elettronica Warp dopo dieci anni di underground con il disco “A sufi and a killer” dove hip-hop e psichedelica sono intrecciati in un abbraccio nevrotico, e le tre ore di dj set di Jeff Mills, per rimanere in contatto con le origini della techno più pura, quella di Detroit. E ancora, Jamie Lidell con il suo mix di elettronica, sperimentazione dadaista e melodie senza tempo amato da Elton John, The Phenomenal Handclap Band, con Franz Ferdinand nell’ultimo tour europeo, Richie Hawtin anche in versione dj set, e ancora Moritz von Oswald Trio, Joris Voorn, King Midas Sound, Pantha du Prince; Neon Indian e Tim Sweeney per raccontare la NY maledetta degli anni Ottanta, Rub’N’Tug, Mass_Prod Shackleton, Seth Troxler, Troy Pierce, Martyn, Nosaj Thing, Darkstar. Graditi ospiti, gli italiani Marco Passarani, con la sua classe electro e Alessio Bertallot, performer e dj, giornalista e conduttore. Tutto questo tra venerdì e sabato notte nei diversi spazi del Palazzo dei Congressi all’Eur. Evento di apertura al centrale Chiostro del Bramante, con l’esplorazione di live e performances nell’ambito dell’arte contemporanea, la sezione di ricerca e sperimentazione curata dalla crew di Nero: per l’Italia Black Fanfare aka Demetrio Castellucci, giovanissimo talento nelle arti multimediali, e il nuovo progetto di Nico Vascellari “Ninos du Brasil”; Ben Frost, australiano che ora vive in Islanda, già collaboratore di Bjork ed Eli Sudbrack, brasiliano di base a NY, aka Assume Vivid Astro Focus & La Chatte. Evento conclusivo domenica all’Ara Pacis, di cui segnaliamo le animazioni da Oscar di Nexus Production da Londra e il romano Davide aka Quayola, vera aristocrazia per quanto riguarda luci, video e istallazioni, insieme a United Visual Artist, che curano le architetture luminose nei live di Massive Attack e le geometrie laser di Edwin van der Heide. Tutto con il sostegno dell’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma. Il Lazio e la Lombardia risultano seconde in classifica per numero di festival insieme alla dopo Toscana ed Emilia Romagna. Poiché sono stati 927 i festival censiti nel 2009, si può sostenere che vi sono altrettanti manager di eventi ad occuparsene. A tal proposito intervistiamo il direttore artistico e fondatore di Dissonanze Giorgio Mortari, a cui proponiamo un commento sui dati del settore.

Un recente studio intitolato “Festival management e destinazione turistica” analizza il cosiddetto “fenomeno festival” sviluppatosi negli ultimi dieci anni. Qual era lo scenario in Italia intorno al 2000, anche in rapporto all’estero (il Sònar di Barcellona nacque nel 1997), all’alba della prima edizione di Dissonanze? Si direbbe un evento precursore di una tendenza generale ….
Se escludiamo gli eventi “di nicchia”, la tendenza generale è senza dubbio orientata verso fenomeni di socializzazione a carattere più partecipativo. Un po’ come avviene nei reality tv, il pubblico non vuole più essere solo fruitore bensì protagonista. Non parlerei però di un “fenomeno festival” in Italia. Vedo una proliferazione di eventi “mordi e fuggi” in puro stile marketing piuttosto che veri e propri festival.  

Quali sono i “plus” che hanno pagato nelle vostre scelte, e hanno consentito uno sviluppo duraturo nel corso di questi dieci anni ? In altre parole, quali gli elementi che hanno caratterizzato la crescita del festival in termini di pubblico e qualità dell’offerta ?
La musica elettronica, in particolare, è strettamente legata all’innovazione tecnologica e ha sperimentato negli ultimi anni nuovi modelli di fruizione di tipo immersivo e multimediale. Il “plus” è rappresentato dal fatto che dieci anni fa questo genere era “di nicchia” mentre oggi è un fenomeno in grado di confrontarsi con i generi pop e rock.  

L’investimento nei festival nel 2009 è stato di circa 400 milioni di euro generando un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro. Da un punto di vista economico il rapporto investimento / ritorno è di 1:7. Settemila euro di incasso di fronte a 1000 di investimento. Il costo è variabile: si va dai 50 mila euro nel 34% dei casi a oltre 2 milioni nel 4,76%. Sono dati compatibili con Dissonanze ?
A dire la verità no.

In una recente intervista, ha dichiarato che Dissonanze non ha mai preso soldi dalle istituzioni. Eppure, sempre secondo lo studio citato, viene evidenziata la necessità che i festival vengano considerati strumenti di progettazione culturale per il territorio, quindi di essere inseriti nei piani di marketing territoriale. Esiste una percentuale “turistica” nel vostro pubblico? Soprattutto se il target di riferimento o cluster profilato tramite analisi degli stili di vita è quello del nuovo ceto medio internazionale di professionals con capacità di spesa medio-alta, pensa possa cambiare il rapporto con le istituzioni e l’amministrazione riguardo a questo in una città come Roma rispetto ad un turismo o comunque a un’offerta culturale internazionale, rivolta al contemporaneo?
Nell’intervista facevo riferimento alle ultime due edizioni di Dissonanze. Se non fosse stato per i membri della nostra associazione, il festival non avrebbe mai raggiunto il traguardo della decima edizione. Rispetto agli obiettivi che ci siamo prefissati il traguardo è ancora lontanissimo. Oggi circa il 30% del nostro pubblico proviene da altre città italiane ma la “ricaduta” sul territorio è minima. Roma è una città a cui sembra non servire un’offerta culturale di tipo contemporaneo, è quasi sempre piena grazie al turismo storico e religioso. 

Infine, un commento sulla line-up di quest’anno: come racconta il passato guardando al futuro.
Presenteremo in esclusiva nazionale lo show multimediale del dj canadese Richie Hawtin aka Plastikman. Lo show rappresenta un nuovo modo d’intendere la musica dal vivo nella direzione della “augmented reality” dei dispositivi portatili. All’opposto Gil Scott-Heron, guru dell’hip hop americano, per la prima volta in Italia dopo tantissimi anni.