Dopo il decreto legge sulle fondazioni lirico-sinfoniche, un altro duro colpo viene sferzato sulle istituzioni culturali che finiscono nella cosiddetta “lista nera” degli enti da definanziare in quanto la loro attività non ripagherebbe le ingenti somme che lo Stato investe per farle sopravvivere.
Dopo il panico suscitato dalla mannaia che Tremonti avrebbe calato indistintamente su 232 istituzioni culturali, il ministro Bondi, risentito per non aver preso parte alla selezione, ha ottenuto lo stralcio del documento redatto dal ministro dell’Economia proponendosi di valutare caso per caso, bilanci alla mano, le attività da tagliare e quelle da mantenere per non disperdere il valore culturale generato negli anni dalle diverse istituzioni. È indubbio, infatti che paragonare l’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania (numero 19 della famigerata lista) con la Fondazione Arena di Verona (numero 130 della lista) sia alquanto iniquo oltre che azzardato.
Il ministro Bondi avrà ora 60 giorni di tempo per redigere un nuovo elenco, stavolta più oculato e definitivo, e presentare il decreto in cui verranno indicati i nominativi degli enti da salvare e quelli da definanziare: salvi subito, dalle prime indiscrezioni, la Scuola Archeologica di Atene/Roma, la Stazione zoologica Anton Dhron di Napoli, la Domus Galileiana di Pisa, l’Istituto degli Studi filosofici di Napoli, la Fondazione Triennale di Milano e la Quadriennale di Roma, la Fondazione Cini di Venezia, l’Arena di Verona, l’Istituto del Dramma antico, il Festival dei Due Mondi di Spoleto (che aprirà i battenti proprio tra qualche giorno), la Fondazione Poldi Pezzoli, l’Accademia Musicale Chigiana e il Petruzzelli di Bari. Nomi troppo prestigiosi per la cui sopravvivenza, qualora necessario, verranno richiesti fondi aggiuntivi ( sui quali si prospetta al proposito l’intervento economico di Arcus).
Sarebbe confermata la soppressione dell’ETI, Ente Teatrale Italiano a cui conseguirebbe l’inevitabile chiusura del Teatro Duse di Bologna, direttamente gestito dall’Ente. I lavoratori dell’ETI, che ieri avevano lanciato un appello per la salvezza, saranno inglobati nel MiBAC nell’ambito della gestione dello spettacolo dal vivo.
Soppressi inoltre l’Ipsema, l’Ispesl e l’Ipost che andranno a confluire in Inail e Inps, così come saranno eliminati anche l’Ente italiano montagna, l’Isae (Istituto di Analisi Economica) l’Ipi (Istituto per la promozione industriale) e l’Enappsmsadd (ossia l’ente di previdenza per scultori, pittori, musicisti e scrittori). Per gli altri enti il rischio non è l’eliminazione bensì la decurtazione dei fondi di circa la metà rispetto al 2009, taglio che potrebbe equivalere alla cessazione delle attività intraprese e all’ineluttabile scomparsa per la maggior parte di queste realtà.
La preoccupazione, infatti, resta anche per le istituzioni che credono di essere fuori pericolo e che dovranno sfruttare la crisi come una possibilità di conversione a modelli economicamente più sostenibili: dimezzati i fondi, le istituzioni culturali dovranno incominciare a lavorare su piani di sviluppo differenti che non contino in maniera esclusiva sulle entrate statali e che riescano, seppure a stento, a mostrare un minimo di autonomia di gestione, difficile da raggiungere ma necessaria da ottenere. Solo in questo modo si potranno finalmente redigere programmazioni a lungo termine coerenti con le evoluzioni delle singole strutture che non dovranno a quel punto preoccuparsi dei governi e delle manovre che verranno.