Nell’antico teatro pompeiano il 10 Giugno dovrà esibirsi il Maestro Riccardo Muti, in un concerto evento che inaugurerà la Stagione Artistica in collaborazione con il prestigioso Teatro San Carlo di Napoli, in queste settimane si sta lavorando alacremente per consentire alla struttura archeologica di ospitare la straordinaria rappresentazione.
Negli annunci, lo spettacolo sarà anche il momento inaugurale del mega restauro effettuato nel sito archeologico: di qui la  dura polemica. Il mondo scientifico pubblicamente insorto contro i lavori che avrebbero alterato pesantemente quei luoghi magici per la loro unicità e la loro storia, che dovrebbero al contrario essere “coccolati” e tutelati.
La stampa di questi giorni riporta le contestazioni e le iniziative di contestazione alle attività  propedeutiche al grande evento da parte dell’Osservatorio del Patrimonio Culturale, dei social-network ed anche della politica.
Con una interrogazione parlamentare, sono stati chiesti urgenti chiarimenti, sui lavori in corso presso l’area archeologica,  al  Ministro per i beni e le attività cultura, Sandro Bondi.
Le opere di restauro e sistemazione del teatro di Pompei, a detta di molti archeologi, sono in contrasto con i principi internazionali sulla conservazione del patrimonio storico artistico e con le norme che regolano e tutelano il patrimonio archeologico italiano e mondiale.
E’ presumibile, oltre che auspicabile, che ci siano, in seguito a tanto clamore, le verifiche dovute da parte di che ne ha la responsabilità.
Al di là di questo, l’elemento  sul quale si vuole riflettere, in questa sede, è l’annoso conflitto (mai risolto) tra la tutela e la valorizzazione del bene culturale. E, ora, Pompei è sicuramente il luogo in cui opposte teorie  si confrontano, o si scontrano.
La valorizzazione è un elemento fondamentale per i beni culturali del nostro paese, e l’attenzione ad essa rivolta è di tutto rispetto affinché li “utilizzi” per una maggiore conoscenza e diffusione:
insomma, il patrimonio culturale come in vanto e ricchezza, non solo economica.
E’ importante soffermare l’attenzione su quanto sia importante lavorare in questa direzione e quanto ci sia ancora da fare per lo sviluppo del business culturale made in Italy; una indagine su “Arte, turismo e indotto economico”, commissionata dal Ministero per i beni e le attività culturali e condotta dalla Price Waterhouse Coopers, ha rivelato che l’Italia pur essendo considerata un museo a cielo aperto rimane un fanalino di coda nell’ambito dell’economia turistico-culturale, rispetto ad altre nazioni europee molto più povere “artisticamente parlando” ma molto più abili nello sviluppo dell’indotto economico del settore culturale e artistico. (Il sole 24 Ore, Musei senza redditività, 14 febbraio 2009).
Tuttavia, rispetto a qualsiasi iniziativa di valorizzazione, l’esigenza delle priorità dettate dalla tutela è inopinabile. Senza quest’ultima e senza l’attenzione che si pone a riguardo il rischio è che il Bene sia distrutto o irrimediabilmente rovinato, tanto da pregiudicarne la fruizione futura. Un teorema  disarmante per la sua semplicità.
Ritornando al caso del giorno, la previsione dell’impatto di pubblico e di interesse nazionale e internazionale sull’Evento musicale al Teatro Grande di Pompei è quella delle grandi occasioni.
Tuttavia, è inevitabile la considerazione che l’utilizzo di una struttura antica, per una rappresentazione di massimo livello, richieda  un allestimento e un adeguamento di altrettanto impatto.
Sul Il Mattino del 8 giugno 2010 il Prof. Pier Giovanni Guzzo, archeologo ed ex Soprintendente di Napoli e Pompei scrive: “[…]La storia del complesso teatrale di Pompei è ricca e complessa: come testimonianza dell’Antichità richiede rispetto e discrezione da parte di coloro che ne fanno, oggi, uso”.
Perché il prezzo da pagare per la valorizzazione sia sostenibile, estendiamo tale considerazione a tutti i nostri beni culturali.