Pizzi creati a mano, inserti preziosi, stoffe raffinate, tinture ricercate, lavorazioni sartoriali: un abito Haute Couture non può essere considerato semplicemente un vestito. E’ un’opera d’arte da indossare.
Siamo lontani anni luce dai prodotti a basso costo delle multinazionali dell’abbigliamento, diffusi ovunque e che facilmente si riconoscono nelle strade, indossati dai passanti. Stiamo invece parlando di creazioni uniche, riservate ad una ristretta élite di benestanti, che può soddisfare gli alti compensi necessari per acquistarli. Il mercato di queste ricercate opere sartoriali è soprattutto quello dei magnati russi, arabi e orientali, ma anche dei grandi nomi dello show biz, che ricorrono agli atelier di alta moda per vestire nelle grandi occasioni.
E c’è da riconoscere che, nonostante la crisi, il fatturato delle grandi maison non ha subito la generale flessione, registrando in alcuni casi persino una crescita, com’è accaduto alla Givenchy, guidata dal duo tutto italiano Tisci e Malverdi.
La Haute Couture è del resto il campo in cui gli stilisti possono esprimere al meglio la loro creatività, e i sarti e gli artigiani della moda la loro maestria. Dietro le creazioni proposte c’è infatti un lungo e certosino lavoro che ne giustifica gli alti prezzi e la ristretta produzione.
Non sorprenda dunque se sulla passerella sfilano abiti dalla discutibile portabilità ma dal sicuro effetto scenico, perché non siamo nell’ambito del pret a porter, dove la collezione deve seguire le richieste del mercato e le esigenze del consumatore: nell’Haute Couture non ci sono regole e la scena viene rubata dalla creatività e dalla sperimentazione dello stilista, insieme alla bravura dei sarti che confezionano i modelli. Pensiamo che una “doppia” petite robe noire, corredata da una mantellina confezionata con stecche di balena e decorata con rose in tulle, è la creazione firmata Valentino che si è aggiudicata il primato di abito più costoso (88 mila euro) della prossima stagione, mentre un abito della collezione primavera-estate 2010 ricamato con minipaillettes di specchio e ornato di fiocco ha impegnato per ben 700 ore i sarti della maison Chanel.
Non a caso la neopresidente dell’autorevole AltaRoma, Silvia Venturini Fendi, in occasione dell’inaugurazione della kermesse AltaRoma AltaModa, ha parlato della città capitolina come della capitale dell’artigianato, ritenendo le manifatture romane una garanzia di qualità e un valore aggiunto capace di rafforzare il made in Italy. Le dichiarazioni sono state certamente volte anche ad  un rilancio d’immagine del sistema moda romano, che ha purtroppo subito nel corso del 2009, una contrazione del 42,8% rispetto all’anno precedente, sebbene segnali incoraggianti arrivino dai primi dati disponibili per il 2010.
Proprio AltaRoma AltaModa ha dato poi nuova visibilità ai grandi maestri della stoffa: da Sarli a Gattinoni, da Balestra a Riva, da Curiel a De Biase. Questi nomi sono tra quelli che hanno saputo rendere grande la moda nostrana, fedeli a un concetto di qualità e impegno, di ricercatezza ed eleganza, che non hanno tempo. L’amore per la tradizione non ha tuttavia impedito loro di rinnovarsi e riproporsi nel panorama creativo, in una veste più decisa ed accattivante, che molto deve ad un lavoro di studio e ricerca, dai nuovi materiali a innovative tecniche sartoriali.
Si comprende allora come mestieri apparentemente vetusti come il sarto o il ricamatore, il tessitore o il tintore, il figurinista siano invece oggetto di grande richiesta negli atelier, dove l’innovazione e la ricerca rappresentano uno stimolo vitale per questo artigianato. Molti sono infatti i corsi di formazione che si stanno attivando proprio per ovviare alla carenza di personale specializzato e per formare nuove e giovani leve del cucito e non solo. E’ questa ad esempio una delle mission della Camera Europea dell’Alta Sartoria, nata nel 2007 proprio per salvaguardare e tramandare la più nobile tradizione, senza però perdere di vista le esigenze concrete del mercato del lavoro.
Se le varie scuole di moda e design pullulano di aspiranti creativi, più magre sono però le file dei giovani desiderosi di apprendere le arti del confezionamento di abiti o del ricamo, relegate ancora nelle mani esperte degli artigiani più anziani. Eppure la carenza di manodopera capace rende questo settore fertile di opportunità lavorative, come dimostrato dai numerosi annunci di offerte d’impiego, rappresentando un’occasione più unica che rara in tempi di diffusa disoccupazione.
L’Alta Moda fonda dunque la creatività, l’innovazione e l’originalità su solide basi, che pongono al centro la qualità del lavoro, l’attenzione al dettaglio e la ricercatezza nella realizzazione del prodotto, introvabili nelle confezioni industriali. Questi abiti, che racchiudono il lavoro e l’impegno di tante persone, che hanno reso la moda un’eccellenza italiana, potrebbero allora rappresentare un rilancio per l’artigianato e un importante sbocco per il futuro di molti giovani.