Intervista a Maxwell Anderson

Nella concitata epoca dell’Immateriale, dei social network, delle chat,  non pare anomalo che anche un’intervista avvenga in remoto, senza un effettivo e fisico incontro, raccolta fra un check in e la discesa dalle scalette di un aereo, ricevendo ogni contributo dal BlackBerry.
È così ho virtualmente incrociato Maxwell Anderson: esperto di politiche culturali e di gestione museale a livello internazionale, ex consulente dell’AEA Consulting, una delle maggiori agenzie di programmazione e consulenza culturale nel mondo, dal 2006 è Amministratore Delegato dell’Indianapolis Museum of Art. Collabora con molte riviste specializzate e pubblica regolarmente contributi e articoli consultabili sul suo sito http://www.maxwellanderson.com.

In seguito al recente crollo della finanza, qual è negli USA lo stato generale delle politiche culturali nella nostra società? E, in questo contesto critico, come dovrebbero essere stimolate innovazione e nuove visioni?
Gli Stati Uniti sono sempre stati sospettosi e parchi verso gli investimenti pubblici nella cultura, e ci sono pochi segnali di cambiamento in questa direzione, sebbene ci si trovi sotto la guida di una nuova amministrazione più progressista.

Qual è il ruolo dei musei all’inizio del XXI secolo? Possono diventare “hubs” di socializzazione e creatività?  Quanto è significativo il loro ruolo di supporto di artisti per lo sviluppo di progetti culturali?  Quanto è importante sostenere i giovani talenti?
I Musei sono sempre più chiamati a fornire opportunità di esperienze, non più richieste e cercate dal grande pubblico nei luoghi religiosi e negli spazi pubblici – mentre contemporaneamente le risorse destinate al settore culturale si riducono e i costi aumentano.
Lo svantaggio che ne deriva dalle conseguenti azioni di autopromozione in qualità di spazi di socializzazione, davanti agli investimenti rivolti alla ricerca nella cultura, all’incremento del settore e attività educative e al fine speculativo, è il scostamento dei Musei dal loro focus privilegiando l’intrattenimento a scapito della loro missione educativa e di conservazione. Ciò alla lunga può danneggiare noi fruitori.

Quali le sue opinioni circa la cooperazione fra istituzioni pubbliche e private? E sulla cooperazione internazionale? Qual è il miglior metodo per garantire il successo delle collaborazioni culturali?
Ritengo che le collaborazioni fra i settori pubblico e privato possono avere successo solo quando gli obiettivi strategici e di azione congiunta sono definiti in modo chiaro fin dall’inizio. Il tutto migliora se vengono effettuati regolari controlli e verifiche di rendicontazione sull’andamento dei progetti:  il solitario e auto-referenziale perseguimento dei propri obiettivi, senza l’abilità di monitorare insieme il processo e il corso dei cambiamenti che si impongono nella gestione di processi organizzativi, danneggia i rapporti fra questi settori. La cooperazione Internazionale, similmente, è possibile ed efficace quando in sede di strategia, vengono definiti chiaramente gli obiettivi comuni da raggiungere.

Qual è il futuro delle politiche culturali e in quale direzione si stanno sviluppando?
È una domanda molto ampia da trattare nella cornice di una breve risposta. Ma voglio sottolineare che a mio avviso un paradigma troppo marketing-oriented si sta imponendo sulla missione e funzione formativa ed educativa, a livello mondiale, dagli Emirati Arabi, all’Italia fino agli Stati Uniti, e questo impulso non può alla fine portare vantaggi nel settore della ricerca artistica e culturale e nell’apprendimento.

Rispetto all’arte, alle politiche culturali e al potenziale innovativo, qual è la sua opinione sull’Italia? Ha qualche posizione chiara in merito o altro che vorrebbe suggerire?
Sono preoccupato circa la corrente enfasi sulla privatizzazione delle risorse culturali. Come ho scritto nel Giornale dell’Arte lo scorso Marzo, c’è poca attenzione oggi a sostenere e sviluppare la ricerca e la conoscenza e una  propensione eccessiva “a far cassa” attraverso la cultura. (NDR: “L’Italia non è l’America”, Giornale dell’arte, n.285, Marzo 2009)

Ha qualche suggerimento di lettura che ci vuole segnalare, musei da visitare e esperienze che meritano di essere conosciute soprattutto in merito a politiche culturali di alto livello innovativo?
Segnalerei il blog del Museo di Brooklyn: http://www.brooklynmuseum.org/community/blogosphere/bloggers/
E  la Bacheca del Museo di Arte di Indianapolis Museum, come esempio di pratica di comunicazione trasparente con il pubblico e azione di responsabilità sociale http://dashboard.imamuseum.org/ che oggi sono fondamentali per avvicinare il pubblico alle grandi istituzioni museali.